Ricordami il cammino

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- La mia non è una crisi d'identità adolescenziale, Eren, io sono un fantasma! -

La realizzazione aveva colpito la foresta negli occhi di Eren proprio come uno tsunami: potente, distruttiva, impietosa eppure tremendamente naturale, appartenente in modo così ovvio a quegli occhi cerulei da cui tante volte aveva desiderato poter bere.
Tutto aveva acquistato senso, una volta che il moro era riuscito a comprendere la realtà cruda e tutt'altro che misericordiosa dei fatti riguardo Armin: il suo parlare all'antica, le sue buone maniere, i suoi vestiti tipici che non si era mai cambiato nell'arco di tempo per cui si erano conosciuti, la pelle fredda, i sogni in cui lo vedeva, tutto, tutto aveva senso.

E ad Eren aveva fatto male. Gli aveva fatto male e non smetteva di farlo.
Gli faceva male, quella consapevolezza appena trovata del dolore che appesantiva il cuore del ragazzo biondo di cui si era innamorato follemente; il terrore della morte, di essere dimenticato; quello scopo che ancora lo teneva ancorato al mondo terreno, impedendogli di riposare; il bisogno che avvertiva di fare qualcosa che combatteva apertamente la necessità di stargli accanto, di stringere le sue mani gelide ma morbide.

E un po', Eren si odiava, per il semplice fatto di non essere stato in grado di proteggere Armin e impedirgli di morire in una stanza gelida tra tosse e sangue e polvere, come gli aveva raccontato.
E si odiava per non essersene accorto prima, del fatto che il motivo per cui le sue dita sembravano accarezzare l'aria quando sfioravano la pelle di lui era perché quella sensazione non era altro che la realtà.
E più di tutto, si odiava perché era egoista, e voleva restare al fianco del biondo, anche se ciò significava impedirgli di oltrepassare la soglia - come gli aveva detto che si chiamava - e di raggiungere finalmente la pace; lo voleva con sé, anche a costo di farlo soffrire.

E si odiava perché il suo cuore proprio non ne voleva sapere di lasciar andare Armin, per quanto la sua mente fosse disperata nell'urlargli quanto pessima fosse la decisione di legarsi sempre più strettamente a lui.

Perché Eren lo sapeva quale fosse l'unico modo per liberare il biondo, era stato quest'ultimo a dirglielo: - Un fantasma è qualcuno che ha dei rimpianti. Un fantasma è qualcuno che è morto senza avere la possibilità di realizzare il suo sogno più grande, la sua aspirazione più importante, anche se segreta, anche se irrealizzabile. Io... Io sono morto senza mai vivere una storia d'amore. -

- Oh. - era tutto ciò che il moro era stato in grado di dirgli.
- Ho sempre desiderato vivere una storia d'amore come quelle che si leggono nei libri, lo sai? - aveva continuato Armin, una luce nei suoi occhi che via via si accendeva, che iniziava a splendere come un faro in mezzo al mare. - Uno di quegli amori impossibili, irrealizzabili, tanto grandi da non sembrare veri, da non poter essere spiegati a parole; uno di quegli amori che trascendono tutto e tutti, di quelli che ti tolgono il respiro, oppure te lo danno, se stai baciando le labbra della persona che ami. -

- Uno di quegli amori che sembrano dare fuoco al tuo cuore, riscaldandoti tutto, facendoti dolere ma anche provare un piacere che non riesci nemmeno a quantificare; uno di quegli amori che ti fanno odiare ogni millimetro che separa il tuo animo da quella persona, quella persona la quale senti il bisogno di avere vicina, quella persona che si sostituisce alla tua fame e alla tua sete e al tuo sonno. -

- Uno di quegli amori dove vuoi che ogni tuo respiro sia una canzone dedicata al tuo amato, e se non è così ti sembra che non abbiano senso i tuoi ansiti notturni, le ore che passi ad immaginare di stringerlo vicino a te, di sentire il tuo cuore che sta accanto al tuo, che batte per il tuo tanto quanto il tuo batte per esso, rapido e incessante e spaventosamente bisognoso. - aveva spiegato Armin, le labbra aperte che lasciavano uscire quella su voce melodiosa, tanto entusiasta di poter parlare con qualcuno da voler essere accompagnata da ampi gesti con le braccia e da un largo, sincero sorriso.

Ad Eren sembrava di aver dimenticato ogni parola che avesse mai conosciuto; ogni cosa gli pareva estranea e quasi ostile tranne gli occhi di Armin, fatti di cielo e fatti di mare, che scintillavano alla luce della luna.
Carla dormiva nella stanza accanto, serena, felice che suo figlio avesse portato finalmente a casa un amico, seppur senza anticipo; Mikasa era a casa di Sasha, un'amica sua e del fratello.

In casa Jaeger era il silenzio reverenziale che la notte portava con sé a dominare.
I due ragazzi avevano mangiato in compagnia della madre del moro, intenta a tessere le lodi di quest'ultimo approfittando delle poche parole che i due ragazzi sembravano disposti a pronunciare, preferendo lasciare che i mignoli delle loro mani si cercassero a vicenda per annodarsi insieme.

Seduto sul letto, di fronte ad Armin, Eren aveva riflettuto. Ed era arrivato alla conclusione che nonostante fosse vivo, era stato un fantasma molto, molto a lungo. Lo era stato dalla morte del padre, prima che arrivasse quella chioma bionda a sconvolgergli la vita. Era diventato come una di quelle persone svuotate completamente della loro personalità, rese involucri vacui di un dolore troppo grande per lasciare spazio ad altro, incapaci di sperare, di desiderare, di ambire a fare qualcosa di diverso dal sopravvivere.
Perché Armin era morto, certo, ma il suo sogno continuava a vivere, a mantenerlo ancorato a quel mondo pieno di orrore in cui si ritrovava a vivere, mentre per lui era stato l'opposto: era stato il suo sogno a morire, ma lui era ancora in vita.
Sono i sogni a tenere in vita le persone, si era detto Eren.

E si era chiesto quanti giorni avesse sprecato a vivere da fantasma, quante albe e tramonti aveva lasciato passare, quante date importanti avevano perso il loro significato per la sua apatia e mancanza di aspettativa nei loro confronti. Si era chiesto se volesse davvero continuare ad essere un fantasma vivo e vegeto, e si era detto di no. Si era chiesto se era consapevole della sofferenza che ciò che stava per fare gli avrebbe causato, e si era detto di sì.

Era per quel motivo per cui si trovava, in quel momento, seduto sul letto di fronte alle iridi azzurrissime di Armin.
Inspirò a lungo, riempiendosi d'aria i polmoni, e si immerse nel fondale profondo, bellissimo quanto letale, di quegli occhi blu. Baciò il biondo una volta, poi due, tre, cento, mille.

Lasciò che i baci più lunghi e teneri cedessero al posto a quelli più brevi e giocosi, facendo danzare il respiro suo e di Armin, lasciando che quell'unico raggio di luce lunare in grado di entrare nella sua camera facesse da luce, come se il letto di Eren fosse un palcoscenico e l'amore che unica i due ragazzi lo spettacolo da rappresentare.

E lo rappresentarono divinamente.

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ebbene sì, non contenta delle oneshot di natale, non contenta delle mille cose che dovrei studiare, eccomi qui con il nuovo capitolo della eremin!
pubblicherò il prossimo oggi o domani, anche perché in realtà dovevano essere uno solo, ma avendo in programma... ehm, fuoco e scintille - per così dire - per quello dopo, ho preferito tenerli separati, così che se a qualcuno dovesse dare fastidio lo può saltare in tranquillità 💕
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𝚁𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚊𝚖𝚒; eremin (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora