Capitolo 2- Lo Spazzolino Bomba

24 2 12
                                    

Correvo, avevo il fiato corto e il sudore mi colava dalle punte dei capelli.

Era notte fonda e la sola luce veniva dalla Luna che illuminava il sentiero che stavo percorrendo.

Di tanto in tanto superavo con un agile balzo le radici degli alberi che fuoriuscivano dal terreno ma dovevo stare attenta a non inciampare o mi avrebbe presa. Man mano aumentavo la velocità della mia corsa.

Ora che ci pensavo, mi trovavo nel mezzo di una foresta e qualcosa mi inseguiva.

Sentii un ringhio cupo e profondo provenire da pochi metri dietro di me che mi fece rizzare i capelli in testa. Il suolo tremava scosso dai lunghi, veloci e pesanti passi di qualcosa molto grosso e pauroso dietro di me. Però non potevo girarmi ad osservarlo o mi sarei distratta e avrei fatto una bella caduta.

Al traguardo mancava ancora troppo.

Non avevo scelta, dovevo uccidere il mostro o non ce l'avrei fatta.

Mi fermai a riprendere fiato e mi girai lentamente in direzione del mio inseguitore gigante. Estrassi la spada che avevo dietro la schiena, infilata nella mia cintura speciale. Mi misi in posizione e attesi ma non fu una sosta lunga, solo il tempo di riprendere fiato.

In meno di trenta secondi l'abnorme massa informe fu di fronte a me pronta a sbranarmi. Si bloccò anche lui e ci fissammo per qualche infinito attimo.

La paura era scemata. Adesso l'adrenalina mi scorreva nelle vene al posto del sangue.

Sentivo i piedi in fiamme per la corsa. I vestiti si erano appiccicati alla pelle. Il battito non accennava a rallentare.

Era il momento.

Come due lampi che si scontrano ci attaccammo nel medesimo istante.

E poi, mi svegliai.

Al risveglio la situazione non era tanto diversa: ero immersa in un groviglio di lenzuola e coperte impregnate di sudore, i capelli mi si erano attorcigliati perfino intorno al collo e al viso e i miei polmoni erano in procinto di scoppiare per lo sforzo.

Non era capitato nulla di speciale.

Avevo solo sognato un'altra volta la vita che avrei voluto vivere.

Ma era ovvio che fosse impossibile. Agili balzi? Spade nelle cinture speciali? Mostri che mi inseguivano?

Tutte assurdità, come avrebbe detto mio padre.

Cercai di liberarmi dal groviglio dei fili corvini che costituivano i miei capelli, una bella cascata di sottili filamenti che arrivava a toccarmi la pancia e che, insieme ad una frangetta, incorniciava un viso fin troppo pallido.

Finalmente mi accorsi che un po' di luce entrava già dalla finestra, avrei potuto iniziare a preparami per la scuola ed evitare di ritardare.

Allora allungai una mano verso il comodino alla mia destra e tastai il legno bianco alla ricerca dei miei occhialoni, stile Harry Potter ma più grandi. Li indossai e distinsi finalmente le figure sul mio soffitto.

C'è da dire che senza ho la stessa capacità di distinguere le forme pari a quella di Polifemo.

Osservai per qualche secondo l'ovale parallelo alla mia testa dipinto come la notte, sul quale erano state attaccate diverse stelle che andavano a formare la costellazione Libra, il resto del tetto era dipinto di azzurro con nuvolette bianche. Era stata un'idea di mia madre dipingere le costellazioni del proprio segno zodiacale, quindi anche i miei fratelli avevano un ovale sulle loro teste pieno di stelle. Mamma diceva che serviva a ricordarci chi siamo e dove possiamo arrivare.

A me sembrava solo un bel disegno, mi rilassava. Non mi ritenevo certo una di quelle ragazze capaci di toccare il cielo con un dito, non ero mica mia sorella Virgin. Non potevo riuscirci nella realtà.

Subito dopo, presi invece il mio cellulare e controllai l'ora: 6:04.

Beh, non era il massimo ma non sarei riuscita a riaddormentarmi lo stesso. Tanto valeva alzarsi.

Un po' controvoglia, scostai lenzuola e coperta dal mio corpo ancora col telefono in mano e subito sentii il freddo di Novembre farmi venire la pelle d'oca.

Mi misi seduta e poggiai i piedi nudi sul pavimento freddo non avendo delle ciabatte. Ecco qualcosa che avrei dovuto ricordare di comprare la sera prima.

Iniziai a zampettare in punta di piedi verso la porta della mia stanza, la aprii e mi affacciai al corridoio. Guardai a destra e a sinistra ma le porte delle altre stanze erano tutte chiuse quindi nessuno si era ancora alzato.

Mi avventurai nel corridoio diretta al bagno, ultima porta infondo tra le camere da letto di Virgin e Scorpio.

Poggiai il telefono sul lavandino e mi sedetti sul gabinetto canticchiando una canzoncina sottovoce.

Ascoltavo me stessa che sbagliava ogni nota possibile quando un tonfo e un'imprecazione mi bloccarono facendomi spaventare.

D'istinto, mi sbrigai a rimettermi in piedi e a scaricare l'acqua del water per accovacciarmi alla parete.

Sapete, nel bagno c'era una finestra senza tende proprio accanto al lavandino e sopra il gabinetto.

La voce che avevo sentito veniva da fuori e il tonfo non poteva essere altro che qualcuno che cadeva sulla scaletta d'emergenza arrugginita che partiva proprio sotto quella finestra.

Presi la prima cosa che mi era capitata sotto mano (il mio nuovo spazzolino) e cercai piano piano di vedere quale maniaco cercava di spiarmi dalla finestra del mio bagno!

Esitai prima di piazzarmi davanti alla finestra. E se fosse stato davvero un pazzo maniaco?

Mi schiaffeggiai mentalmente per quella paura ingiustificata. Ero una ragazza coraggiosa io, col desiderio di intraprendere battaglie sottomarine. Non potevo permettermi di farmela addosso per uno sconosciuto alla finestra.

Presa da un impeto di spavalderia, feci un balzo puntando la mia spaventosa arma e in un attimo fui davanti alla finestra pronta a sconfiggere qualunque minaccia avesse voluto nuocermi.

Ma il mio entusiasmo fu smorzato nel realizzare che lì non c'era proprio nessun nemico da neutralizzare.

Eppure avevo sentito qualcuno. Non ero ancora diventata psicopatica come la prozia Rosa...

Con ancora il mio minaccioso AK-12 puntato contro il vetro, aprii la finestra e mi affacciai guardando ovunque quasi speranzosa di trovare qualcuno da ferire.

Magari dovevo solo sfogare un po' di rabbia repressa...

Mi sporsi in modo tale da vedere da tutte le parti e sentii perfino una puzza strana, come qualcuno che puzza di sudore.

Ma quando non vidi nessuno per l'ennesima volta mi imbronciai e appoggiai le braccia al davanzale sbuffando. Fissai molto contrariata il gatto obeso dei vicini che mi scherniva stando seduto sulla ringhiera della scaletta di metallo. Lo vedevo in quei suoi due occhietti malefici come se la rideva della mia missione fallita.

<<Pussa via! Vai a cercare qualche topo da mangiare!>> agitai una mano contro di lui ma quello rimase serafico di fronte a me a leccarsi le zampone grigie.

Odiavo i gatti!

E stupida immaginazione! Mi avresti rovinata davvero!

Ma poi accadde qualcosa.

Tre figure apparvero dal nulla davanti alla mia finestra e io, colta alla sprovvista, feci l'unica cosa sensata da fare in questi casi: cacciai un urlo e lanciai alla ceca lo spazzolino.

HEROES∞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora