Ricordami

543 54 162
                                    

I suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime come specchi rotti.
- Ssh, sssh, non c'è bisogno che me ne parli. - si affrettò a confortarlo il moro, posandogli un bacio sulla fronte ancora leggermente sudata. - Va bene così. Stiamo bene così. Noi... -
- Io ti amo, Eren Jaeger. -

Probabilmente in quel momento quelle iridi che sembravano aver rubato il cuore alla foresta sarebbero dovute riempirsi di confusione, illuminarsi di sorpresa come se quest'ultima fosse un raggio di sole che filtra dalle foglie, ma non fu così.
Probabilmente Eren avrebbe dovuto balbettare, soffocarsi nelle sue stesse parole, essere incapace di esprimerle e incapace di esprimersi, ma non fu così.
Probabilmente avrebbe dovuto domandarsi se fosse tutto a posto, chiedersi se fosse troppo presto — e forse anche arrivare alla conclusione che lo era — ma non fu così.

Il moro sapeva esattamente come comportarsi: era come se fosse il suo cuore solo a muovere quel corpo che camminava sul filo tra la stanchezza e l'euforia, tra il dolce e l'amaro, tra la speranza di trovare un modo di dare un lieto fine a quella situazione orribile e la consapevolezza sempre più insistente che un lieto fine, dopo tutto, non era possibile.

Eren fece unire le sue labbra a quelle dell'amato, lasciando che il calore dei suoi sentimenti lo invadesse.
- Anch'io ti amo. Anch'io ti amo, Armin Arlert. -
Avrebbe voluto concedergli una dichiarazione più drammatica, più degna di ciò che quegli occhi cerulei e cristallini come acqua gli facevano provare, più degna dell'amore che incendiava il petto suo e del biondo, ma non ne era capace, o forse scelse semplicemente di dirlo nel modo più semplice possibile, naturale come il loro legame, spontaneo come i baci che gli regalava.

Era semplice, era tutto così semplice, e drammatico allo stesso tempo: le parole giungevano ad Eren con naturalezza insieme alle note delle sue canzoni, così come amare Armin era la cosa più facile e giusta che avesse mai provato.
Non l'aveva chiesto lui, certo, ma era diventato un'assuefazione dolcissima.

Amare Armin era come risvegliarsi ogni giorno ed annusare il profumo dei gelsomini: un'esperienza quasi ultraterrena, con quell'odore dolce che inondava le narici e il cuore del moro e gli faceva vedere il mondo a colori di nuovo, ma sotto una luce diversa, più gentile, più speranzosa, affascinata da tutto ciò che incontrava.
Ma i gelsomini sono splendidi ed effimeri, forse splendidi proprio perché sono effimeri, ed Eren sapeva bene che la pelle chiara che aveva baciato per tutta la notte — e che avrebbe voluto continuare ad amare finché ne avesse avuto la forza — era destinata a sfiorire come quei petali candidi e soffici.

Aveva le lacrime agli occhi quando spense la luce e accolse Armin tra le sue braccia. L'euforia del tocco elettrico tra i loro corpi era esaurita, e il retrogusto amaro che Eren aveva cercato di ignorare si faceva strada ormai nella sua bocca, ora che non era più congiunta a quella del ragazzo.

Tuttavia, non aveva smesso di sperare.
Forse è troppo presto, si diceva.
Non è ancora il grande amore che desiderava, abbiamo ancora tempo, ne abbiamo, ne abbiamo — continuava a ripetersi nella mente, ossessivo come un internato nel manicomio.
Non può certo bastargli qualche bacio e una notte, no?

Armin si voltò verso di lui, con gli occhi di cielo appena illuminati dalla luce argentea della luna, e gli sorrise.
- Buonanotte, Eren. - gli disse, la tristezza che traspariva da quelle iridi marine — la tempesta era svanita, ora restava la bonaccia, quella quiete antica e quasi spaventosa che il moro forse non avrebbe più voluto rivedere.
- E... Grazie. -

Il cuore del più alto rifiutava di accettare quella conclusione. Non voleva dormire, non voleva concedersi alle braccia del sonno; voleva restare sveglio, assicurarsi che quella chioma bionda restasse poggiata sul suo petto invaso dal dolore.
- Buonanotte... Buonanotte, Armin, buonanotte. -
Glielo augurò tra le lacrime, quel riposo, sperando che si limitasse alla notte, sperando di essere forte abbastanza da vegliare sul suo amore, sul loro amore.

Ma Eren era stanco, era così stanco. Fu il suo corpo, a tradirlo, chiudendogli gli occhi e consegnando le sue membra a Morfeo ammaliatore, obbligandolo a un sonno che mai come in quel momento avrebbe voluto ripudiare.

E, cullato dai respiri ormai calmi del moro, Armin riuscì finalmente a prendere la mano ossuta della triste ombra velata di nero che lo aveva accompagnato tanto a lungo. Strinse quelle dita, così fredde in confronto al calore di Eren, posò un ultimo bacio sulle labbra del ragazzo, e si lasciò accompagnare nel luogo che aveva ambito così disperatamente prima di scoprire quegli occhi di smeraldo splendidi e impossibili.
Svanì, a poco a poco, così come sfioriscono i gelsomini con l'arrivo del grigio ottobre, spezzando lentamente il cuore del moro.

E quando Eren si risvegliò, si risvegliò solo.
Carla gli disse che aveva visto il suo amico andarsene di buon mattino, ma lui sapeva la verità, sapeva cos'era successo, sapeva quanto era stato stupido a sperare in qualcosa di impossibile, a innamorarsi di un dannato fantasma con così tanta fretta di morire.

Soffrì, Eren. Soffrì come la sabbia soffre quando non è accarezzata dal mare, soffrì come soffre la terra privata della pioggia, come soffre la pianta del gelsomino privata dei suoi delicati fiori sotto il gelo autunnale.
E poi, piano piano, dimenticò.

Iniziò dimenticando la sensazione di quelle dita fredde sulle sue, il modo delicato in cui lo avevano sfiorato quella notte e quel giorno e tutti i giorni precedenti.
Poi fu il turno della sua voce, che sbiadì come il ricordo di un fiore una volta che si è seccato, e poi del suo corpo, del suo viso.

Alla fine, nella memoria di Eren, non restò nient'altro che un nome, e l'ombra cerulea di quelle iridi fatte d'oceano.

Aveva un suono meraviglioso, quella sinfonia di sillabe, Armin Arlert. Il modo in cui la "a" faceva aprire la sua bocca, in cui la "r" rombava di una passione focosa ma dormiente, in cui la "m" lo portava dolcemente ad accarezzarsi le labbra da solo, in cui la "i" trillava di allegria e la "n" era un'ombra malinconica alla fine; quel nome che non svaniva era diventato un ricordo prezioso e custodito con gelosia.

E quegli occhi, oh, quegli occhi. Facevano impallidire ogni oceano ed ogni cielo con quel blu schietto, intenso, che coccolava la mente del moro a metà tra il conscio e l'incoscio, con quel ricordo che non riusciva ad afferrare divenuto ormai una costante nei suoi sogni, nei suoi pensieri.

Lentamente, tutto tornò com'era prima che i suoi occhi verdissimi conoscessero Armin: le sue giornate tornarono ad essere grigie, e lui tornò ad essere Eren Jaeger, non un cattivo ragazzo, il cui mix di insonnia e scarso interesse per lo studio, il lavoro, il futuro gli impedivano di eccellere; la cui vita era senza infamia e senza lode, costellata da una noia dolorosa e amara e onnipresente.

Compì diciassette anni, poi diciotto, venti, ventiquattro, ventisette.
Sposò una ragazza simpatica a sua madre, una certa Historia Reiss che veniva a scuola con lui e che il padre aveva obbligato a un matrimonio allontanandola dalla sua fidanzata.

Al giovane non faceva né caldo, né freddo, quella ragazza: il loro matrimonio era solo un "accontentarsi" mirato ad alleggerire l'amarezza della vita in cui erano capitati.
Ma lui la apprezzava, la apprezzava davvero, nonostante non la amasse. C'era qualcosa, nel blu degli occhi di Historia Reiss, nel biondo dei capelli di Historia Reiss, che ricordava ad Eren l'ombra di un amore mai del tutto dimenticato. E gli bastava a rallegrarsi.

Ma nonostante la loro storia non fosse destino, nonostante il loro amore fosse sfiorito come i gelsomini, nonostante fosse diventato una spiaggia privata del mare, Eren non smise mai di ricordare gli occhi fatti di mare e fatti di cielo che erano appartenuti ad Armin Arlert.
Nonostante non lo ricordasse più, Eren non smise mai di amare Armin Arlert.

┌──────── -ˋˏ ∵✉︎∴ ˎˊ- ────────┐
»» spazio autrice ««
e anche questa ff si è conclusa! mi dispiace, mi dispiace, MI DISPIACE di averla fatta così, però era l'unico modo di finirla... non soffrite troppo per favore, vi voglio bene ♡♡
grazie di aver letto questa storiella, spero davvero che vi sia piaciuta! a presto biscottini, a molto presto!!!
└──────── -ˋˏ ∵✉︎∴ ˎˊ- ────────┘

𝚁𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚊𝚖𝚒; eremin (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora