16. Due molecole di idrogeno e due molecole di cloro

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Di nuovo sul retro della casa dei Tomlinson, Harry osserva la finestra già aperta della camera di Louis. I due ragazzi si sono dati appuntamento per le tre e mezza e sono le tre e un quarto. Pare che entrambi non vedessero l'ora di incontrarsi: Harry è uscito di casa molto prima rispetto a quanto avrebbe dovuto; mentre Louis ha già, nonostante il freddo, aperto la finestra. Inoltre, come pattuito, Louis ha sistemato una scala con tre pioli vicino alla pianta rampicante; Harry deve solo aprirla e grazie a essa saltare sul tetto della casa. Una scalata molto più semplice, rispetto alla prima volta. Nel ripensarci, il ragazzo avverte un leggero formicolio alle mani che gli ricorda la superficie pruriginosa della pianta.

Prima di arrampicarsi sul tetto con tegole azzurre, Harry si tasta sul petto: ha messo le pillole nella tasca interna della giacca di pelle, come la prima volta che le ha avute addosso. Non avrebbe voluto portarle con sé e cercare di rimandare ancora un po' la consegna, ma si è reso conto che ciò che gli conviene fare, proprio adesso che le cose sembrano andare bene, è guadagnarsi la fiducia di Louis e non può farlo di certo facendolo arrabbiare. Si è premunito, però, di togliere dal flaconcino una decina di capsule, sperando che il ragazzo non se ne accorga.

Tira un respiro profondo e raggiunge la finestra della stanza di Louis. Sbircia dentro prima di entrare, ma non gli pare di riuscire a vedere granché: è poco illuminato. Si mantiene all'anta di vetro con la mano destra e con l'altra comincia a sondare il terreno. Gli sembra di sentire il legno della scrivania, così, sicuro, ci appoggia il piede, ma qualcosa di indefinito lo fa scivolare e il buio non lo aiuta a riprendere l'equilibrio. Struscia gli anfibi su dei fogli e allunga un braccio all'indietro per ritrovare l'aggancio con la finestra, ma non riesce e muove le braccia come un uccello al suo primo volo.

«Harry?» domanda Louis, nella semi-ombra solo lo scintillare delle cerniere è visibile. «Harry!» esclama il ragazzo, prima di ritrovarsi schiacciato sotto il peso di Harry.

Harry grugnisce per il dolore di aver risvegliato i lividi procuratogli da Zayn; mentre Louis pone entrambe le mani sul petto del ragazzo, quasi a volerlo mantenere.

I loro respiri sono così vicini e, anche se non possono vedersi in volto, entrambi deglutiscono per l'imbarazzo di quel momento. Louis avverte il bacino di Harry schiacciato sul suo; mentre Harry, inavvertitamente, gli sfiora il fianco sinistro.

Un risolino lascia le labbra rosee di Louis che, tuttavia, si sposta lateralmente, così da permettere a Harry di lasciarsi andare steso sul letto. Si alza e, conoscendo a memoria la sua stanza, Louis riesce ad arrivare a tentoni alla lampada sopra al comodino. Quando la luce illumina il volto di Harry, il ragazzo ride più forte.

Harry ha il viso metà schiacciato sul materasso e l'espressione che ha è alquanto ridicola. Eppure, Louis si porta una mano sulle labbra per impedirsi di continuare a ridere di lui: non gli sembra affatto bello, considerando che potrebbe essersi fatto male; ma in cuor suo non può non ammettere che sia molto divertente.

«Stai bene?» gli chiede, avvicinandosi.

Harry si volta e resta con gli occhi puntati sul soffitto per qualche secondo, poi riprende a respirare e annuisce per tranquillizzare Louis.

«Bene» afferma lui.

Senza che possa aspettarselo, Louis va a prendere sulla scrivania dei fogli e delle penne. Porge una penna verde a Harry, mentre lui ne tiene una blu; quindi sistema i fogli al centro del letto. Il ragazzo segue i suoi movimenti, curioso.

Vuole giocare a tris?

«Così possiamo parlare e capirci senza problemi, non trovi?» si spiega Louis. Harry è sorpreso di questo cambiamento d'umore di Louis, ma al tempo stesso è felice che abbia deciso di trovare questo metodo per comunicare in modo più semplice con lui, per cui concorda con un cenno affermativo del capo. «Perfetto. Anch'io voglio scrivere, così non ci saranno disparità.» Louis si rende conto, nell'esatto momento in cui pronuncia quella frase, di essere stato forse un po' scortese e si affretta a rettificare: «Cioè, non è che tu sia diverso, ma...»

Attraverso i tuoi occhi - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora