Lasciò che i baci più lunghi e teneri cedessero al posto a quelli più brevi e giocosi, facendo danzare il respiro suo e di Armin, lasciando che quell'unico raggio di luce lunare in grado di entrare nella sua camera facesse da luce, come se il letto di Eren fosse un palcoscenico e l'amore che unica i due ragazzi lo spettacolo da rappresentare.
E lo rappresentarono divinamente.Perché non ci volle molto prima che i baci del biondo divenissero bisognosi e intermezzati da lievi gemiti, mentre quello sguardo smeraldino lo riempiva di attenzioni, spogliandoselo nella mente.
Continuavano a tacere: le pupille dilatate - forse per il buio, forse per la lussuria - di entrambi bastavano a sussurrarsi tutto quel non detto che aleggiava sempre nel millimetro che separava le loro dita quando si sfioravano.Armin pareva aver acquisito una sicurezza nuova.
Prese la maglia di Eren e iniziò a giocherellare con il suo orlo, sbattendo le ciglia color dell'oro che avevano sempre fatto impazzire l'amante, implorandolo con lo sguardo di dargli anche solo un altro po' di contatto.E il moro non si fece problemi a soddisfarlo. Si levò la maglia grigia che indossava e prese a sbottonare la camicia candida del biondo, incespicando su ogni bottone, le mani tremanti e sudate ma non per questo meno vogliose di esplorare quel corpo fragile e minuto che voleva solo proteggere. Lasciò che fossero quelle dita morbide a guidarlo, dolci, pazienti; lasciò che fosse quell'attrazione incontrollabile controllata in qualche modo che nessuno dei due comprendeva, quelle briglie che non potevano tenere legato ancora a lungo il bisogno che avevano l'uno dell'altro, a spogliare il biondo, magro, accaldato Armin.
Poi Eren diede a lui l'opportunità di togliergli i vestiti, e il più basso lo fece piano, lasciando che i suoi occhi cerulei si appropriassero di ogni dettaglio del corpo appartenente all'amato: i muscoli accennati ma visibili coperti da una pelle tesa e abbronzata come miele, come se fosse il sole a prendersi cura di quel ragazzo ogni giorno; i capezzoli già turgidi sotto le sue mani inesperte, che riuscivano comunque ad apparire innocenti; le ossa che spuntavano dalla linea dei suoi fianchi, il suo inguine dalla curva dolce, la sua intimità che richiamava attenzioni a gran voce; i suoi occhi verdissimi che, nonostante il biondo fosse già nudo, continuavano a puntare sul suo viso angelico, piuttosto che sul suo fisico.
Il moro prese a baciare Armin ancora, disseminando il suo collo, le sue clavicole, le sue costole, le sue cosce di baci umidi e sensuali, facendo sbocciare piccoli fiori color porpora sulla sua pelle candida e mai accarezzata in quel modo prima.
Il biondo, di rimando, non smetteva di gemere piano, di assestarsi in modo che le dita di Eren plasmassero i suoi sogni d'argilla e il suo piacere di creta ancora meglio; lo guardava con gli occhi sgranati, lucidi come cristalli illuminati sotto la luce della luna, e Dio, se ad Eren faceva impazzire quell'espressione.L'inesperienza traspariva da entrambi: l'attenzione con cui studiavano ogni millimetro del corpo dell'altro; gli occhi grandi che scintillavano alla scoperta di questo o quel particolare, alla scoperta della sensazione di essere sfiorati da qualcuno che si ama; la prova di fiducia che si davano con quei tocchi incerti ma non per questo meno dolci; tutto lasciava intendere quanto fosse intenso quel momento, quanto fosse importante il legame che incatenava i loro sguardi l'uno all'altro.
Non ci volle molto prima che il moro sollevasse il biondo e gli facesse rivolgere la schiena sottile verso di sé, raccontandogli il suo amore verso di lui, promettendogli che sarebbe stato delicato, che poteva farlo smettere in ogni momento; Armin, tuttavia, non lo stava a sentire, troppo preso a godersi il momento con quanti più sensi riuscisse a chiamare a raccolta, con gli occhi chiusi e le labbra semiaperte che lasciavano scorrere mugolii di piacere come se fossero l'acqua di un ruscello.
Nonostante cercassero di controllarsi, i gemiti non mancarono. Eren era eccitato, sì, ma euforico più di ogni altra cosa; si lasciava trascinare dal momento e le sue spinte erano imprecise, e forse troppo intense per il corpo fragile del biondino, il quale si lamentò a lungo dal dolore che l'altro, involontariamente, gli causava.
Il moro sentiva i muscoli delle sue gambe che si contraevano senza sosta mentre il bacino assestava stoccate - talvolta forse un po' eccessive e maldestre - contro i fianchi sottili di Armin, che, nel frattempo, gli stava regalando una sinfonia di lamenti in grado di dargli l'energia per mantenere quel ritmo lento ma sostenuto che stava portando tutti e due in paradiso senza bisogno di affrontare la questione dell'essere un fantasma, la soglia, la paura di perdersi l'un l'altro appena dopo essersi trovati, tutto era stato soppiantato dai loro ansiti rapidi e dai loro gemiti soffocati nelle labbra dell'amato.
Eren era concentrato completamente sul ragazzo sotto di lui: gli baciava il collo con avidità, affamato di quella pelle color del latte, assetato di quegli occhi color del mare; gli mordeva delicatamente la spalla, marchiandolo; accarezzava ogni millimetro del suo torace e delle sue gambe, vezzeggiando la sua eccitazione e i punti che lo facevano sussultare. Armin era l'unico pensiero nella sua mente, e aveva intenzione di continuare ad approfondire quei baci peccaminosi ignorandone il sapore dolce-amaro, facendo finta di non sentirne il retrogusto doloroso e lasciando quel lato a un altro momento.
Poco gli importava del futuro, e ancor meno del passato: tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era il respiro affannato del biondo, le sue guance umide di lacrime che gli asciugò con il pollice, il modo in cui veniva incontro alle sue spinte, il modo in cui chiamava il suo nome - talvolta era un mormorìo dolce, due sillabe fatte scivolare dalle labbra come una preghiera; talvolta, invece, era urlato disperatamente, una ricerca di qualcosa di più, un qualcosa che il minore non provava nemmeno a quantificare, con la mente accecata dal momento.
Continuarono quella loro danza intensa e illuminata da nient'altro che un fascio di luce argentea fino a raggiungerne il culmine, dopo non molto tempo dall'inizio di essa. Mentre la luna si mostrava nella sua interezza candida, brillante quanto un faro, il suo chiarore lattiginoso rendeva visibile il nettare dello stesso colore che sporcava Eren ed Armin, Armin ed Eren.
Si riposarono, finalmente, giacendo con il ventre rivolto verso il cielo e le mani intrecciate strettamente, come nel timore reciproco che l'amato svanisse dalle proprie braccia.
- Fly me to the Moon,
and let me play among the stars...
Oh, let me see what spring is like on
Jupiter and Mars... - mormorò Eren, canticchiando una vecchia canzone.
- In other words, hold my hand...
In other words, baby, kiss me. - continuò Armin.
- La conosci? - chiese il moro incredulo.
- Certo! Kaye Ballard, ah, lei la adoravo. -
- Kaye chi? Non è di Frank Sinatra? -
- Quella è una cover, l'originale è uscita nel '54. Qualche mese prima che... Che io... -I suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime come specchi rotti.
- Ssh, sssh, non c'è bisogno che me ne parli. - si affrettò a confortarlo il moro, posandogli un bacio sulla fronte ancora leggermente sudata. - Va bene così. Stiamo bene così. Noi... -
- Io ti amo, Eren Jaeger. -┌──────── -ˋˏ ∵✉︎∴ ˎˊ- ────────┐
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ecco qui un capitolo bonus per natale! non è lunghissimo e non è neanche scritto proprio in modo wow, però volevo cimentarmi in qualcosa di diverso. spero che vi sia piaciuto, e vi faccio i miei più sinceri auguri di buon natale se lo festeggiate!
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𝚁𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚊𝚖𝚒; eremin (completa)
FanficEren Jaeger non era un cattivo ragazzo. Era solo il tipo di ragazzo che non avrebbe mai potuto resistere alla tentazione di tuffarsi in un paio di iridi azzurre. Rank: #1 in #yaoistory