18° CAPITOLO

446 50 26
                                    

Il mio cuore si fermò.

E adesso chi diamine era? Ma soprattutto, cosa voleva da me?

Chiunque fosse stata quella persona doveva assolutamente andarsene, lasciarmi in pace, non doveva nemmeno provare ad avvicinarsi.

Cercai in tutti i modi di placare il mio pianto e di calmarmi, ma maggiori erano i tentativi più mi agitavo. Ero in totale crisi, e sinceramente non riuscivo nemmeno a trovare il modo di uscirne.

Chiunque fosse stato quell'individuo non avrebbe dovuto vedermi in questo stato, e tanto meno andarlo a raccontare in giro.

Poi sentii l'intruso fare un passo verso di me. Dovevo assolutamente capire di chi si trattasse. Mi feci forza e alzai lo sguardo dal lavandino, portandolo poi verso lo specchio e, con il viso ancora pieno di lacrime e sangue, vidi la persona dietro di me. I miei occhi incrociarono i suoi nocciola attraverso lo specchio, e il suo sguardo fu attraversato da sorpresa e shock. Ma io non riuscivo nemmeno a provare stupore nell'averlo lì, dietro di me, perché in quel momento il dolore sovrastava qualsiasi tipo di emozione.

"Samantha?!" esclamò Liam, affrettandosi verso di me. Io riportai lo sguardo verso il lavandino, continuando a piangere. Non lo volevo qui, non volevo che mi vedesse nel mio stato più vulnerabile e fragile.

Quando mi fu accanto, mi mise una mano sulla schiena e mi spostò alcuni capelli dal viso. Cosa aveva intenzione di fare? Non volevo l'aiuto di nessuno, tanto meno il suo.

"Oh mio dio, Sam... cosa ti è successo?" mi domandò lui in modo dolce, ma allo stesso tempo con una vena di preoccupazione in gola. L'aveva rifatto, mi aveva nuovamente chiamata con il mio diminutivo, sembrava che lo facesse sempre nei momenti in cui sapeva che le mie barriere erano crollate, che lo scudo che creavo per proteggermi da questo posto si era frantumato.

"V-vattene." riuscii solamente a dirgli, tremando e tenendomi ancora salda ai bordi del lavandino. L'acqua continuava a scorrere imperterrita, come il sangue dal mio naso e le lacrime dai miei occhi, e la guancia continuava tremendamente a bruciarmi.

"Mio Dio, non essere stupida, Sam. Lascia che ti aiuti, stai perfino sanguinando." continuó lui, accarezzandomi la schiena e spostando altre ciocche di capelli dal mio viso. Non sapevo perché si stesse preoccupando così tanto per me, io non mi meritavo nulla, e sinceramente la sua compassione era l'ultima cosa che volevo.

"T-ti ho detto di andartene!" alzai la voce, cercando di cacciarlo. Non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.

Lui, un po' sorpreso, fece un passo lontano da me, ma sentii il suo sguardo rimanere imperterrito sul mio corpo, bruciare sulla mia pelle.

Lui voleva solo aiutarmi e forse mi stavo comportando troppo duramente nei suoi confronti, ma me la sarei cavata da sola, dovevo riuscirci, dopotutto lo avevo sempre fatto.

"No, non ti lascio sola." rispose lui in modo deciso, avvicinandosi di nuovo a me. Testardo era e sempre lo sarebbe rimasto.

A quell'affermazione, sentii per una frazione di secondo una strana sensazione che mi invase il cuore. Non se ne sarebbe andato.

Poggiò una mano sul fondo della mia schiena e iniziò a scansare tutti i miei capelli da davanti, mettendoli dietro sulle spalle con fare delicato. Non provai nemmeno a ribellarmi, sinceramente non ne avevo le forze, e le sue dita che passavano in mezzo ai miei capelli era una sensazione incredibilmente rilassante, ma che non bastò comunque a placare la mia crisi.

Poi portò le mani sotto l'acqua corrente del lavandino e iniziò a ad accarezzarmi con delicatezza il viso, cercando di spazzare via un po' di quel sangue rosso e appiccicoso. Sussultai non appena il suo palmo sfiorò la mia guancia ferita, lui lo notò e ritrasse subito la mano.

Nightmare.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora