14° CAPITOLO

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Martedì, 5 gennaio 1982

"Cavallo in F3." dissi io, muovendo una pedina nera sul tabellone degli scacchi.

Christie, dopo la mia mossa, mi guardò in modo di sfida, come se fosse certa di poter vincere a breve. Cazzate, nessuno riusciva a battermi negli scacchi.

"Pedone in E3." annunciò lei, facendo la sua mossa. Rimasi sorpresa dalla sua strategia, dovevo ammettere che fosse una ragazzina intelligente e scaltra, e non potevo non essere fiera di lei per questo.

Christie, in momenti come questi, era l'unica persona che riusciva a far comparire un piccolo sorriso sul mio volto, era l'unica che mi ascoltava veramente senza alcun pregiudizio, senza alcuna interruzione. Mi ascoltava e basta, mi lasciava sfogare e liberarmi da ogni paranoia e preoccupazione. Forse a volte potevo sembrare estremamente pesante, ma a lei non sembrava importare e continuava solo ad ascoltarmi. Non mi interessava il fatto che fosse più piccola, aveva quella capacità di comprensione nei miei confronti che nessun altro riusciva ad avere; a volte sembrava riuscisse a capirmi molto più profondamente di quanto un adulto avrebbe mai potuto fare.

E lei mi prendeva come esempio, giusto o sbagliato che fosse, lei mi vedeva come un modello di persona ideale da seguire. Ma io sapevo quanto questa cosa potesse essere nociva per lei, io non ero affatto una persona positiva e non volevo assolutamente che lei diventasse come me, desideravo solo che potesse crescere come una ragazza migliore di quel che ero io.

Eravamo un po' come le pedine degli scacchi: lei quelle bianche, io quelle nere. Lei era così pura e dolce; io così "sporca" e priva di vita. E prima o poi avremmo finito per scontrarci, perché il bianco ed il nero non possono andare d'accordo, prima o poi l'uno inghiottisce l'altro. Il risultato? Sempre e comunque grigio, quello di cui ero vittima prima di ricoprirmi del nero più totale. Il grigio è tristezza, profondo dolore e sconfitta; il nero è anche peggio. Ed è quasi sempre impossibile fare marcia indietro e tornare ad essere bianco.

Era per questo che non volevo che lei si sporcasse di nero, perché lei era speciale e non avrei permesso che l'oblio l'avvolgesse. Forse il mio compito era proprio questo, impedirle di diventare come me. Lei avrebbe dovuto fare lo scacco matto, non io. Lei doveva vincere contro il mio nero per non distruggere il suo bianco.

"E così prima mi hai detto che Liam ti ha baciata sulla guancia..." disse poi lei, mentre continuammo a giocare. Mi guardava con un sorrisetto curioso, come se stessimo spettegolando di qualche interessante storia amorosa. No, era tutto tranne che questo.

"Sì, una cosa del genere. Ha sfiorato l'angolo della mia bocca, ma possiamo evitare di parlarne? Ti prego." risposi, supplicandola di cambiare argomento. Lei era l'unica persona a cui avevo raccontato di quello che era successo nel corridoio delle docce con Liam, ma non per questo doveva tirare fuori di nuovo il discorso.

"Okay, okay." acconsentì, muovendo un'altra delle sue pedine.

Questa partita sembrava infinita, sul tabellone si alternavano in continuazione mosse e contromosse e sembrava che nessuna delle due riuscisse a fare 'scacco matto', non per il momento.

"Secondo me è in qualche modo interessato a te." se ne uscì fuori Christie, riprendendo il discorso. Quanto era testarda?

Io la guardai come se mi stesse prendendo in giro. Davvero, non poteva essere seria.

"Non credo proprio. Lo ha fatto solamente perché è un emerito cretino a cui piace prendersi gioco di me. Si crede in potere di fare qualsiasi cosa, quando sono solo due settimane che si trova qui. E inoltre, a quanto pare lui ha messo gli occhi su Camille." le risposi prontamente io, lasciando perdere per un attimo gli scacchi. Christie non sembrava affatto convinta delle mie parole, ed io mi voltai a sinistra verso la porta a vetri che dava sul cortile esterno, cercando con lo sguardo Liam e tutti gli altri quasi come a voler confermare la mia teoria.

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