Mi convinsi a tradurre gli scritti; qualcosa febbricitava nella mia mente e il sapere che avevo appreso si depositò dentro di me come un pericoloso veleno.
Oltre a questo schema alfabetico che il dottore aveva decifrato da alcuni ritrovamenti a Newcastle nel West Virginia, mi accorsi che gli scritti erano intrisi di una qualche polvere che mi indussi a esaminare. Si trattava di materiali comuni presenti nei meteoriti del nostro universo, sostanze asteroidali ed estranee al nostro pianeta. Ne fui totalmente sconvolto. Chiunque avesse toccato quelle pagine era stato a contatto con una dimensione o una verità perturbante; malevoli energie che ignote si dibattevano chissà in quale antro dimenticato.
Fra gli scritti vi era una mappa del West Virginia, alcune diciture che più tardi avrei decifrato erano scritte di fretta e con un tratto insicuro. Da lì a poco i miei pensieri furono più chiari, dovevo seguire le tracce di William, in questo modo avrei iniziato a dare senso a tutto quello che stava accadendo. Intento a interpretare le diciture sulla mappa ebbi la sensazione di essere in qualche modo spiato, forse in me si era insinuata la stessa sensazione di panico che avevo avuto là fuori. Con circospezione iniziai a ispezionare il buio sereno della mia casa. Tutto sembrava in ordine. Il caminetto tiepido era dolce nel suo dormir proprio, i pavimenti brillavano di quel tenue scintillio notturno; solo un anfratto tuttavia non riuscivo a definire per la sfavorevole posizione in cui si trovava, il giardino. Pensieroso e visibilmente smarrito attraversai il salotto e mi recai alla finestra vicino al piano, fu lì che stramazzai il mio sguardo fuori nel giardino.
Il nero cupo regnava, qualche tuono in lontananza schiariva il tutto per qualche istante, mentre io con occhio impassibile ispezionavo ogni anfratto come alla ricerca di qualcosa. In un momento di acuta disinvoltura borbottai: «truce oggi è il cielo! Riesco a percepirlo solo perché so che è sopra di me. Non mi è permesso sapere cos'altro ci sia qui fuori, in un possibile parallelismo dimensionale che non riesco a percepire... Ho un senso di pungente orrore nell'osservare il nulla che non ho da riposar gli occhi».
Qui ad Atlantic City la natura mi è sempre sembrata strana, dal colore degli alberi al suono del vento. Lo avevo sempre percepito, ma scelsi comunque un'abitazione al centro di tutto questo; quella che era meraviglia ora pian piano si stava trasformando in un raccapricciante senso delle cose. Dovevo partire verso Newcastle, tutti gli indizi si arrampicavano verso quella città, non potevo più indugiare oltre; la mia mente era propensa nel mostrarmi una nuova e degenerante visione. Fu per questo che mi scostai drasticamente dalla finestra e mi diressi verso la camera da letto, proprio lì, dove i miei amati quadri insieme a quello del mio amato Darren vegliavano diuturnamente sul mio riposo.
Erano passati decenni o forse più da quando avevo ricostruito questa casa, dopo quel drammatico incendio in cui Darren morì niente fu più lo stesso; vagavo corroso e inficiato da qualsivoglia sentimento l'essere umano possa provare. Quella notte mi incupii molto, mi ero disteso per qualche istante a pensare al da farsi, l'indomani sarei dovuto partire con la prima carrozza e affrontare il viaggio. La mia casa riposava serena nel vento notturno della campagna e i miei occhi si fecero man mano sempre più pesanti, mi girai verso la grande finestra che dava sul retro della casa e sbirciai la luna, come un gigantesco occhio illuminava delicatamente gli alberi. Avevo socchiuso gli occhi solo un'istante, quando qualcosa simile a un fischio svegliò le mie carni.
Fu lì che intravidi fra gli alberi uno scintillio. Sforzai i miei occhi fino a vedere come un sogghigno immerso in quella tenebra, pazzamente rideva e sbeffeggiante si muoveva, anche se non potevo ben identificarne il corpo riuscii a seguire vividamente l'immagine di quel sarcastico sorriso, che con movimenti inumani passeggiava nel buio sudario notturno. Quella tremenda aberrazione mi terrificò gelidamente, mi paralizzai in posizione fetale e al limite della sopportazione umana i miei muscoli si irrigidirono, nelle mie orecchie riecheggiava quel fischio abnorme per un tempo che non riesco a definire, il mio cuore si sforzò come quello di una macchina a vapore intenta nel più pesante dei trasporti. Allora piansi fino a che improvvisamente la stanchezza mi condusse a una profonda catarsi.
Albeggia, il torpore della notte e l'angoscia delle sue immagini mi avevano indebolito e svilito, fu con quell'animo che mi alzai. Trepidante cominciai a raccogliere tutte le mie cose, radunai le mie ricerche, alcuni vestiti e mi precipitai alla porta; con il giorno ogni male sembrava non esistere. L'aria che pungente mi investiva pareva saper di buono... Mi risollevai d'umore e senza indugio mi fermai ad aspettare la carrozza che da lì a poco sarebbe arrivata. «Siete voi Allan Morris?», urlò bruscamente il conducente della carrozza. «Si, per Newcastle? Eccomi».
Fra le mie cartacce riposi pure una piccola cartina con la posizione che avrei dovuto raggiungere.
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L'uomo senza Anima
رعبMi chiamo Allan Morris, non ho mai osato raccontare questa storia; quanto ho appuntato in questo mio libro di memorie potrebbe avere serie ripercussioni sul mondo, spero che questi miei appunti non vengano mai resi pubblici. Forse è la visione di un...