𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝑽

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Il cielo sopra di me era di un pallido azzurro, macchiato da qualche nuvola bianca, ed era incorniciato da rami carichi di foglie verdi che spuntavano timide tra i fiori chiari. L'acqua sotto di me era piacevolmente fresca e brillava al sole. Mi voltai a guardare la riva. La mia tunica era riposta disordinatamente sul prato e poco più in là Patroclo sonnecchiava tranquillo, beandosi dei tiepidi raggi di sole primaverili.
Erano ormai tre anni che ci trovavamo sul monte Pelio per essere istruiti dal centauro Chirone che era famoso per aver insegnato a tutti gli eroi più famosi, di cui io amavo ascoltare le storie. In teoria sarei dovuto venire solo io, ma non avrei mai lasciato Patroclo, ormai è diventato una parte di me. All'inizio mio padre non voleva sentire ragioni, ma poi si è ritrovato a cedere di fronte alla mia continua insistenza. Non sopportavo l'idea di separarmi da lui anche solo per un secondo, mi faceva sentire la persona più fortunata al mondo e ogni suo sorriso era come un raggio di sole nella mia vita.
Patroclo aprì gli occhi, si stiracchiò e mi sorrise pigramente.
«Ho dormito molto?»
«No, solo mezz'ora»
«È così bello! Vorrei stare qui per sempre! Sono così felice ed è tutto merito tuo!»
Arrossii di fronte a quell'ammissione.
«Non vieni a nuotare un po'?»
«Ma l'acqua è fredda!»
«Non è vero, si sta benissimo! Dai, vieni fannullone!»
«Oh, d'accordo!»
Si alzò in piedi e si sfilò la tunica, riponendola vicino alla mia. In questi tre anni ci eravamo lasciati alle spalle la fanciullezza, assumendo un aspetto più maturo. Patroclo ora non era più il ragazzino mingherlino che avevo conosciuto, si era alzato e il suo fisico si era fatto più asciutto, con i muscoli che potevo vedere tendersi sotto la pelle abbronzata. A volte mi chiedevo se non fosse un dio, come poteva essere un mortale così bello? Mi immersi più a fondo nell'acqua per nascondere le mie guance imporporate. Lui sembrò non notare nulla e galleggiava vicino a me, lasciandosi trasportare pigramente dalla corrente.

Più tardi, tornati alla grotta in cui dormivamo, Chirone ci attendeva impaziente, gli zoccoli che battevano incessantemente sul pavimento polveroso.
Chirone era un centauro, figura dalle zampe equine e busto di uomo. Nonostante fosse immortale la barba nera aveva delle piccole striature grigie, come un cielo in tempesta. Chirone infondeva tranquillità e pacatezza, non ci rimproverava quasi mai e quando lo faceva non alzava mai la voce e nei suoi occhi c'era sempre una luce gentile e bonaria. Per questo vederlo con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo pensieroso mi sembrava molto strano.
«Maestro Chirone, c'è forse qualcosa che ti turba?» chiesi preoccupato.
«Tra poco avremo ospiti» disse solo.
Guardai Patroclo, che ricambiò la mia espressione interrogativa. Chi erano questi ospiti? In tutti i tre anni passati sul Monte Pelio nessuno ci aveva mai fatto visita; era stato un bel cambiamento poter mettere da parte la vita frenetica a palazzo.
«Che ne dite di andare a raccogliere un po' di olive per stasera?»
«Andiamo subito, maestro Chirone» rispose Patroclo sorridendo.

Ci recammo presso un olivo che cresceva dove il prato verdeggiante cedeva il terreno alla sabbia bianca. Passavamo spesso il pomeriggio in quel luogo, mi piaceva sentire l'infrangersi delle onde sulla riva e osservare il sole tuffarsi nel mare, mentre il cielo assumeva il colore del fuoco scoppiettante. Così come quasi tutti i pomeriggi, raccolte le olive in un cesto, ci sedemmo sulla riva, i piedi che sfioravano l'acqua salata.
Guardai il tramonto per un po', poi mi girai verso Patroclo. La luce dorata faceva risplendere la sua pelle come bronzo e i suoi occhi sembravano pozze di miele. Forse percepì che lo stavo guardando, perché si voltò a sua volta e le sue labbra si incurvarono in un sorriso gentile; inconsapevolmente il mio sguardo cadde sulla sua bocca, rosea e carnosa al punto giusto. Alzai nuovamente gli occhi: i nostri visi erano così vicini che le punte dei nostri nasi si sfioravano. Le sue guance erano ricoperte da una spruzzata di lentiggini; come avevo fatto a non notarle prima? Eppure avevo osservato il suo viso tantissime volte.

Non seppi quale forza mi spinse a farlo, ma chiusi gli occhi e mi avvicinai ancora di più a Patroclo. Le nostre labbra si sfiorarono timidamente, uno sfioramento leggero e quasi timoroso. Stemmo così per un po', immobili. Gli posai una mano sul fianco, ma lui si scostò, come scottato. Mi guardò con gli occhi sgranati, pieni di terrore, e non feci in tempo a dire niente che corse via. Io ero ancora immobile e fissavo il punto dove prima lui era seduto. Sorrisi, ma la felicità se ne andò subito dal mio viso quando compresi quello che avevamo fatto.
«Non mi parlerà più...» sussurrai.
Rimasi lì ancora un po', i piedi che accarezzavano l'acqua e la bocca che pizzicava sentendo ancora lo spettro di altre labbra sfiorare dolcemente le mie.

𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷 ~ 𖧷

Ciao!
*le lanciano i pomodori*
Lo so, sono sparita per mesi, ma questo è un periodo abbastanza impegnativo e non sto molto bene, quindi vi prego di perdonarmi! Cercherò di pubblicare un altro capitolo il prima possibile, ma non prometto nulla... Per vostra (s)fortuna comunque non ho nessuna intenzione di abbandonare questa storia :D

Inoltre vi ringrazio per le oltre 360 letture, so che non sono tantissime, ma per me significano davvero moltissimo!

Un ringraziamento a honey_moon_fades che mi ha sempre sostenuto e che amo alla follia, questo capitolo è per te, ily sweetie <3

E nulla, spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se non è granché ":D

A presto!

~sognatrice di libri

Half of my soulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora