𝒹𝒾𝒸𝒾𝑜𝓉𝓉𝑜 - lotta contro il tempo

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"Mi conosci meglio di come io conosca me stesso

Sembra non riesca a nasconderti nulla

Come riesci a toccare la mia anima dall'esterno?"

- pov, Ariana Grande

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Jimin, 24 maggio 2021

Il mio cuore si spezzava in così tanti piccoli, minuscoli pezzi ogni volta che lo guardavo. 

Cercavo di stare calmo, di trasmettere sicurezza ma non potevo fare a meno di stringere la mascella e digrignare i denti continuando a cercare di fermare i singhiozzi che rischiavano di uscire dalle mie labbra. 

Detestavo vederlo così; mi sentivo impotente, come se ogni mia azione fosse inutile. 

Percepivo un nodo gigantesco in gola, una lacrima calda farsi spazio sulla mia guancia mentre tenevo le labbra premute assieme. 

"Ti prego" singhiozzò tenendo le mani strette in due pugni, occhi serrati e labbro inferiore tra i denti. 

"Tae, devi calmarti" risposi io con voce fievole, sorprendendomi della mia forza di volontà mentre lo vedevo distruggere sé stesso davanti ai miei occhi. 

"Non ce la faccio" si portò una mano tremante ai capelli, guardando nella mia direzione con gli occhi così rossi che sembrava fossero intrisi nel sangue. 

Era più forte di lui, non riusciva a controllarlo. 

'Ti prego' continuava a ripetere come un mantra, seduto sui talloni con la testa ciondolante e gli occhi pesanti dall'acqua salata fissi sul piumino bianco. 

Scorsi delle piccole macchie più scure farsi spazio su di esso.

"Sì, che ce la fai. Facciamo poco a poco, mh?" mi avvicinai lentamente, sedendomi sul bordo del letto cauto e scorgendolo scuotere la testa energicamente cercando di allontanarsi terrorizzato.

Percepivo quasi vi fosse un oceano di distanza tra noi .

"Per favore, vattene. Lasciamoci. Vai via lontano da qua" disse nuovamente quelle parole singhiozzando, quelle parole che prendevano il mio cuore e lo facevano calpestare da miliardi di persone, schiacciare da un masso gigantesco, passare sopra da un treno ad alta velocità. 

Quelle parole che era ormai abituato a dire ogni volta che aveva una crisi. 

E giuravo che avrei voluto farlo smettere di dire cose del genere.

Ma non riusciva a fermarsi, investito dalle colpe che lo schiacciavano sotto il loro peso.

Attacchi di panico. 

Ed essi facevano trasparire le sue insicurezze, la sua convinzione mi sentissi costretto a stare con lui. 

Si sentiva miserabile, odiava essere guardato come lo stavo guardando io ora. 

Lo sapevo benissimo ma non mi sarei allontanato di un singolo millimetro. 

"No" dissi pacato ma convinto, guardandolo mentre mi mordevo il labbro inferiore e decidendo di restare immobile.

Era tutta una questione di tempo. 

Ma un vero e proprio incubo vederlo così. 

Alzai un dito avvicinandolo a lui, sorridendogli lentamente e scorgendolo tirare su con il naso e fare una smorfia piangendo a dirotto. 

Detective Park | 𝕜𝕥𝕙 𝕩 𝕡𝕛𝕞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora