0 - Una Corte di Stelle

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Al Palazzo del Cielo si tenne una grandiosa festa per celebrare l'inizio dell'anno.
I regnanti sedevano adagiati sui loro troni, in fondo ad una lunga sala.

Aelius sedeva sul suo trono, attorno a lui le guardie e la sua corte, dinnanzi a lui si stendeva un fila lunghissima di persone, venute tutte a porre i propri omaggi al Dio del Sole.

Aibek Ilkay  sedeva sul suo trono, posto un metro affianco al fratello, senza corte, senza nessuno neppure davanti. Nessuno era lì per porre i propri omaggi al Dio della Luna.

E così, dal proprio trono, Aelius lanciò un'occhiata sprezzante al fratello per poi commentare in modo denigratorio: "Ehi, mr. Luna, com'è che nessuno è venuto a porti omaggi? E' un record! Non avrei mai pensato che, in così tanti anni, nessuno sarebbe mai venuto neanche una volta!"

Aibek Ilkay fece per aprir bocca per controbattere, ma la richiuse appena sentì le lacrime riempirgli gli occhi.
Suo fratello stava ridendo e assieme a lui tutta la sua corte e popolo.
Il suo stesso popolo lo stava deridendo.

Ma ecco che davanti al trono di Aibek Ilkay si presentarono sei persone, tre fanciulle e tre ragazzetti.

"Siamo venuti a porre i nostri umili omaggi al grande Dio della Notte: Abiek Ilkay Gaster." dissero all'unisono, prostrandosi davanti al Dio.
Dal loro aspetto era chiaro che fossero null'altro che poveri contadini.

Il Dio della Luna si ricompose, cacciando indietro le lacrime. Guardò dall'alto in basso coloro che si trovava davanti.
"Siete voi coloro che pongono offerte ai piedi della mia statua?" domandò con tono freddo e sicuro, cercando di non farsi tradire dalla gioia immensa che stava provando nel vedere qualcuno inchinarsi dinnanzi a lui.

"Oh, sì, siamo noi... perché? Per caso non erano di vostro gradimento, nostro signore? In tal caso, faremo del nostro meglio per provvedere." disse con tono sottomesso una ragazza con fattezze di un'ostrica.

Aibek Ilkay si voltò verso Aelius con una classica espressione da "visto?".
Poi si voltò verso coloro che aveva davanti. Nella sala c'era un silenzio tombale.
"Perché mi ponete omaggi?" chiese.
"...perché mai non dovremmo? Non è la cosa più normale omaggiare il proprio Dio? Venerarlo e rispettarlo per il semplice fatto che esista?" risposero tutti e sei, il loro tono era confuso.
"Quindi voi... morireste, per me?" domandò il Dio con tono freddo come il ghiaccio.
"Certamente, Vostro Splendore." annuirono all'unisono.
"Mh... e... sareste disposti a vivere, per me?" alzò un sopracciglio chiedendolo.
I sei non esitarono a rispondere, come se avesse fatto la domanda dalla risposta più ovvia al mondo: "Certamente! E' il minimo che potremmo fare per ricambiare ciò che fate ogni notte!"
Aibek Ilkay abbassò il capo per nascondere il proprio sorriso.
Si alzò in piedi e guardò i mostri inginocchiati davanti a sé.

"Io, Aibek Ilkay Gaster, Dio della Notte e di tutto ciò che riguarda il cielo oscuro, vi nomino, in nome della Luna e delle Stelle, semidei e semidee. Sarete al mio servizio e al mio fianco fino al resto dei miei giorni, finché io, la Luna, brillerò e vivrò, voi brillerete e vivrete a vostra volta, come Stelle. Giuratemi fedeltà e io in cambio vi renderò ogni privilegio che la notte possa dare." pronunciò queste parole con tono estremamente solenne, desiderava così tanto dirle e finalmente ne aveva l'onore.
I sei ci misero un po' a elaborare ciò che era stato detto loro, credevano di star sognando.
"Giuriamo fedeltà alla Notte e al suo Dio. Giuriamo sulle nostre stesse vite." dissero con voce tremante per l'emozione.

Con quelle parole i colori dei sei mostri scalarono piano piano al grigio, i loro vestiti divennero raffinati e così anche loro. I loro occhi assunsero un colorito violaceo sfumato al blu scuro, con puntini bianchi qua e là, come stelle. Sul loro volto, più precisamente la guancia sinistra, comparve una macchia raffigurante un cielo stellato con una luna crescente al centro.
Gli altri presenti rimasero a bocca aperta.

"E ora alzatevi. Avete il diritto di guardarmi negli occhi mentre mi parlate e mentre io vi parlo a mia volta. Ora avete il diritto di essere trattati come miei pari."

Così si alzarono ed ebbero l'onore di guardarlo negli occhi, azzurri come l'acqua e altrettanto puri.

Aibek Ilkay guardò il fratello con un sorriso che urlava beffardo: "Quindi? Chi è che non ha nessuno? Scusa, non ti ho sentito, ero impegnato a parlare con la mia corte!"

Il Dio della Luna si avviò verso l'uscita facendo alla sua Corte segno di seguirlo e uscì, così, senza nemmeno salutare, tra lo stupore generale di coloro che erano rimasti in sala.

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