Quando finalmente entrai in città rimasi per un istante a osservarla, era una piccola cittadina come tante qui in America, l'aria cupa e pesante si infittiva a ogni passo, un ossessivo silenzio regnava nell'aria e un indaco e demonico cielo osservava ogni mio respiro come da un altrove. Da lì scorsi un sentiero e mi incamminai verso la città, era solinga, le porte serrate e malridotte si avvicendavano in una moltitudine tombale. Nessun chiacchiericcio si udiva dai sobborghi e quei prati marcescenti avevano un che di insalubre e maleodorante, come investiti da una qualche malattia stagionale. Inoltrandomi attraverso una delle vie centrali, credo la Salem Ave, incontrai sulla sinistra una chiesa dalle facciate a mattoni di un rosso smunto ed esangue o almeno così credetti di vedere; una bianca e pronunciata torre consunta di forma piramidale padroneggiava proprio sopra il tetto a spiovente.
All'ingresso vi era una scalinata e proprio al di sopra del corposo portone si scorgeva una frase, un'imbrattatura di tipo ecclesiastico recava un infido messaggio che così appuntai:
Riconobbi immediatamente quel linguaggio, gli scritti di William ne erano pieni. Sentivo di avvicinarmi sempre di più alla verità o a quella che credevo esser tale. Con calma apparente continuai a camminare, la città sembrava deserta, come se gli abitanti fossero stati evacuati o inghiottiti chissà in quale baratro misterioso. Dalla posizione delle cose dedussi che tutto era accaduto in poco tempo e cogliendo gli abitanti visibilmente impreparati.
Mentre ero assorto in questi dialoghi interiori, un rantolo innominabile arrivò alle mie orecchie. Proveniva da una piccola stradina che si intersecava alla Salem Ave, mi avvicinai con avvedutezza e intravidi dapprima una pozza di un rosso tenebra il cui fluido saturava copiosamente il terreno, poi alzando gli occhi ormai increduli, vidi quello che sembrava essere un uomo cosparso da una polvere che avevo già esaminato quando mi indussi a studiare gli appunti del Dott. Morton. Era appeso a delle travi di legno, gli occhi erano stati recisi e una delle travi trafiggeva dal basso lo sterno Lo spettacolo era viscido e ripugnante, mi costrinsi a smettere di perlustrare i dettagli per cercare di non perdere il senno e abbandonarmi così ad atti di follia.
Fuggii immediatamente da quello scenario per ritornare sulla Salem Ave, iniziai a camminare con passo spedito poiché mi accorsi che la giornata si protraeva all'imbrunire. Cercavo frettolosamente un posto per passare la notte o qualcuno che potesse darmi spiegazioni su quello che stava accadendo. Arrivai nella piazza principale e mi accorsi che un posto chiamato Dreamer's ball house era al suo interno illuminato. Per un attimo risollevai il peso del mio umore e alla vista di quel posto vivificante ebbi speranza. Senza alcuna esitazione mi incamminai cercando di non dar peso alle mie inconsulte intuizioni logiche.
Prima di entrare mi girai un istante per prendere atto dell'eremo grigio che assopiva la piazza, la malsana solitudine del luogo mi sbigottiva oltremodo. Entrai così senza troppe fatiche mentali all'interno di quella che sembrava essere una locanda, i pochi deteriorati banchi sulla destra erano vuoti a eccezione dell'ultimo, sui quali sedeva un uomo con il busto giacente sul tavolo. Riconobbi i vestiti che rassembravano essere gli stessi indossati dal conducente della mia sventurata carrozza. L'uomo appariva disorientato e i cambiamenti fisici che avevo notato durante il viaggio non erano solamente delle mie distorsioni visive, qualcosa era cambiato.
Mi avvicinai lentamente fino a che abbastanza vicino lo riconobbi pienamente. «Restate dove siete», disse l'uomo rompendo quell'aura di eterno silenzio che mi aveva accompagnato in quell'infausto peregrinare, ero in qualche modo confortato nel rivederlo anche se il mio gaudio durò poco. «Siete arrivato finalmente, forse... vi stavo aspettando, questa terra non ci appartiene; le anime nere sanno che siete qui. A loro voi non piacete signore eh ehg...» Quelle parole rimbombarono nell'aria, la sua voce non sembrava essere la sola a parlare, qualcosa nuotava insana dentro di lui, come se un'altra anima corrotta fosse atta a cibarsi in qualche modo del suo interno.
«Di cosa state parlando? Spiegatemi dunque cosa accade in questi luoghi! Ho visto infernali esseri che con forma umana si dimenano in un baratro di irreale follia, ho scrutato ombre all'interno della stessa tenebra che ho fatica a riconoscere di essere ancora sano di mente. Vi prego ditemi...». Quel delirante discorso non smosse l'incongruo sguardo del conducente, che continuò a guardami con un maniacale quanto farneticante sorriso. «Non avete ancora capito? Quello che vedete nell'ombra è vivo e vuole la vostra anima!
Dacché l'uomo esiste egli ha sempre avuto paura di essa, poiché è la chiave di una dimensione che respira, desidera, pulsa. Questo luogo è caduto; il dottor William mi disse di non ritornare più in questa città perché lui aveva capito cosa stava accadendo, diceva che quel mondo voleva inghiottire quest'altro ed è qui infatti che tutto è iniziato!» Rimasi perplesso e insistetti: «mah, conoscete William? È iniziato? Cosa è iniziato?» Mi sbigottii alquanto nel sentire le sue parole, così con fare cauto mi sedetti lentamente al suo cospetto. «Tutto ebbe iniziò con l'eclissi lunare. Quel giorno tutta la città fu avvolta da una folta coltre di ombre e oscurità, la gente cominciò a comportarsi stranamente, farneticava follie impossibili, ben presto le strade brulicarono di efferati omicidi dove il sangue fu solo un macabro contorno, la gente seguitò a mangiarsi da sola... I corpi iniziarono a distorcersi in un modo orribile, come se un qualche demonico tipo di trasformazione li stesse mutando; poco dopo vidi che quei recipienti umani scomparvero attraverso gli angoli più bui della città, come se riuscissero a oltrepassare il vuoto, come se la loro anima fosse corrotta da un ammorbante spirito che ne imprigionava il corpo. Furono loro, i custodi della morte».
Inorridito da quel truce racconto mi accorsi che lentamente le sue parole si facero sempre più pesanti, sillabava lentamente finché smise definitivamente di parlare abbassando lo sguardo come un moribondo esalante il suo ultimo sussulto di vita. Mi alzai rapidamente poiché una lordura nera e viscida iniziò a sgorgare dalla sua bocca, appariva quasi animata e invase gradualmente tutta la superfice del tavolo. Il corpo del conducente sembrava stropicciarsi internamente in modo raccapricciante, brandelli di carne si staccavano facilmente, come quel che resta della pelle di un cadavere in decomposizione; con le sue ultime parole rimembro che disse: «fuggi finché la luce ti protegge... non aspettare che la notte sopraggiunga... vaaahg... loro torneranno...»
STAI LEGGENDO
L'uomo senza Anima
HororMi chiamo Allan Morris, non ho mai osato raccontare questa storia; quanto ho appuntato in questo mio libro di memorie potrebbe avere serie ripercussioni sul mondo, spero che questi miei appunti non vengano mai resi pubblici. Forse è la visione di un...