Capitolo 7

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«Non francesi. I leoni. »
Quelle parole continuavano a risuonare nella mente della Principessa.
Se ne stava lì, seduta su uno sgabello in legno, il mento sorretto dal braccio, appoggiato sulla guancia, gli occhi stanchi e la testa pesante.
Martina si voltò verso il bambino, che si era da poco addormentato.
La sua fronte era sudata, la pelle rossiccia, il corpo immobile.
La Principessa si sporse in avanti e gli accarezzò il viso.

Alexandre aveva lasciato il Bureau per sostenere suo padre durante una riunione importante con i nobili e gli ambasciatori, alla fine della quale aveva pianificato con la sorella di spostare in una camera più accogliente ed equipaggiata il fanciullo, per velocizzarne la ripresa, sperando che potesse aiutarli a ricostruire quanto accaduto.

«Alexandre?» sussurrò una voce debole, battendo le nocche contro la porta.
Martina si risvegliò dai suoi pensieri, si sollevò in piedi allarmata.
Ruotò il suo corpo verso quello del fanciullo, poi nuovamente verso la porta.
La voce era familiare, ma così lieve da essere irriconoscibile.

«Alexandre» insistette.

Martina con falcate pronte si diresse verso la porta e ne aprì uno spiraglio, appena per intravedere chi si trovasse sul corridoio.

«Martina!» esclamò Claude sorpresa, riconoscendo la Principessa.
Sbatté le palpebre velocemente e schiuse le labbra.

«Claude, cerchi Alexandre?» Martina sgattaiolò fuori dalla stanza e socchiuse la porta alle sue spalle.
Il fatto di non aver riconosciuto subito la voce della sua dama, nonché grande amica da anni, la lasciò stupita.
Subito ipotizzò a cosa sarebbe potuto succedere se, al posto di Claude, ci fosse stato qualcun altro a cercare il Principe.

«Sì, volevo chiedergli se ti avesse vista.» si giustificò rapidamente la giovane.

«Mio fratello è con mio padre.»
Calò il silenzio. Martina percepiva che Claude stesse pensando a qualcosa, e temeva che fosse proprio riguardo a ciò che la Principessa stava facendo, sola, mentre l'intero castello era in subbuglio.
«In cosa posso aiutarti?» continuò poi.

« Avevo bisogno.. » Claude esitò, spostò lo sguardo via da quello della Principessa, ma, nel farlo, notò qualcosa che la lasciò senza parole. « Ti sei tagliata? » chiese afferrando il velocità, ma con delicatezza, la mano della sua amica, sporca di sangue.

« Io.. » Martina cercò per un secondo una giustificazione plausibile.
Avrebbe potuto inventare qualsiasi cosa.
Purtroppo, però, in quel momento era stanca : stanca di mentire, stanca di provare ansia, stanca di occultare la verità e, mentre Claude si protraeva verso di lei, preoccupata, la Principessa la trascinò con se' all'interno del Bureau.

Claude era la dama più affezionata a Martina. Proveniva dalla famiglia de Montaigne, nobili di Bordeaux.
Sua madre Clarine, era cresciuta a Corte e, non appena aveva saputo che la Regina aveva dato alla luce una bambina, aveva cercato di assicurare a sua figlia un posto tra le dame della Principessa.
Ma Claude, per Martina, non era solo una dama.
L'intesa tra le due giovani era folgorante.
Sin da bambine, avevano imparato a scambiarsi pensieri e confidenze con uno sguardo, darsi conforto con una carezza, rassicurarsi con un sorriso.
Erano due fanciulle dal carattere forte, temprato, intelligenti ed astute, ma anche con una delicata sensibilità ed estrema gentilezza.
Claude sapeva tutto di Martina, anche se quest'ultima non poteva dire lo stesso della dama. Infatti, nonostante la somiglianza caratteriale tra le due, c'era una differenza sostanziale: la vita di Claude dipendeva da quella della Principessa, che era il suo primo pensiero, ma Martina, prima di pensare alle sue dame, aveva altre infinite priorità a pesarle sulle spalle.
Questo era motivo di sofferenza per la figlia dei sovrani di Francia e Scozia.
Era nata già donna, coperta di doveri e responsabilità.
Pochi istanti di leggerezza, difficili da godersi.
Si sentiva come se tutto ruotasse intorno a lei e, nel momento in cui voltava le spalle verso qualcosa per guardare ad altro, perdeva dei tasselli importanti di molte altre situazioni.
Aveva sempre invidiato la gioia e spensieratezza con cui le sue dame vivevano i banchetti a Corte, sedute le une accanto alle altre, a ridacchiare e fare conoscenza, a danzare e scambiarsi confidenze. Martina, invece, sedeva al tavolo con i suoi genitori, parlava con adulti, sentiva discorsi sulla politica, su progetti espansionistici e racconti di paesi lontani, storie a cui mancava un po' di sana leggerezza. E, alla fine delle cerimonie, quando poteva raggiungere le sue amiche, loro ironizzavano e ricordavano con occhi sognanti i momenti vissuti durante la serata, escludendola involontariamente.

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