Non è un ricatto

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«Haaaaarry! Svegliatiiiii!»

«Lasciami in pace» bofonchiai in tono a malapena udibile. Infastidito da tutto quel baccano.

I colpi alla porta si fecero più impazienti. E finalmente cominciai a svegliarmi.

«Haaarry!» urlò Ron, sulla porta. «Ti perderai la colazione!»

Mi alzai sul letto e mi stropicciai la faccia.

«Haarr-»

«Mi sto alzando!» urlai, per farlo tacere e Ron scoppiò a ridere.

«Senti, puoi farmi entrare in camera tua? Sto cominciando a sentirmi un idiota, tutti si fermano a guardarmi»

Le camere del dormitorio venivano sigillate dalla magia automaticamente ogni volta che chiudevi la porta.
E per aprirle, era necessario far riconoscere la propria bacchetta, che era stata registrata come chiave magica il primo giorno.

Mentre Ron parlava, ero riuscito ad infilarmi un paio di pantaloni e indicai distrattamente la porta con la bacchetta, mentre setacciavo il cassettone in cerca di una maglietta decente.

«Ah, grazie!» fece Ron, infilandosi dentro.

«Prima o poi, dovrò decidermi a fare un po' di shopping!» dissi, mentre mi infilavo l'unica maglietta della mia taglia rimasta, grigia e anonima.

Chiusi la cassettiera, mi voltai verso la porta e l'occhio mi cadde sulla scrivania all'altro angolo della stanza.

La lettera di Comet era ripiegata accanto alle pagine che avevo scritto la sera prima. Se Ron si fosse voltato, sarebbe riuscito tranquillamente a leggere qualche riga, prima che io potessi nascondere tutto.

Per fortuna, Ron era abituato al mio disordine e se ne stava appoggiato al mio letto, senza guardarsi intorno.

«Avrei voluto dormire di più ma, ieri sera, ho assicurato ad Hermione che non avevo bevuto poi così tanto... e che ci saremmo visti in mensa come al solito» disse, stringendosi nelle spalle.

«Allora andiamo!» dissi, precipitandomi davanti alla scrivania, con la scusa di tenergli aperta la porta.

Ron si stiracchiò, lentamente, facendomi innervosire.

Poi si accorse della mia espressione e si fermò a fissarmi.

«Hai dimenticato l'incantesimo post sbronza, vero?» mi chiese, incrociando le braccia al petto.

Deglutii a vuoto e Ron scosse la testa mentre si avviava fuori dalla mia stanza.

«Te l'ho insegnato solo due mesi fa! Quando Bill lo ha insegnato a me, non sono stato così scemo da dimenticarlo!»

Si fermò proprio sulla porta a frugare nella tasca della felpa, impedendomi di chiuderla.

Io fremevo d'agitazione, così lo spinsi fuori e uscii in fretta anch'io.

«Che ti prende?» disse, con la bacchetta a mezz'aria. «Lascia perdere,» aggiunse subito, «ora ci penso io»

Agitò la bacchetta un paio di volte e il senso di nausea e il mal di testa sparirono all'istante.
In realtà, fino ad un'attimo prima, avevo confuso quei sintomi con l'ondata di panico che mi aveva assalito.
Per fortuna, un po' per l'incantesimo di Ron, un po' perché camminavamo spediti fuori dai dormitori, cominciai a sentirmi meglio.

Quella mattina, il tavolo sette si riempì meno velocemente del solito. L'ultimo a presentarsi fu Blaise.

" Menomale che esiste la magia " pensai, quando lo vidi sedersi, senza alcuna aria sbattuta.

Tuo, HarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora