Con quelle parole che infuocate invadevano i miei timpani iniziai ad allontanarmi da quel posto, mi avvicendai subito all'esterno e vidi che il tramonto era prossimo. Proseguii con passo affrettato e uscii dalla piazza seguitando a scorgere alcune zone d'ombra che gli angoli per loro natura creano. Mi impressionai alquanto nel rammentare le frasi del conducente, così mi levai in un antro di delirio solamente pari a un efferato incubo. Non riesco a descrivere cosa vidi in quel posto, ma un marcio e agrodolce puzzo si abbarbicò in quei luoghi appestando la città. Il sole affievolendosi creava fra le nubi un innaturale e triste presagio che in pochi hanno osato ammirare.
Mi indussi quindi a pensare che le strade non sarebbero rimaste sicure ancora per molto. Fu a quel punto che cercai un riparo sopra il tetto di una vecchia casa. In un istante quel purpureo colore che invade il cielo al tramonto era arrivato, lo scuro che con famelica fame inghiottiva ogni cavità nutriva la mia angoscia senza redini. Quando mi arrampicai sul tetto perlustrai le strade che ora mi apparivano come neri corridoi, moltitudini dopo moltitudini vivificavano la città al ritmo di un onirico carme che mi sembrava di intuire nell'etere. Dubitai della mia vista quando più tardi scorsi qualcosa fra quei tetri corridoi. Sordidi graffigni e abominevoli rantoli che solo una qualche ironica divinità avrebbe potuto, forse per sollazzo, creare; una sterminata orda di creature brulicava funesta in quel triviale orizzonte, la luce delle stelle svelava a tratti lo scintillio di ossa lise e consunte da millenni di sfacelo ininterrotto.
Mi allontanai con forza da quell'oscuro baratro che mi apparve troppo improbabile per esser vero, ogni molecola del mio corpo annegava folle nell'apprensione. Fu in quel momento che un improvviso silenzio invase ogni cosa. Cosa credetti di vedere? Non sono certo, dunque mi limiterò a scrivere cosa sono sicuro di aver pensato di vedere... Anche ora che i ricordi un po' si appannano. Rammento che nell'angolo più buio del tetto un vortice simile a un buco nero si aprì e percepii come di una voce: «Allan, mio...? Cosa cerchi lì fuori? Non disperarti per il mio destino; l'incendio! Non è stata colpa tua... ero solo quella notte e avevo paura... in un attimo le fiamme si sono propagate e io; non ho fatto in tempo a uscire... mi sono assopito... ho vagato in una sorta di limbo per molto tempo, finché un giorno, ma non so che giorno, mi sono ritrovato in questo strano luogo che inghiotte le anime. Ho scelto di non andare nel blu per poter vegliare sui tuoi passi... Voglio che tu fugga via da qui e il più in fretta possibile... i custodi stanno per arrivare... li riconoscerai non appena li vedrai per il loro terribile aspetto. Schiacceranno e divoreranno qualsiasi cosa vi si pari davanti, sentono la paura dell'uomo e ne sono ghiotti... io li chiamo i mangiatori di buio».
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Fu quella notte che morii dentro! «Darren... Darren?» Invano urlai contro quel vortice. Mi contorsi dal dolore come non mai, finché qualcosa di spaventoso rispose al mio richiamo. Dal vuoto sbraitante di quella dimensione una figura simile a un sacrilego sacerdote si faceva spazio in un turbinio di sangue e membra flagellate, le sue gambe sprovviste di piedi si poggiavano sulle ossa con agili movimenti sul terreno, che simile a una palude si stagliava infinita dietro di lui. Mi avvicinai solo un istante per ispezionare quel mondo, quel poco che bastò a sfiorarne la superfice. Il mio medaglione di onice si infuocò di un verde esanime e ustionò brutalmente la mia pelle.
Quel mondo era perverso e scellerato, alcune creature senza bocca mi sorvegliavano dai baratri più nascosti, il custode che avevo imparato a riconoscere si avvicinava con tracotanza, flagellando e scuoiando ogni essere sul suo cammino. Lo scenario apocalittico durò poco, poiché la pietra che portavo al collo, per espansione radiale, chiuse il portale in un lampo assordante. Fu in quel modo che compresi il potere della pietra che il dott. Morton mi aveva mandato. Forse era fatta della stessa sostanza di cui erano fatti gli esseri di luce, quelle stesse entità che costituivano la parte blu del nostro universo. Potevo usarla come uno scudo? Ma per quanto tempo? Dopo quelle riflessioni sentii un senso di protezione, forse lo spirito di Darren e di William mi proteggevano da chissà quale dove.
Fu con quel senso di protezione o forse di follia che mi scagliai sulla strada, deciso a fuggire da quella città il cui nome non ho più osato pronunciare. Ricordo i serrati passi che feci in mezzo a quelle creature nauseabonde, quel digrignare continuo che non ho più dimenticato, quell'affannoso strascico che solo un essere inesorabile può emettere... Procedevo sulla Salem Ave, adesso empia e satura di abomini squarcianti; i corpi emanavano un graveolente odore di eternità e la strada, sudicia di luridi rimasugli di pelle, si mostrava ormai breve al capolinea.
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Ero ritornato all'ingresso e gli esseri erano notevolmente diminuiti, come se fossero circoscritti da un confine indelebile che li intrappolava. Un grande vortice nero aveva rappreso il posto di un vecchio lago che avevo visto a pochi passi da me. Era un portale, stava risucchiando i resti muti della città, mi costrinsi a chiuderlo. Mi avvicinai con la pietra quando sentii un rumore alle mie spalle, ma solo il vento mi schernì. Quando mi rigirai verso il vortice troppo tardi mi accorsi che qualcosa stringeva orrendamente il mio braccio. Scossi bruscamente tutto il mio essere per allontanarmi, ma invano, il vortice mi bramava e la pietra sembrava affievolita. Fu così che mi ritrovai all'interno di un'irrealtà che mi confuse oltremodo.
Era tutto calmo e sereno! Il cielo scorreva limpido e la città appariva viva, colma di vita. Così, spaurito, mi intromisi nuovamente al suo interno, la gente passeggiava e il sole brillava vago all'orizzonte. Il mio animo era felice, camminavo ligio e inorgoglito... vi ero riuscito, avevo fermato tutto... anche la pietra al mio collo era esaurita, vuota e bianca. Finalmente volli pensare solo a me, volli specchiarmi come per adularmi e scorger l'uomo che aveva salvato il mondo dall'eterna dannazione; mi riflessi sulla vetrata immacolata di una chiesa eh...
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L'uomo senza Anima
HorrorMi chiamo Allan Morris, non ho mai osato raccontare questa storia; quanto ho appuntato in questo mio libro di memorie potrebbe avere serie ripercussioni sul mondo, spero che questi miei appunti non vengano mai resi pubblici. Forse è la visione di un...