Un palazzo entra in un caffè, splash!

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Tutti i bambini da piccoli sognano di fare i lavori più disparati: l'astronauta, il pittore, la scienziata, il pilota, il macchinista, la ballerina, il veterinario, il cantante, l'allenatore di delfini (non è vero, quello era il mio, di sogno) e perché no, anche il netturbino. MA, molto spesso, con il passare di anni e delusioni le prospettive si abbassano, e così anche quell'immaginazione che tanto caratterizza i marmocchi. Così si ci accontenta di diventare receptionist, addetto recupero crediti, agente assicurativo, commercialista o qualche tipo di manager.

Ma non Belinda.

Belinda sapeva già fin da piccola che un giorno sarebbe diventata qualcuno. Un rinomato avvocato, di quelli che si vede camminare velocemente nelle grandi città mentre urlano qualcosa al telefono contro un certo Kyle.

Ecco. Lei voleva essere quello. Combattere contro le ingiustizie e fare di tutto per aiutare le persone, tra un completo in giacca e cravatta ed un bicchiere di scotch.

Ma quel giorno era ancora lontano, così come era lontanissimo quel Bastardo. Con tutto il rispetto alle persone nate fuori dal matrimonio, quell'uomo era davvero il peggio del peggio. Belinda non riusciva a capacitarsi di come un tipo come lui, costantemente spiaggiato come una balenottera nel suo studio, riuscisse a camminare tanto veloce. Belinda non si considerava di certo una runner, e seguirlo come un cagnolino per tutto il dannato palazzo, con quei trampoli che si ritrovava ai piedi, era diventata una sfida alla sopravvivenza.

Sentiva il viso tirare e già immaginava la stempiatura alla veneranda età di 27 anni. Odiava tenere i capelli legati, e soprattutto odiava nasconderli per quella sottospecie di lavoro che si ritrovava a dover svolgere; con estrema difficoltà era riuscita a infilare in una gabbia di laccetti e gel la sua cascata di capelli rossi. Durante la sua permanenza tra quegli uffici arrivò alla conclusione che avrebbe odiato stare lì anche se avesse avuto il permesso di starci in pigiama.

I continui sguardi di sottecchi, celati o meno, da parte dei capi dazienda la rivoltavano, e seguire quell'insulso idiota era umiliante, oltre che sfiancante.

Ma quel giorno non si sarebbe fatta buttare giù.

Finalmente l'avrebbe fatto.

Aveva rimandato troppo a lungo quella data, e anche la sua pazienza aveva un limite. Già sentiva le catene che la trattenevano in quel covo di viscidi sessisti allentarsi.

E oggi si sarebbero spezzate.

Era pronta, prontissima.

Serviva solo un modo carino per dirlo. Abbastanza educato e professionale ma al tempo stesso chiaro e conciso.

Sarebbe stato un inferno dichiarare che avrebbe lasciato il lavoro per poi essere scongiurata di rimanere. Non che lei avesse ricevuto una medaglia d'oro come segretaria dell'anno, semplicemente era quella che era resistita per più tempo dentro quell'ospedale psichiatrico. Esattamente due mesi e otto giorni.

Perché i segretari si licenziavano subito?

Semplice: erano abbastanza intelligenti da capire che trovarsi sotto una costante pressione psicologica, a causa di un imbecille uscito da una storia erotica da due soldi che finge che la relazione degli sfortunati protagonisti non sia tossica non valeva assolutamente la pena.

Si diceva che una volta aveva fatto scoppiare a piangere un suo impiegato perché gli aveva portato il caffè con doppio zucchero, o di quella volta, quando una poveraccia si presentò in ritardo di tre minuti e non si erano mai sentiti tanti insulti in così poco tempo e a così tanti parenti.

Perché Belinda era ancora lì a soffrire?

Semplice anche questo: soldi.

Ma dopo tutto quel tempo passato a sopportare ogni capriccio del Bastardo ormai non gliene fregava più neanche di quelli. Che senso aveva avere uno stipendio buono se la tua salute mentale si era buttata dal balcone di quel palazzo?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 26, 2020 ⏰

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