Edge of the Knife

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Venerdì 16 marzo 2018

"Il tuo cognome da celibe è lo stesso di tua madre."

Non è quella frase che si aspetta appena raggiunge il salotto, lo sguardo di Eren fisso su di lui, impreziosito da ciocche ribelli che gli coronano la fronte e sfuggono al codino basso e disordinato. È seduto sul tappetino da gioco in foam di Isabel e tiene la bambina fra le gambe leggermente aperte, fra le mani invece si rigira quello che pare un vecchio annuario scolastico di Levi, il logo della sua vecchia scuola è impresso in oro sulla copertina blu notte. Sembra quasi un ragazzino pure lui, con quell'espressione infantile e un po' confusa che gli dipinge un solco fra le sopracciglia e una linea sbilenca sulle labbra piene.

Forse è quell'affermazione dal retrogusto doloroso a ghiacciarlo sul posto e a fargli perdere un battito, o forse ancora è il lieve sorriso sulla boccuccia rosea di Isabel che indica una foto che non riesce a vedere, esclamando divertita "Levi! Lee!"

Non parla, Levi. Mantiene lo sguardo fisso sul volto del castano fino a che non vede i suoi lineamenti mutare, si perde in ogni minuscola contrazione dei suoi muscoli d'espressione. Respira solo quando vede qualcosa di simile ad un misto di rimorso ed imbarazzo intristire Eren, gli occhi smeraldini che tornano a scandagliare ogni dettaglio sulla pellicola fotografica, improvvisamente incapaci di sostenere i suoi. Non s'era nemmeno reso conto di aver trattenuto il fiato, che le spire velenose del disgusto che prova verso sé stesso gli si fossero strette così tanto alla gola per l'ennesima volta e avessero tentato di asfissiarlo.

"Scusami, avrei dovuto intuire che non fosse un argomento semplice. Non intendevo essere invadente,"

La bolla di cristallo si rompe al suono di quella frase, ma i frammenti sono crudeli e taglienti sulla pelle di Levi; la realtà gli rimane confusa e ovattata, come se la percepisse attraverso uno spesso velo d'acqua. Annuisce meccanico per accettare le scuse di Eren, prende posto sul divano e spera che il sorriso che rivolge meccanico ad Isabel non risulti troppo forzato; il ragazzo pure gli sorride, le labbra ancora tinte e tirate d'imbarazzo. È fin troppo gentile con lui, ma la cosa che lo irrita di più è che non gli mostra pietà.

Non ci sono segni di compassione nello sguardo o nei modi di fare, ma solo un muto rispetto dei suoi confini. Nonostante tutto, nonostante gli abbia aizzato contro quella cascata acida e caotica di ricordi che gli hanno sussurrato caustici e orrendi alle orecchie, nonostante abbia tentato di farlo nuovamente e di aprire un vaso di Pandora che deve, deve, deve rimanere chiuso, Levi non riesce ad odiarlo. È troppo innocente, troppo ingenuo, forse anche troppo ottimista, una di quelle persone destinate dalla vita a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e il lato luminoso e fin troppo colorato delle cose. Levi non lo conosce per nulla, ma per qualche motivo ha l'impressione che all'interno di quel corpo forte da venticinquenne, batta forte e tonico il cuore di un eterno bambino.

Forse vorrebbe essere come lui. Forse, se fosse davvero come lui, la sua vita sarebbe più facile. Ne è tristemente quasi sicuro.

"Hai visto Lee, Ren?"

Eren ridacchia appena quando Isabel si gira a guardarlo con gli occhi un po' più pimpanti del solito, animati da un bagliore presente e chiaro mentre col piccolo dito paffuto impiastriccia con poca grazia la pellicola fotografica, Mr. Bunny ben stretto nell'altra mano. È l'unica cosa che lo scalda in quel momento, nonostante in casa i termosifoni siano accesi e abbia ceduto di nuovo ad indossare il pigiama di pile che piace tanto a sua sorella; e quanto è bella mentre lo guarda in quel modo, quando quelle pozze di verde smeraldo non sono una finestra sul vuoto e su una calma piatta e innaturale di sensazioni, ma un perfetto specchio vibrante di germogli preziosissimi di emozioni e coinvolgimento, disgraziatamente delicati e cangianti come bolle di sapone.

Pitch Black - Ereri/RirenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora