~ Che la ragion sommettono al talento ~

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Li vedevo sempre insieme, sorridenti e felici da far venire il voltastomaco. Al parco, sulle rive del fiume Han, nel chioschetto vicino casa e ogni volta sorridevano come se niente potesse toccarli o scalfire il loro mondo. Ed ero invidioso, perché desideravo quella felicità, desideravo avere qualcuno che mi amasse come si amavano loro e non capii se ero io quello a seguirli ovunque o erano loro a bazzicare dove cercavo un riparo. Non li avevo mai visti separati, non una volta l'uno o l'altro, fin quando decisi di smetterla di guardare gli altri e costruirmi la mia di felicità. Fu una giornata di fine ottobre quando trovai un lavoretto tranquillo, in un bar nel quartiere di Haebangchon; passarono mesi in cui non li vidi più e sembrava che tutto stesse andando per la giusta via. Mi ero fatto un po' di amici e con i colleghi uscivamo spesso, per la prima volta dopo tantissimo tempo, mi sentii felice guardando gli altri con meno invidia e più sollevato per la loro felicità e benessere. Finché una sera li rividi, mano nella mano guardavano una vetrina allestita per Natale, mancavano poco più di venti giorni ed io rimasi a guardarli; sentii una strana emozione dentro di me, come se, nonostante tutto mi fossero mancati. Ma come potevano mancarmi due persone di cui non conoscevo nemmeno il nome? Eppure mi sentii sollevato nel vederli, nel sapere che stessero bene e ancora insieme, sorrisi e camminando per la mia strada tornai al mio lavoro: - Stasera c'è una piccola festa per salutarci prima delle vacanze di Natale, vieni vero? Ti prego, ti prego, ti prego. - schignazzai divertito e feci si con la testa. - Se insisti così tanto come posso dirti no. - e le braccia di Hoseok mi avvolsero tenendomi stretto un una morsa. Con lui era sempre così, non mancava mai occasione che mi stringeva o pizzicava le guance, o scompigliava i capelli; diceva che ero così piccolo e dolce da fargli venire la voglia di coccolarmi sempre. Peccato che non ero ne piccolo ne tanto meno dolce: dispettoso, lussurioso, avido, ingordo; questo ero ma mi ero costruito una maschera tanto perfetta che nessuno si era mai accorto di niente. Solamente chi mi portavo a letto, prima di uscire dalle loro case, mi dicevano che ero Satana vestito da angioletto.

Non avevo mai detto di esserlo, non mi sentivo di esserlo perché sapevo cosa mi scorreva dentro e nonostante vivessi una vita felice ero corrotto, dedito agli istinti più primordiali e per tutti gli Dei se ero immorale, a tratti indecente e quella parte di me usciva solamente a letto quando lasciavo ai miei vizi di fare come più gli piaceva ed era meraviglioso vederli godere sotto di me. Perciò non riuscivo mai a dire no a Hoseok per ogni sua pazzia, perché in qualche modo, volevo mi vedesse come il ragazzino indifeso; quello che deve essere protetto anche da se stesso. La festa era calma ma allo stesso tempo divertente, eravamo tra di noi in un locale che pareva essere uscito dai racconti di Natale e, seppur troppo, era incantevole stare la dentro al caldo circondato da delle persone meravigliose. E di nuovo li vidi, mano nella mano varcarono la soglia di quella piccola casa di Babbo Natale; dentro dei cappotti coperti dalle sciarpe di egual colore e sempre quei sorrisi beati. Serrai la mascella e gemetti basso perché nonostante lo nascondessi anche a me stesso, li volevo! Bramavo di averli per me, di essere in mezzo a loro e lasciare che quella felicità mi entrasse dentro e quando uno dei due si voltò a guardarmi mi mancò il respiro. Quegli occhi neri, grandi e pieni di qualcosa che conoscevo piuttosto bene, mi incatenarono a lui; non riuscii a distogliere lo sguardo mentre il suo si fece più intenso e come se io non stessi guardando dalla loro parte, prese il suo compagno baciandolo in maniera provocante senza permettermi di distogliere lo sguardo. Sentii le mani di qualcuno sfiorarmi la coscia e avvicinarsi lì dove mi era venuto duro, la bloccai voltandomi di scatto; Hoseok era ad un palmo dalla mia faccia, guardandomi con occhi languidi e mi sentii gemere di nuovo. - Piacerebbe che guardassi anche me in quel modo. - disse basso avvicinandosi del tutto. Deglutii e mi resi conto che non mi vedeva come un ragazzino, ero un uomo e come tale mi rispondeva. Uscimmo dal locale una volta finita quella cenetta, ci facemmo gli auguri e tutti presero le loro strade, mi sentii tirare e un parete umida poggiarsi sulla mia schiena: - Solo per una notte... - ma non mi diede il tempo di rispondere che mi sentii attaccare dalle sue labbra e Dio se erano fantastiche.

E diedi quella notte ad Hoseok, entrando dentro di lui con forza mentre gemeva il mio nome e si muoveva sul mio membro; mentre gli bloccavo le mani dietro la schiena spingendomi in lui mentre lo sentivo gridare di piacere. Lasciando che si liberasse sulle mie mani mentre continuavo a toccare il suo punto erogeno, continuando a sbatterlo ancora fino a quando la sua intimità non divenne di nuovo dura. Fui osceno su quell'uomo che mi aveva sempre trattato bene, fu lascivo il modo in cui mi rispondeva e nonostante fosse distrutto continuava a volerne ancora e chi ero io per non soddisfare quel ragazzo che mi desiderava tanto quanto lo stavo desiderando io? All'alba cominciai a vestirmi lasciando che si addormentasse sfinito tra quelle lenzuola che sapevano di noi, non ci sarebbe mai stato niente di più se non quella notte; ma sembrava che Hoseok ne fosse a conoscenza e anche quando ci incontrammo dopo il Natale parve tranquillo e sempre lo stesso nei miei riguardi. - Passate bene le feste? - disse mentre preparavamo le ordinazioni. Gli sorrisi facendo sì con la testa senza dirgli che le avevo passate da solo, chiuso nella mia stanza a pensare a quei due ragazzi, al modo che ebbe uno dei due di tenermi ancorato a se. L'arrivo del capodanno fu quasi immediato, come se non aspettasse altro che far finire quell'anno il prima possibile e come per Natale, ci riunimmo di nuovo per salutarci fino alla prossima apertura. Quella costanza venne modificata dalla mia poca voglia di tornare a casa, dove avrei salutato le pareti spoglie e mangiato qualcosa di pronto prima di andare a letto; ordinai altro da bere fino a quando il ragazzo che lavorava lì mi portò un bicchiere che non avevo chiesto. - Questo le viene offerto da quei ragazzi laggiù. - corrugai la fronte e quando mi voltai nelle direzione indicata trattenni il respiro. Erano loro, seduti uno accanto all'altro che mi guardavano sorridendo, alzarono le mani con i bicchieri ed io feci lo stesso come fossi stato un automa; non mi ero accorto che fossero lì, che mi stavano osservando. Nuovamente non riuscii a distogliere lo sguardo da quegli occhi neri e incredibilmente grandi, il suo compagno gli disse qualcosa all'orecchio e con un sorriso complice si alzò venendo verso di me. Seguii ogni suo movimento, fino ad averlo davanti: - Spero non ti dispiaccia se ci siamo permessi di offrirti qualcosa. - la sua cazzo di voce. Il suo sorriso, quegli occhi neri ma luminosi tanto da accecarmi quasi, deglutii facendo no con la testa; perché non riuscivo a parlare? - Perché non ti unisci a noi? - e nel chiedere allungò una mano. Grande rispetto alle mie, tatuata e quando la presi senza davvero rendermene conto, infuocata. - Era da tempo che aspettavamo di poterti conoscere. - sussurrò al mio orecchio mentre, da dietro, mi spingeva verso il loro tavolo. Che significava? Mi resi conto che da predatore, ero diventato preda e gemetti quando mi fece sedere di fronte al suo ragazzo che si passò lento la lingua sulle labbra.

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