Parte X

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Sono seduto al tavolo della cucina da venti minuti.
Faccio dondolare nervosamente la gamba avanti e indietro, guardando stizzito la porta del bagno ancora chiusa.
"Ce la facciamo entro Natale?!"
"Ho finito, un attimo. Che palle!"
La tua voce mi arriva ovattata.
È il 23 dicembre.
Piove, fa freddo, il Natale è ormai vicino.
E probabilmente lo passerò seduto su questa maledetta sedia, aspettando che tu esca dal bagno.
"Fammi capire. Ogni volta che dovevi venire al Rouge ci mettevi tutto questo tempo per vestirti?"
"Anche se fosse, non è mai stato un problema, visto che arrivavi sempre dopo di me"
"Ci stanno aspettando, Paolo"
"Se solo sapessi almeno chi ci sta aspettando"
Ignoro il tuo commento acido.
Ho dato un appuntamento a Marco e Enea al Rouge sta sera.
Marco non ha smesso di assillarmi per un solo, misero minuto da tre giorni.
Non dovevo dargli il mio numero.
Decisamente.
Mi ha riempito di messaggi per sapere come stavo io, come stavi tu, se avevamo chiarito, se avevo lasciato mia moglie, quando ti poteva conoscere.
Alla fine ho ceduto e ho organizzato questa specie di presentazione.
Tutto sommato, mi fa piacere rivedere i due ragazzini.
Non ti ho raccontato quasi nulla della mattinata trascorsa con loro e con Gianni.
Non voglio certo privare Marco di questo piacere.
Sono sicuro che si divertirà tantissimo.
La porta del bagno si apre, e finalmente esci.
Sto per prenderti ancora in giro per il tempo interminabile che ci hai messo per vestirti, quando la voce mi si blocca in gola.
Inarco un sopracciglio, osservando con attenzione ogni tuo dettaglio.
Le gambe sono fasciate dai jeans neri, così aderenti che riesco quasi a vedere i muscoli che si muovono al di sotto.
Il maglione verde bottiglia è semplice, a tinta unita, ma il suo colore mette in risalto la carnagione chiara, ormai priva di abbronzatura, gli occhi e i capelli scuri.
"Che c'è?"
"Niente"
Mi alzo, infilandomi il giaccone, cercando di allontanare dalla mente i pensieri poco casti che la stanno attraversando.
Sono solo un maglione e un jeans, porca miseria!
"T, mi dici che cosa ho fatto adesso?"
Hai la voce quasi esasperata.
Sorrido divertito e mi volto a guardarti.
Scrollo le spalle, aprendo la porta di casa.
"Stavo solo pensando che sei bello"
Arrossisci un po' e ricambi il sorriso.
"Grazie"
Scendiamo gli otto piani con l'ascensore, camminiamo verso il garage.
Andremo in macchina.
Con questo tempo, prendere la moto è fuori discussione.
Guidi tranquillo per le strade della città, fermandoti in una stradina laterale vicino al Rouge.
Sono solo pochi metri dall'ingresso del locale, ma quando entriamo siamo praticamente bagnati fradici.
Maledetta pioggia fastidiosa.
"Tiziano, Paolo"
Gianni ci osserva, vagamente divertito, al di là del bancone.
"Gianni"
Rispondiamo in coro.
Ci guarda e inarca un sopracciglio, borbottando a mezza voce.
"Ma che carini"
Il tuo sguardo interrogativo si sposta da me a lui.
"Gianni, vaffanculo"
"Mi scusi, sua maestà"
"Per quanto tempo ancora mi prenderai per il culo?"
"Oh, ma è così divertente!"
"Scusate"
La tua voce chiara ci interrompe.
Ci guardi, un po' sconcertato dallo scambio di battute per te assolutamente senza senso.
"Posso sapere anch'io cosa sta succedendo?"
"Non gli hai detto niente?"
"Non mi ha detto cosa?"
Sbuffo, già esasperato da questa situazione imbarazzante.
Strofino una mano sul viso, guardando torvo Gianni.
"L'altra mattina Gianni è venuto a recuperarmi da casa tua"
...
"Ah"
Già.
Ah.
Mi ha aiutato a riprendermi dai miei pensieri deprimenti, e ora me lo rinfaccerà per il resto dei miei giorni.
Ottimo, davvero ottimo.
"Cip e Ciop sono arrivati comunque, vi stanno aspettando"
Senza farmelo ripetere due volte, mi giro, trascinandoti con me, in cerca dei due ragazzini.
È presto, nel bar non c'è quasi nessuno.
Li individuo in fondo alla sala.
Marco è il primo a vedermi.
"Titty!"
Mi sorride radioso, alzandosi dalla panca in legno, e io sento una smorfia deformarmi il volto.
"Dimmi che non mi hai chiamato come penso che tu abbia appena fatto"
"Perché? È carino! Ciao, piacere Marco. Sono felice di conoscerti finalmente"
Allunga la mano verso di te, e tu ricambi la stretta con un espressione divertita.
Le cose decisamente non si mettono bene, per me.
"Paolo, piacere"
"Ragazzino, cosa vuol dire finalmente? Sai della nostra esistenza da tre giorni appena"
"Appunto, ero curioso di conoscere Paolo da tre giorni. Sono tantissimi, sai?"
Scuoto il capo, prendendo posto di fronte ad Enea, che mi guarda comprensivo.
"Mi dispiace"
Annuisco, riconoscente del suo sostegno morale.
Stringi la mano anche a lui.
"Vi conoscete da tre giorni?"
Lo domandi a nessuno in particolare, ma ovviamente è Marco a rispondere.
Mi guarda, inarcando le sopracciglia.
"Non gli hai detto niente?"
Ancora.
Chiudo gli occhi, sospirando affranto.
Maledetto Gianni e maledetto Marco.
"No, non gli ho detto niente. Non volevo privarti di questo piacere"
"Non gli hai detto niente perché volevi che raccontassi tutto io?"
La sua voce sorpresa mi fa quasi ridere.
Quasi.
Ma sono troppo preoccupato al pensiero della valanga di chiacchiere che sta per sommergerci per riuscire ad abbandonarmi al lato comico della situazione.
Sento Enea ridacchiare.
"Già. Pensa che coglione"
Guardo Marco, che sorride felice come un bambino davanti ad un sacchetto di caramelle.
"Grazie Titty"
Ti volti, mi guardi e sorridi divertito e malizioso.
Capisco all'istante quali sono i tuoi pensieri in questo momento.
"Non ci pensare proprio. Non mi chiamerai anche tu in quel modo osceno, un idiota è già sufficiente"
Scoppiate a ridere entrambi.
Nel momento in cui il cameriere ci porta lo scotch e la sambuca, Marco inizia a parlare.
Racconta tutto.
O almeno, tutto ciò che sa.
Di come ci siamo incontrati, del troglodita nel parco, del caffè al bar con Gianni.
Tu ascolti per lo più, facendo solo qualche domanda ogni tanto.
Enea, benedetto ragazzo, non dice una parola.
Tra me e me penso che, come coppia, sono ancora più strani di quanto avevo pensato all'inizio.
Decisamente più strani.
Quando Marco finisce il suo avvincente racconto, lo guardo stupito.
"Hai dimenticato di dire la cosa più importante"
Mi guarda interrogativo, ma sposto immediatamente lo sguardo su di te.
"Sono loro i miei amici che mi hanno illuminato sul mio orientamento sessuale"
Un lampo di comprensione ti attraversa gli occhi.
Mi sorridi, annuendo appena.
Ricordo il tuo scatto di gelosia, l'altra sera, sulla spiaggia.
In questo modo, senza fartelo pesare, senza dirtelo a parole, ti ho dimostrato che non hai motivo di essere geloso.
Facendoti conoscere Marco e Enea, ho risposto ad una tua domanda rimasta in sospeso.
La vita reale non è fatta di parole, la vita reale è fatta di gesti e azioni.
Me lo hai detto tu.
E io ora ti ho dimostrato che ne sono capace.
E tu lo sai, adesso hai capito qual è il motivo di tutto questo.
Hai capito che l'ho fatto per te.
Lo leggo nei tuoi occhi.
Lo capisco dalla tua mano che raggiunge la mia, e che la stringe.
Intreccio le mie dita alle tue, sorridendoti di rimando.
Mi guardi un'ultima volta, con gli occhi colmi di gratitudine, fiducia, amore, e torni a chiacchierare con Marco.
Le vostre voci riempiono la quiete del bar.
Guardo Enea, seduto di fronte a me.
Alterna lo sguardo divertito fra te e Marco, che parlate come se vi conoscesse da sempre, e poi mi guarda.
Ridacchio appena davanti ai suoi occhi quasi disperati, consapevole di avere un'espressione probabilmente molto simile alla sua.
Sarà una lunga serata.

Scotch al sapore di SambucaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora