5° CAPITOLO

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Le successive ore di lavoro erano state le più stressanti di tutta la mia vita. Gli occhi assassini di Zayn, puntati in continuazione su di me e Liam, mi facevano contorcere tutto lo stomaco e riuscivo a malapena concentrarmi. Né io né Liam avevamo più azzardato ad aprire bocca, ma Zayn ci fissava in continuazione, in speranza di vedere qualcosa, come se volesse trovare per forza il pretesto per punirci.

Ero stata una fottuta stupida, una fottutissima deficente, non avrei dovuto stare ad ascoltare ciò che Liam aveva da dirmi, e tanto meno rispondergli. Dopotutto mi aveva avvertito che avrebbe portato guai, ed ora ci credevo più che mai. Se prima non ero convinta a volergli stare alla larga, ora lo ero profondamente. Non ci avrebbe portato da nessuna parte avere un qualsiasi rapporto con lui, o per lo meno non a me.

La cosa peggiore era che, ormai, Zayn non sarebbe passato tanto facilmente sopra a ciò che era successo, avrebbe continuato a sorvegliarci, lo sapevo. Le sue avvertenze non si riferivano solo a quelle ore di lavoro, ma a tutto il resto del tempo in cui lui sarebbe stato nella nostra stessa stanza. Come se non avessi già troppe complicazioni.

In qualche modo avrei dovuto trovare una qualsiasi soluzione per riuscire a riavere la fiducia di Zayn, ma non sarebbe stato di certo facile. Non si potevano fare passi falsi con lui, proprio lui che era la persona più legata di tutte con la direttrice. E la cosa peggiore era farselo come nemico, perché automaticamente saresti diventato un nemico di sua madre.

Perché dovevo cacciarmi sempre nei guai? E qui ritornava alla perfezione il discorso di Liam riguardo il significato del mio nome: ero sempre in cerca di guai, ma non lo facevo di certo intenzionalmente. Odiavo che lui avesse ragione, ma dopotutto sembrava che tutti mi conoscessero meglio di quanto non lo facessi io, perfino uno sconosciuto come lui.

Scossi la testa, cercando di eliminare questi pensieri contorti, continuando a camminare accanto ad Alexis. Per fortuna le ore di inferno di quella giornata erano finite, o per lo meno lo speravo, non avrei sopportato niente altro. Avrei voluto solamente tornarmene nella mia stanza e addormentarmi, dormire per dimenticarmi tutto, dormire per non svegliarmi mai più. Ma purtroppo la giornata era ancora piuttosto lunga e chissà cosa altro sarebbe successo.

Il corridoio che io e la mia amica stavamo percorrendo sembrava non finire più, anche perché l'aria era piena di tensione. Io tenevo lo sguardo basso, verso terra, e non mi ero azzardata ad aprire bocca. Stranamente neanche lei lo aveva fatto, forse perché non le sembravo in condizione per aver una conversazione civile. E aveva ragione, dopo gli avvenimenti di quella mattinata avevo i nervi a mille. Mi dispiaceva che gli altri non riuscissero a vedermi come una persona con cui potere parlare liberamente, ma forse era meglio così visto che ero di cattivo umore per la maggiore parte del tempo. Se solo fossero riusciti a capire come mi sentivo intrappolata in questo dannato posto, allora forse avrebbero capito il mio atteggiamento. Vivevamo la stessa situazione, ma intanto sembrava che ci fosse una qualche barriera che ci divideva in due diverse dimensioni.

"Scusa..." si azzardò a dire a voce bassa Alexis, mentre continuavamo a camminare. Io la guardai confusa.

"Scusa per cosa?" le domandai, riportando lo sguardo verso il pavimento.

"Per prima. Scusa per aver insistito tanto su quella cosa. Sapevo che era meglio non parlare." si spiegò lei, e sembrava mortificata per davvero. Non aveva fatto assolutamente nulla, e di certo non ero arrabbiata con lei. Ero io che ero stata una stupida a prolungare la mia "chiacchierata" (se così poteva essere definita) con Liam.

"Tranquilla, non preoccuparti, davvero. Non devi scusarti, ok?" la rassicurai, cercando di farle una specie di sorriso che molto probabilmente uscì fuori di più come una smorfia. Lei annui, ma non sembrò poi così convinta. Dicevo sul serio, davvero, ma in quel momento sorridere era l'ultima cosa che riuscissi a fare.

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