Mi chiamo Ashley, perché mia madre ha una passione per l'America, e vivo a Roma, la città eterna. Nonostante il mio nome però, non sono come tutte le altre Ashley, non sono la bionda di High School Musical. Non mi piace andare a fare shopping, non mi piacciono le feste e se fosse per me andrei in giro sempre in tuta da ginnastica. No aspettare, vado davvero sempre in giro in tuta da ginnastica, e questo fa disperare mia madre... e anche la mia migliore amica, ma di lei parleremo dopo. Dicevo, mi chiamo Ashley e adoro leggere Shakespeare, ho tutte le sue opere nella mia splendida libreria coi libri ordinati per colore, anche se ovviamente tradotte in italiano, ho provato a leggerle in lingua originale ma a me l'inglese proprio non entra in testa, e questo fa disperare la mia professoressa, dice che non è giusto che io eccella in tutte le materie tranne la sua. Chissà se oggi la rivedrò, la mia professoressa; è il primo giorno di scuola dopotutto. Questo è precisamente il motivo per cui mi trovo qui, nella migliore gelateria del quartiere, ho bisogno di una super colazione per affrontare quello che mi aspetta.
Pago il mio meraviglioso gelato a tre gusti (cioccolato, menta e fragola, lo so, chi prende più gusti come la fragola quando ci sono oreo e kinder e cookies che occhieggiano dal frigo, ma sono una tradizionalista) ed esco dal locale; cavolo, ha già iniziato a sciogliersi. Sono così impegnata a leccare via quelle dolci, gustose, saporite piccole perle che finisco con lo sbattere contro un avventore intento a entrare. Cado a terra come il mio gelato, che si spiaccica sul pavimento. Accidenti.
<< Damn you! Whatch your steps!>> sento dire al tipo con cui ho giocato all'autoscontro. Qualunque cosa significhi, non sembra contento. Cavolo è straniero, come faccio a scusarmi? Mi guarda parecchio incazzato, e non gli posso dare torto visto che la parte del mio gelato che non è spalmata sul pavimento è spalmata sulla sua maglietta. Chiaramente pretende delle scuse.
Mi do alla fuga più veloce che posso.
Sono ormai quasi arrivata a scuola quando mi rendo conto che bastava un semplice "sorry". Sono un'idiota.
Sono in anticipo quindi i cancelli della scuola, un edificio vecchio e con l'intonaco che cade a pezzi, sono ancora chiusi e non c'è ancora nessuno studente in attesa, così ho molto tempo per pensare alla figuraccia appena avvenuta. Rimpiango soprattutto il bel gelato che è stato ingiustamente sacrificato. La mia mente si concentra anche sul ragazzo che ho investito, ricordo che era davvero alto, forse 190 cm, il tipo di ragazzo che devi indossare i tacchi per baciare, o sollevarti sulle punte dei piedi, come nei film. Aveva degli occhi spettacolari, anche se lo sguardo era deformato dall'ira: verdi, ma costellati da macchie scure, come il gelato menta e cioccolato. ripenso anche al momento dell'urto, la mia faccia ha urtato contro il suo petto e sono piuttosto certa che c'erano dei begli addominali sotto quella maglietta.
<< Aooo bella sorè ce si rivede!>> non avevo bisogno di pensare per riconoscere quella voce, Gessica è la mia migliore amica da così tanti anni che sentivo la sua vicinanza per istinto. Per un attimo pensai di essere rimasta così a lungo persa nei miei pensieri che non avevo sentito suonare la campanella, era impossibile che Gessica fosse arrivata in orario per l'inizio delle lezioni, non entrava mai a prima ora, ma ovviamente era il primo giorno, la mia amica aveva fatto un eccezione alla regola dell'ingresso a seconda ora.
Guardare Gessica faceva quasi male agli occhi, cosa che nei romanzi di solito si scrive intendendo che la persona in questione è bellissima, ma non era per questo che guardare Gessica faceva male. Voglio dire, non che fosse brutta, aveva i capelli lunghi tinti di un rosso acceso (il colore più stravagante che la madre fosse disposta a concedere), gli occhi grigi e un fisico magro, ma la prima cosa che si notava di lei erano i vestiti. Quel giorno ad esempio indossava per l'occasione una maglia leopardata rosa acceso e dei leggins gialli lucidi, percorsi da laccetti neri su tutta la parte davanti, le scarpe, anche quelle gialle, avevano la suola così alta che veniva da chiedersi come Gessica riuscisse a camminare senza storcersi le caviglie ogni due per tre.
<< sei già qui davanti madò che secchionaaa>> mi dice, ma so che scherza << sai che facciamo? Mariniamo la prima ora e andiamo a comprarti qualche maglietta decente così ti togli sta felpa eh?>> come mia madre, neanche Gessica è molto soddisfatta del mio modo di vestire.
Sento la campanella suonare, che mi salva dal tremendo piano di Gessica.
<< chissà in che aula siamo quest'anno?>> mi domando
<<Madò spero non lassù al terzo piano, miseria, chi se le fa tutte quelle scale ogni volta!>>
Ma il desiderio di Gessica non fu esaudito, non solo erano al terzo piano, ma...
<<No cazzo il loculo noooo!>> esclamò Gessica, assieme a molti altri compagni di classe. Più simile a uno sgabuzzino per le scope che a una vera classe, il loculo era l'incubo di tutti gli studenti. Battei due volte con la mano sulla spalla di Gessica:
<<pronta a correre?>> le dissi, e scattammo su per le scale nella speranza di riuscire ad arrivare prima dei nostri compagni per non finire in prima fila. In realtà arrivammo tra gli ultimi, ma grazie al cielo in fondo all'aula vedo la familiare faccia dell'altro mio grande amico, Manolo, che ha tenuto il posto a entrambe. Lo so, ha un nome di merda, ma che ci volete fare. Eppure i suoi genitori gli vogliono bene, giuro. Manolo è seduto vicino al muro, io mi siedo accanto a lui, a Gessica tocca il banco vicino al corridoio, ma è meglio così, meglio tenerli separati a quei due. Manolo è vegano, attivista, animalista e sa essere un vero rompipalle, e Gessica non ha molta pazienza. Manolo non ha tempo di aggiornarci su tutti gli alberi che ha piantato durante l'estate, su tutti i nuovi negozi bio che ha scoperto e visitato, su tutti i nuovi capi di abbigliamento a impatto zero che ha scoperto durante l'estate ("minchia conosci tanti negozi ma sempre la stessa canottiera bianca ti metti" avrebbe risposto Gessica) che il professore entra e dobbiamo fare silenzio. Si è seduto e sta per iniziare a parlare quando bussano alla porta. Si affaccia un ragazzo della nostra età, che si avvicina a parlare col prof.
<<ah si>> dice il prof <<ragazzi, questo è il vostro nuovo compagno di classe, Michael>> dice rivolto a noi.
Il ragazzo fa un mezzo cenno col capo e va a sedersi a un banco libero in prima fila. Le ragazze della mia classe sono rimaste ammutolite alla vista dei muscoli delle braccia che spuntano dalla maglietta a mezze maniche e dai capelli perfetti, io resto ammutolita perché l'ho già incontrato prima. È il ragazzo a cui ho buttato addosso il mio bellissimo gelato.
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Sti giovanotti de' sta Roma bella
Teen FictionLa prima cosa che ho pensato quando l'ho incontrato per la prima volta è stata "devo scappare il più lontano possibile", ma ho scoperto che non riuscivo a fare a meno di lui, di guardarlo di nascosto, di desiderare che fosse mio. Avete mai sentito...