PROLOGO

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è solo un momento dolce
ma stringimi ancora a te

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-Porco d..

Scriveva.
Scriveva su di un foglio a righe masticando un'imprecazione dietro l'altra insieme alla gomma al gusto di ciliegia e cannella e sputando una bestemmia ogni tanto mentre, rabbioso, cancellava le parole scritte con l'inchiostro blu. Aveva lo sguardo di una persona che si era concentrata troppo tempo su una stessa cosa: dagli occhi persi a guardare il foglio si percepiva che era concentrato solo a scrivere e cancellare, scrivere e ricancellare, riscrivere e cancellare...
Parole su parole, a momenti non capiva nemmeno più che stesse succedendo su quel foglio tanto era cancellato è pieno di scarabocchi, righe e inchiostro sbavato. La bocca era semiaperta con la punta della lingua che sfiorava il labbro inferiore sul lato sinistro, ogni tanto la muoveva per inumidirsi le labbra secche -e screpolate, nonostante l'umidità- lo sguardo, invece, assente, con gli occhi che si aprivano e chiudevano ad intervalli scomposti, di sicuro l'intera stanzetta ripiena di quel caldo soffocante non aiutava il ragazzo, stanco e affaticato se pur stesse lavorando da nemmeno molto tempo:

-Dami? Sei chiuso lì da venti minuti.

Il picchiettio leggero delle nocche sulla porta fece appena sobbalzare di poco il ragazzo dalla sedia girevole su cui era seduto.
Venti minuti. Esattamente venti minuti. Erano troppi pochi per Damiano, era sicuro di essere chiuso in quella stanza da più tempo, non erano possibili quei miseri venti minuti; nella sua testa sembrava che fossero passate ore, giorni, mesi...

-Sì, sì tra poco esco..

Le parole di nemmeno lui sa chi -non ci aveva fatto troppo caso- lo riportarono in un certo senso alla realtà: scosse la testa e strizzò gli occhi, guardò il foglio e decise immediatamente di strapparlo. Lo gettò da qualche parte nella stanza, forse nel cestino ma non ne era sicuro; poi, sbuffando silenziosamente, andò verso la porta con un passo lento mentre le mani si stropicciavano contro occhi stanchi e pesanti. Era sicuro di essere andato a sbattere contro qualcosa, sentiva ogni tanto un rumore qua e là come se un mobile o altro si fosse rovesciato o come se qualche libro lasciato sul letto sfatto la sera prima fosse caduto grazie a chissà quale legge fisica o dinamica.
Sbadigliando aprì finalmente la porta. Appoggiato al muro c'era Thomas ad aspettarlo, la voce era la sua a quanto pare, e ripercorrendo passo passo ciò che gli era stato detto Damiano capì che effettivamente sì, era stato Thomas ad averlo chiamato:

-Hai fame?

Lo guardò con espressione calma e tranquilla, prevalentemente stanca. Erano ancora entrambi in pigiama:

-Vic e Ethan?

La voce era spezzata dalla stanchezza:

-In giro penso.

Thomas guardò negli occhi Damiano, confuso:

-Non so dove siano, questa è casa tua e loro non sono venuto ieri..

Piano piano, dentro la testa del moro, le informazioni si fecero strada: lui era Damiano, Thomas era più piccolo di lui di quattro anni, Damiano studiava perché era stato rimandato e rischiava di essere bocciato per la terza volta, Thomas stava da lui perché i suoi erano via per un mese e non volevano lasciarlo da solo -e tanto meno Thomas voleva restare solo a casa per così tanto tempo- e in più una mano per le varie materie gli serviva, nonostante nemmeno Thomas fosse molto bravo:

Toothpaste Kisses [IN PAUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora