L'effetto contrario

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Mi svegliai con una brezza leggera sul viso accorgendomi solo dopo qualche secondo della finestra aperta. Le tendine color salvia svolazzavano rivelando il bellissimo paesaggio della verde campagna irlandese. Ricordo che mi era venuta un'improvvisa voglia di disegnare, di catturare quel momento. Mi guardai attorno in cerca di Amelie ma lei non c'era. Un brivido mi attraversò la spina dorsale facendomi alzare dal letto di fortuna dove avevo dormito. Mi affacciai alla finestra e vidi sotto di me solo verdi campi, il che mi regalò un improvviso sollievo.

"Bello il paesaggio vero?"

Mi girai e vidi Amelie entrare in camera già vestita e pronta per la nostra piccola missione. Andai nel piccolo bagno della stanza, mi cambiai e la seguii al piano inferiore della locanda dove sedemmo ad uno dei tavoli vuoti bevendo caffè e mangiando un'ottima Irish chocolate cake. La bionda tirò fuori dalla borsa delle carte, delle foto e le dispose sul tavolo controllando continuamente se arrivasse qualcuno.

"Per entrare indisturbati al Centro dobbiamo passare per la porta del personale, rubare dei camici per le pulizie e girare per i corridoi come nulla fosse. Entriamo nella camera di Aliah, recuperiamo la scatola e la mettiamo dentro un sacco della spazzatura. Non dovrebbe essere una cosa difficile dobbiamo solo non farci notare"
"Dove le hai trovate queste mappe? E queste foto?"
"Un investigatore non rivela mai le sue fonti"
"Sono mappe davvero dettagliate non si trovano sul web"
"Dobbiamo muoverci, il cambio del personale per le pulizie è esattamente tra venti minuti"

In fretta e furia Amelie rimise tutto in borsa, lasciò dei soldi sul tavolo e si fiondò in macchina aspettandomi con fare apparentemente impassibile mentre però picchiettava nervosamente le unghie sul cruscotto. Mi infilai nel sedile passeggero dell'abitacolo e, durante la strada, ripercorsi con gli occhi l'orizzonte dei campi color speranza cercando di trovare un briciolo di tranquillità che mi aveva abbandonato da quella mattina.

A circa 200m dal cancello principale del centro Amelie accostò e fermò la macchina al limitare di un boschetto. Scese e si diresse verso la seconda entrata del centro dedicata al personale. Io la seguii a ruota senza dire una parola per i troppi pensieri che mi vorticavano nella testa mentre l'ansia iniziava a farsi sentire. Non avevo mai fatto una cosa così prima d'ora ed avevo paura di fare qualche passo falso. Stando dietro ad Amelie ad un tratto sentii delle gocce fredde scendermi lungo la schiena ed imperlarmi la fronte. Presi un fazzoletto e me la asciugai cercando di non far notare il mio stato d'animo alla bionda che continuava imperterrita la sua marcia verso il vecchio centro. La testa cominciava a pulsare e la vistani stava abbandonando un po' alla volta. Arrancai verso verso di lei che era già riuscita ad entrare nella porticina sul retro, mi appoggiai al muro e mi sedetti con la testa fra le mani in preda ad un malore che mai avevo provato prima. Il corridoio cominciò a girare e vorticare senza sosta e mi parve di essere sulle montagne russe. Feci del mio meglio per trattenere il vomito nel mio stomaco reprimendo i conati e tenendo chiusi gli occhi.

"Respira profondamente e cerca di focalizzarti sul restare sveglio. Non addormentarti per nessuna ragione al mondo, mi hai capita? Tieni la testa alta e gli occhi aperti. Non è questo il momento per avere paura, se non te la senti di venire nasconditi dentro quella stanza e restaci fino al mio arrivo. Non posso permettermi dei passi falsi, questa è la nostra unica occasione"

Mi portò dentro un angusto stanzino pieno di scope ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Nel giro di qualche secondo mi ritrovai solo con uno dei mal di testa più forti che avevo mai provato e completamente al buio. Mi sentivo il cuore nella testa da quanto pulsava e non accennava a fermarsi. Il sudore freddo continuava a scendermi a rigagnoli lungo la schiena ed in qualche secondo diventò tutto ancora più buio di quanto non lo fosse già prima.

Mi ritrovai seduto nel mezzo dei campi dietro la locanda, però sta volta erano una distesa di erba che non finiva mai. Una voce alle mie spalle mi chiamò ed io mi girai. Davanti a me c'era Aliah con lo stesso vestito di quel maledetto giorno alla metro, con lo stesso innocuo sorriso. All'inizio mi guardava distrattamente ma poi aveva cominciato a correre nella direzione opposta alla mia. Mi ero alzato cercando di andarle dietro, lei però correva più veloce voltandosi verso di me e sorridendomi. Il panico cominciò a salirmi, non potevo perderla di nuovo.

Passarono dei minuti o forse delle ore fino a quando non sentii delle voci ovattate di sottofondo. Sembravano preoccupate e continuavano a chiamarmi. Provavo a dire qualcosa ma dalla mia bocca non usciva alcun suono ed i miei occhi non volevano saperne di aprirsi. Delle persone mi presero e mi portarono fuori da quello stanzino facendomi stendere all'aperto. La luce del giorno mi fece riaprire gli occhi accorgendomi così di essere circondato da persone tutte vestite di bianco che mi fissavano. Cercai di alzarmi ma ero ancora troppo debole e questo mi provocò altri giramenti di testa che mi fecero di nuovo svenire.

Mi risvegliai disteso in un letto all'interno di una vecchia stanza tutta bianca e con un led puntato direttamente sulla faccia. I miei occhi fecero fatica ad abituarsi a tutta quella luce ed a poco a poco riuscii a mettere a fuoco la persona seduta sulla poltrona all'angolo della stanza.

"Era ora che ti svegliassi"

"Era ora che ti svegliassi"

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La ragazza di carta pestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora