everest

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nell'ansia di cambiare
resteremo sempre uguali
io e te

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Quella mattina si svegliarono entrambi senza compagnia, nella stessa casa ma in letti diversi. Damiano sentì la mancanza di Thomas tutta la notte, non era più abituato a dormire da solo, aveva bisogno di lui per essere al cento per cento sicuro e rilassato. Fu così che si svegliò di malavoglia e infreddolito nonostante il caldo afoso di quella mattina: rimase steso nel letto senza fare o dire nulla, provando ad ascoltare al di là del muro che divideva la sua stanza da quella dei sui genitori, dove ora dormiva il biondino, cercando di sentire qualche rumore sottile per accertarsi che fosse sveglio, ma oltre a non sentire nemmeno qualche leggero sospiro, sentì solo dei rumori provenienti dall'esterno: macchine, persone al telefono, clacson, cani che abbaiavano, bambini che ridevano e, se faceva attenzione, anche degli uccellini. Il rumore delle industrie o dei camion pubblicitari quel sabato non si sentiva, sembrava un giorno di festa, o una domenica mattina in un paesino tranquillo. Pareva di essere ovunque tranne che nella sua amata Roma.
Una volta alzatosi con tutta calma dal letto e dopo aver poggiato i piedi a terra, si guardò nel grande specchio a figura intera che aveva nell'armadio; quasi non si riconobbe, vide un Damiano diverso, qualcuno che non era abituato a vedere. Forse era solo stanco, pensò, o forse era davvero cambiato. Si legò i capelli in alto in uno chignon scombinato, e si riconobbe ancora meno, tanto che si guardava con espressione confusa, di disapprovo, come per chiedere all'estraneo "chi sei?". La superficie dello specchio non rifletteva più una figura familiare, era diventata invece una superficie trasparente, e Damiano era in grado di vederci attraverso, non sapendo chi stesse fissando; non sapeva chi fosse quella persona talmente estranea che, se avesse allungato una mano sullo specchio, sarebbe probabilmente riuscito a toccarla, e sentiva come se la figura potesse spostarsi una volta a contatto con la sua mano, sentendosi a disagio ad essere toccata da una persona che non conosceva.
Aveva decisamente la mente annebbiata dal sonno, la cosa migliore era farsi una doccia, o lavarsi la faccia, vestirsi e truccarsi, e magari a quel punto si sarebbe riconosciuto. Così fece: una volta in bagno accese l'acqua tiepida della doccia, e prima che lo specchio potesse appannarsi, entrò e cominciò a lavarsi. Non fu una doccia lenta come le sue solite docce la mattina, ma quel giorno sembrava avere qualcosa di diverso: voleva fare qualcosa, sapeva che avrebbe fatto qualcosa per cambiare il modo in cui vedeva sé stesso, questo perché, nonostante la doccia e il trucco, si vedeva ancora estraneo a sé stesso. Quindi, con un rapido e seccato sospiro, si vestì tenendo i capelli legati e affrettandosi a scrivere su un piccolo foglietto di carta un messaggio rapido a Thomas:

"Sono fuori che cerco di cambiare me stesso, torno per pranzo."

Qualche ciocca corta, un tempo rasata scivolò fuori dall'elastico, giusto nell'instante in cui Damiano alzò lo sguardo dal lavandino per controllarsi di nuovo: "da quanto tempo non taglio i capelli??" Si accarezzò la un-tempo-rasatura e si rese conto che, in effetti, tra studio e musica, non aveva avuto tempo per la sua persona: il viso era stanco, le mani callose a forza di sforzarsi di imparare a suonare la chitarra senza plettro e i capelli ormai erano troppo cresciuti. Aveva capito che cosa doveva cambiare.
Prese delle banconote dal doppio fondo di una scatola, e ritornò in bagno ricordandosi di non aver chiuso gli sportelli; a Thomas dava fastidio trovare tutto aperto, gli dava un senso di disordine, e aveva più che ragione.
Uscendo dal bagno per allontanarsi finalmente da casa, passò davanti alla seconda stanza dove il biondino ancora dormiva, e non poté fare a meno di entrare notando la porta semiaperta. Lo guardò sognante piegandosi ai piedi del letto, e sistemando qualche ciocca di capelli che gli stava annegando di sudore la nuca; gli lascio il bacio a stampo più delicato che potesse dargli, sperando di donargli un risveglio più dolce, oltre che per sentire il sapore leggermente salato delle sue labbra di prima mattina, trovava avessero un sapore mille volte migliore rispetto a qualsiasi colazione. Una volta abbassata la tapparella, per impedire alla luce di svegliarlo troppo presto, uscì, finalmente, chiudendo la porta a chiave, da casa sua.
Era forse la prima volta che non prendeva la macchina per andare da qualche parte, ma quella mattina gli sembrava così tranquilla che fu più forte di lui muoversi a piedi per le strade leggermente affollate. Si accertò di avere ancora un biglietto della metro in tasca, magari non timbrato, e uno per il bus. Mentre si incamminava sotto la strada silenziosa per prendere il mezzo che l'avrebbe portato dall'altra parte della città cominciò a divagare con la memoria:

Toothpaste Kisses [IN PAUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora