Parte VII

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Freddo.
È la prima cosa che sento appena mi sveglio.
Fa freddo.
Non avverto il tuo corpo caldo accanto al mio.
Dove sei?
Sono sicuro di essermi addormentato con te tra le braccia.
Dove sei ora?
Muovo lentamente una mano fra le lenzuola, ti cerco nel letto.
Accanto a me non c'è nessuno.
Dischiudo piano le palpebre.
Il cielo sopra di me sta schiarendo.
È l'alba.
Mi volto, ma non c'è nessuno.
Sei in bagno?
No, la porta è aperta, il bagno è vuoto.
Lascio scivolare lo sguardo lungo la stanza.
Il respiro mi si blocca, mi viene la pelle d'oca.
L'anta dell'armadio è socchiusa.
Nella fioca luce del mattino, vedo le grucce dondolare vuote al suo interno.
Scaravento di lato le coperte, mi alzo e spalanco l'armadio.
È vuoto.
Quasi.
Pochi abiti sono rimasti sul fondo, ingarbugliati tra loro.
Mi volto nella stanza, ti cerco.
Dove diavolo sei?
Il cuore accellera i battiti, lo sento scontrarsi con potenza contro la gabbia toracica.
Dove cazzo sei?
Un dettaglio, un piccolo dettaglio insignificante, cattura la mia attenzione.
Sul tavolo da pranzo, il mio telefono è stato posato accanto ad un foglio di carta.
È stato posato, perché di certo non l'ho messo io lì.
Da quel che mi ricordo, era rimasto nella tasca dei jeans, sul pavimento del bagno.
Avanzo con passo incerto, le gambe che tremano e un gran nodo in gola che fatico a mandare giù.
Il telefono è acceso.
Lo sblocco.
...
Cazzo.
25 chiamate perse, 13 messaggi.
Tutti di Luana.
Per qualche ora, per un giorno intero, l'avevo dimenticata.
Avevo rimosso la sua esistenza dalla mia vita, avevo cancellato ogni più piccolo dettaglio di lei.
Ma lei c'è, esiste.
Possibile che tu abbia visto tutte queste chiamate, tutti questi messaggi?
...
Cazzo.
Allungo le dita tremanti verso quel foglietto di carta piegato con cura.
Lo apro e lo leggo, con il cuore che batte sempre più veloce nel petto.
La vista mi si appanna, indietreggio verso il letto e mi ci lascio cadere.
Non ricordo con precisione cosa è successo dopo.
Non ricordo più niente, da quel momento in poi.
Solo le tue parole ronzarmi nella testa, ballarmi davanti agli occhi.
E il freddo.
Tanto, tantissimo freddo.
Sia dentro che fuori.

Tiziano.
Mi dispiace.
Mi dispiace perché quando aprirai gli occhi, io non ci sarò.
Mi dispiace andarmene così, come un ladro, scappare nel cuore della notte dalla mia stessa casa.
Ma non posso più restare.
Non posso restare perché non ho il coraggio di guardarti andar via.
Non ce l'ho più.
Perché appena ti sveglierai, andrai via.
E questo succederà ancora, e ancora, e ancora.
Ogni giorno, tutti i giorni, dovrò vederti voltarmi le spalle, aprire la porta e scomparire, allontanarti da me.
Ogni giorno, tutti i giorni, te ne andrai.
E io non vorrei.
Non voglio.
Sta notte, vorrei non doverti vedere andar via da me.
Per questo, questa volta, andrò via io.
Forse non è destino.
Forse noi due non possiamo stare insieme.
Insieme?
Non siamo mai stati insieme.
Io non ti ho mai avuto, non sei mai stato mio.
Forse sei stato solo un sogno.
Forse è stata soltanto una parentesi nelle nostre vite, un breve attimo che ho deciso di interrempere.
Perché io non posso averti a metà, io non posso accontentarmi solo di questo.
Perché non lo merito.
Perché io ti voglio tutto, tutto quanto, e tu non potrai mai essere mio.
Quindi decido di andare.
Decido di andare via ora, finché ce la faccio, e di ricordarti solo come una persona a cui ho voluto bene.
Tanto bene.
Un bene immenso, infinito.
Così grande e potente da fare male.
Ma devo farlo lo stesso, devo farlo ora, prima di non riuscirci più.
Devo chiudermi la porta alle spalle mentre ancora dormi, perché se solo tu mi guardassi, cambierei idea.
Riusciresti a convincermi a restare, riusciresti a convincermi a non lasciarti.
Devo andare via ora, finché riesco a farlo.
Perché, nonostante tutto, nonostante il bene, tu mi fai male.
Mi hai fatto tanto male, e so che me ne faresti ancora.
E io non posso più permetterlo.
Preferisco farmi male io, sapendo che domani, un giorno, non so quando, passerà.
Preferisco farmi male piuttosto che permettere a te di farmene ancora.
Preferisco fare una cosa che non voglio, che non desidero, perché restare qui significherebbe distruggere entrambi.
Preferisco così.
E ti chiedo, per favore, di rispettare la mia decisione.
Non cercarmi, non chiamarmi.
Non voglio che mi trovi.
Vivi la tua vita come se io non fossi mai esistito.
Io cercherò di fare lo stesso.
Ti chiuderò in un cassetto della memoria, in una scatola dei ricordi, in cui sbirciare solo quando tutto il dolore sarà passato.
La aprirò quando pensarti non farà più male, e ti vedrò così, steso tranquillo sul mio letto, fra le mie coperte.
Ricorderò il tuo odore, le tue mani e i tuoi baci.
La sambuca e lo scotch.
Ti penserò felice, con il sorriso che ti riscalda il viso.
Pensami anche tu così.
Come un bel ricordo da custodire nel cuore.
Mi dispiace.
Paolo

Scotch al sapore di SambucaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora