Prologo

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Avete presente quel senso di inferiorità?

Quando ti senti una nullità e credi che lo zero possa valere di più.

Quando ammiro le montagne che circondano la piccola Undredal mi sento così.
Non posso fare a meno di chiedermi come possa esistere così tanta bellezza.
E ora che sono avvolte dalla neve sembrano ancora più raffinate e affascinanti.

<<Astrid, dove sei?!>> urla una voce familiare.
Sbuffo annoiata e mi alzo in piedi.

Quando voglio stare tranquilla è qui che vengo, nel tetto della nostra piccola casa.
Da qua la vista è ancora più bella, sopratutto quando è sera. 
Arrivo nell'estremità del tetto e lentamente mi abbasso per far sì che il mio piede trovi la scala.

Centrato!

<<Astrid è pronto da mangiare!>>
Neanche il tempo di farla finire di parlare che mi ritrovo già dentro casa.

<<Zia non c'è bisogno che mi chiami mille volte>> il mio tono di voce risulta abbastanza freddo, e come ogni volta lei storce le labbra.

<<Siamo di nuovo di cattivo umore?>> ed ecco che mi fa la solita domanda.

<<Serena, non incominciamo. Sono sicuro che Astrid non ne voglia parlare, lo sai com'è fatta>> lo zio Andrew fa il suo ingresso in cucina e lo ringrazio mentalmente. Mi è sempre piaciuto il suo modo di fare, semplicemente si fa i fatti suoi.

<<Ma insomma, in questa casa non si può mai dire niente! Ho semplicemente fatto una domanda!>> la voce di zia si alza sempre di più mentre mette nel piatto una strana zuppa di verdure. Il bello è che non solo è brutta da vedere, ma l'odore è pessimo.

<<Dai non fare così amore. Ora assaggio la zuppa, sto morendo di fame!>> lo zio afferra il cucchiaio pieno di zuppa e se lo infila in bocca. Sgrana gli occhi per un momento per poi cercare di fare un sorriso alla moglie.

<<V-veramente squisita amore>> commenta a mala pena.

<<Sono felice ti piaccia! Ci ho messo anima e cuore>> risponde lei sorridente.
Osservo il mio piatto e sono sempre più convinta che la fame mi sia passata.

<<Io in realtà non ho molta fame, scusatemi>> mi alzo dalla sedia non curandomi dei loro sguardi confusi, prima di sentire qualsiasi commento mi dirigo in fretta verso la mia camera.

Finalmente un po' di pace.

La camera non è molto grande, però basta per una persona, l'importante è questo.
Mi guardo un attimo allo specchio dell'armadio e come sempre noto le mie amiche occhiaie. Non mi sembra di essere una ragazza bassa e ho un fisico abbastanza snello, perciò spero di non crescere più. Passo una mano tra i capelli come se li stessi pettinando.
Sono lunghi, mossi e castani.
I miei occhi invece sono azzurri con delle pagliuzze più scure.
Li avrei preferiti scuri, quasi neri.
A mio parere sono più affascinanti.

Guardo le pareti azzurre e come sempre noto che non sono molto addobbate.
C'è solo un vecchio quadro strano dove viene  raffigurato una specie di castello con attorno un bosco. Non ho idea di dove si trovi quel posto, magari neanche esiste.
Probabilmente sarà lì dal medioevo.

Finalmente è arrivato il momento più bello della giornata. Senza esitare mi butto tra le coperte del mio letto.

Mmh buono, profumano di lavanda!

<<Astrid, mi raccomando vai a letto presto e non alle tre del mattino>> zia Serena entra nella stanza.

Ma non sa bussare?

<<Domani è sabato zia, non si va a scuola.>>

<<Ah! Santo paradiso ora mi perdo anche con i giorni, starò invecchiando. Oh povera me!>>
Fa un attimo la drammatica per poi riprendere il suo noioso discorso.
<<Beh comunque non mi interessa, vai a letto presto lo stesso!>> anche se vuole non riesce ad essere severa e decisa.

<<Si certo come vuoi. Buonanotte>> dopo aver sentito la porta chiudersi posso rilasciare un sospiro.

Tanto lei lo sa che faccio quello che voglio comunque...

Sperando che nessun'altro venga ad interrompere, mi metto il pigiama e mi stendo di nuovo sul letto. Incrocio le braccia e guardo verso il soffitto.

"Come va lupetta? Sei tutta sola come sempre?"

"I tuoi genitori non ti hanno insegnato le buone maniere?"

"Probabilmente un canguro avrebbe più sentimenti di te"

Le voci dei miei compagni mi rimbombano nella testa. Non perché mi siano rimaste impresse quelle frasi, non perché mi fanno male, ma semplicemente perché fa ridere.
Devono cercare in tutti modi di rovinare una persona ferendola nei sentimenti.
C'è un piccolo dettaglio però, probabilmente non lo capiranno mai.

Non mi importa niente...

Non mi importa delle brutte parole, loro non mi conoscono e mai mi conosceranno.
Sono solo un branco di imbecilli che cercano di farsi belli e simpatici agli occhi degli altri.
E a mio parere falliscono miseramente.

"Idioti" sussurro tra me e me.

Afferro la collana che ormai porto al collo da tredici anni e la guardo intensamente, proprio come faccio ogni sera.
È un regalo che mi fece mia madre.
Non ricordo molto, so solo che per lei era molto importante.

Proteggila a costo della vita...

Sono le uniche parole che ricordo perfettamente, risuonano nella mia testa da quando avevo cinque anni.
Si tratta di una piccola pietra azzurra avvolta dalla catenella.
Certo, è molto particolare e bella, ma non capisco come possa essere così importante.
Magari fa parte di un ricordo dei miei genitori.

"Vabbè" questa è una delle mie parole preferite. Ormai mi accompagna ovunque,
e sta per un bel chissene frega.

A mia sorpresa, poco dopo i miei occhi si socchiudono lentamente, strano perché di solito io e il sonno non andiamo molto d'accordo.

Come ogni sera, prima di addormentarmi, nella mia testa appare quel fiocco di neve.
Mi guarda con tutta la sua bellezza e sembra che mi sorrida.
Sorrido a mia volta, forse perché è l'unica cosa che mi faccia stare bene veramente.
Il perché non lo so, probabilmente non lo scoprirò mai, ma vabbè.

L'Ultima Gemma                                          Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora