L'angelo che cerca di tornare da Dio

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Dopo qualche ora di telefonata con mia madre mi ritrovavo a prendere le mie cose in tutta fretta e correre fuori del mio appartamento, messo ancora a soqquadro, sopra i Franklin Wilkins. Correvo verso la stazione Barbican per prendere la Metropolitan Line e, passando accanto al Museum of London, ricordo di aver fatto un bel dito medio a quegli stronzi dei Wilson che mi avevano letteralmente rovinato la vita. Era l'ora di punta e la stazione era piena di pendolari, vestiti di tutto punto, con le loro valigette in mano che correvano a destra e a sinistra per prendere una delle metro che andavano e venivano ogni due secondi. Un dejavu mi aveva colto di sorpresa facendomi ricordare il me di qualche tempo prima che era esattamente uguale a loro. Un uomo serio, preciso e coscienzioso che pensava soltanto al lavoro ed ai soldi.

Riesco all'ultimo a salire sul convoglio che si chiude dietro le mie spalle. Ero rimasto in piedi fino alla fermata di Wembley Park dove la metro veniva svuotata lasciandomi anche il raro privilegio di scegliere il posto dove sedermi. Il convoglio aveva continuato a sferragliare per quasi due ore mentre il paesaggio correva sul finestrino. Era da anni ed anni che non facevo quel tragitto e solo in quel momento ero riuscito a ricordare le gite fatte a Londra di quando ero piccolo con i miei genitori. Ero un bambino curioso e spensierato che amava osservare ed incamerare poi tutto nella testa. La cosa che mi affascinava di più studiare nelle persone, ed ancora oggi è così, era guardare come camminavano: gente che buttava i piedi come capitavano, gente che non sbagliava un passo, gente che incrociava il piede destro o quello sinistro. Si possono capire tante cose dal modo di camminare di una persona ed io amavo immaginarmi le vite di questa gente, che per caso incontravo per strada, in base al loro passo. Poteva sembrare ridicolo per un bambino di sette anni, ma sono sempre stato un tipo abbastanza strano che se ne fregava dei giudizi dei miei coetanei.

Sono poi sceso dalla metro a Chesham, una cittadina in periferia di Londra, dove non c'era letteralmente nessuno. Mi ero seduto su una delle squallide panchine presenti buttando il borsone per terra e focalizzandomi su un punto fisso, non mi accorgendomi neanche del tempo che passava. Un signore che era sceso assieme a me mi guardava stranito, come se fossi pazzo, ed in tutta fretta si era dileguato controllando ripetutamente l'orologio come un mantra che gli donava sicurezza. Ho sempre pensato che le persone che dessero attenzioni solo al lavoro fossero leggermente fuori di testa. D'altronde anche io ero così.

Ad un certo punto avevo alzato la testa ed avevo visto una ragazza bellissima scendere con calma le scale della metro. A guardarla bene sembrava che fosse la prima volta in assoluto che mettesse piede in quel posto così degradato, senza accorgersi neanche dello squallore. Ricordo che era ben concentrata a guardare dove metteva i piedi. Soltanto la sua presenza poteva regalare a quel posto un poco di dignità. Il vestitino estivo azzurro che indossava le svolazzava al vento assieme ai capelli sciolti e quando era arrivata in fondo alle scale aveva alzato involontariamente (credo) gli occhi verso di me. I capelli rossi le incorniciavano un volto pulito che mostrava due occhi azzurro cielo come il suo vestito. Si era diretta verso l'unica banchina dell'unica linea della metro che passava di lì e si era messa ad aspettare impazientemente facendo oscillare il peso da una gamba all'altra. I capelli mossi le erano andati davanti al viso e lei prontamente se li era sistemati dietro le orecchie con una manina esile, lasciando intravedere un sorriso stampato sul volto.
In quel momento me la ero già immaginata in centro a Londra che camminava per Birdcage Walk mentre mangiava un gelato e sorreggeva qualche borsa di vestiti comprati da Harrods con delle amiche. Camminava spensierata e felice con quel suo vestitino azzurro mentre il gelato le colava un po' da un lato ed i suoi occhi meravigliati si posavano ovunque.

Mi ero poi destato dai miei pensieri grazie allo sferragliare della metro che stava per arrivare e così avevo deciso di andarmene. Mi ero appena alzato dalla panchina e poi era successo tutto in una frazione di secondo. Avevo visto la ragazza che si avvicinava pericolosamente al binario vacillando sul bordo della banchina. Non avevo esitato neanche un secondo e d'istinto mi ero messo a correre nella sua direzione mentre lei stava cadendo all'indietro con un sorriso enigmatico stampato in quel suo bel viso. Il clacson della metro aveva suonato provocando un rumore assordante ed io all'ultimo secondo ero riuscito ad afferrarla per un braccio. L'avevo attirata a me mentre il convoglio le scompigliava i capelli cominciando a frenare. Il sorriso sul volto della ragazza era scomparso ed al suo posto stavano scendendo lacrime calde che mi bagnavano la camicia. Ricordo di averla stretta forte a me mentre le accarezzavo i capelli ripetendo a bassa voce che andava tutto bene. In quel momento mi era parso come di riuscire ad assorbire tutti i suoi sentimenti confusi e riuscire a capirla in qualche strano modo a me sconosciuto. Avevamo la mente nello stesso stato: confusa e smarrita che cercava disperatamente aiuto. Mi ero poi reso conto che la ragazza non era in qualche modo inciampata ma aveva provato a farla finita. L'avevo guardata negli occhi e le avevo chiesto solo una cosa: perché. Mentre la portavo fuori con calma da quella maledetta stazione, l'unica informazione che ero riuscito ad ottenere era il suo nome: Cloe. Quando eravamo fuori all'aria aperta lei mi aveva guardato dritto negli occhi e mi aveva ringraziato mentre scompariva nel traffico cittadino con un sorriso malinconico su quel bel volto.
Ricordo che mi era rimasto impresso il fatto che quella ragazza perfetta aveva voluto dire addio alla sua vita, che quell'angelo in qualche modo voleva tornare da Dio.
Mi ero poi diretto verso la fermata dell'autobus che portava a Swan Bottom, con un vuoto indecifrabile dentro: non riuscivo proprio a capacitarmi del perché di questo gesto così estremo.

Cloe, la ragazza di carta pesta.

Cloe, la ragazza di carta pesta

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