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Jen? Ricordi com'è il resto della storia? Ti prego dimmi di sì, jebal.

Eravamo andate in quel bar diverse volte dopo la prima. Ma sono così tante le volte da ricordare che non riuscirei a raccontarle dignitosamente tutte. No, non è questo che racconterò oggi, oh lettore, oh Jennie se stai leggendo. Parlo della prima volta che mi hai visto nella mia più miserabile condizione di esistenza.

Era febbraio e io non avevo risposto ad alcuna delle tue chiamate nelle ultime dodici ore. Alla quindicesima chiamata andata a vuoto del tuo telefono verde acido, ti eri appuntato il numero di chiamate sul blocchetto giallino di fianco al telefono di casa tua, avevi deciso di uscire e andare direttamente a casa mia, ti eri preoccupata molto, mi raccontasti poi.
Sapevi la strada per casa mia a memoria per tutte le volte che mi avevi accompagnata alla porta alla fine dei nostri incontri, non eri mai salita dopo il prezioso bacio sulla guancia che mi scoccavi, inoltre abitavamo a malapena a un isolato di distanza, ci mettevi relativamente poco ad arrivare.
Arrivata sotto casa avevi suonato il campanello di casa pigiando il dito molteplici volte e alla fine la  porta del palazzetto ti era stata aperta. Salita al secondo piano avevi cercato subito il campanello ᴍᴀɴᴏʙᴀɴ. E avevi anche lì attaccato il campanello. Ti aveva aperto un Jeongguk dalla faccia preoccupata e un po’ infastidita che copriva un poco il suo ragazzo.
«Sei Kim Jennie?» ti aveva chiesto schietto Gguk, conosceva il tuo viso ché gli avevo fatto vedere miliardi di volte la polaroid che ti avevo scattato in una delle nostre uscite al bar, quella mentre sorridevi socchiudendo gli occhi con i capelli che ti corniciavano il viso.
«Si, volevo sapere se Lalisa è in casa, non risponde alle chiamate da un po'. Scusatemi ma voi siete...» non mi chiamavi quasi mai con il nome esteso, io ero Liz.
«Oh, giusto io sono Jeongguk Evans e lui è il mio ragazzo Taehyung Wright, piacere -mi raccontasti poi che aveva fatto un adorabile sorriso mentre indicava Tae con la mano piena di anelli d’argento- e si, Lisa è in casa ma non sta molto bene, vuoi entrare?»
Sei entrata con passi silenziosi, com'era tuo solito con le tue Oxford consunte, e guardandoti attorno con il pendente rosso cremisi al collo che dondolava scontrandosi con uno dei tuoi abiti di lana caldissimi. Avevi sempre qualche dettaglio rosso indosso che fosse una spilla o un fermaglio, era il tuo colore; ti piace ancora così tanto? Cosa ti era piaciuto del mio appartamento? I vetri colorati delle finestre con gli infissi da cui si staccava la vernice? O le pareti tappezzate di poesie che avevo scoperto negli anni? Vorrei saperlo.
Gguk e Tae ti avevano guidato fino alla mia stanza senza dirti nulla della mia condizione attuale. Ti scortarono quasi con dovere spiccicando, come loro solito, poche parole. La seconda porta a sinistra del corridoio, quella blu. Ti lasciarono lì sulla soglia della mia camera, chiudendosi la porta di legno dietro di sé.

Avrei voluto che non mi vedessi così presto in quelle condizioni. Rannicchiata nel letto con i capelli incrostati sulla fronte.

 

ー𝐭𝐞𝐚 𝐜𝐚𝐧𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐞 𝐚𝐫𝐚𝐧𝐜𝐢𝐚;; ʲᵉⁿˡⁱˢᵃDove le storie prendono vita. Scoprilo ora