32. Avrebbero potuto

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*AVVERTENZE*

Questo capitolo è un po' forte, particolare. Non ho violato nessuna regola di Wattpad, questo è certo, ma mi sembrava giusto avvisarvi, prima che leggiate. Se non ve la sentite, evitate la prima parte del capitolo.


Le mani tremano. Il respiro è sospeso, fermo in quell'attimo. Le pulsazioni del cuore le avverte soprattutto sul collo; deglutire è inutile: non aiuta.

Gli occhi, stanchi, perlustrano il contorno degli oggetti che ha intorno a sé. Velati e offuscati da un senso di inquietudine, per interi minuti hanno pianto in silenzio e le lacrime, rinchiuse dentro a un corpo che vuole, che cerca da mesi quell'attimo, sono sgorgate libere.

È sola, finalmente.

Una pillola scivola dopo l'altra nel suo esofago, i muscoli della gola fanno il loro lavoro. Si aiuta con un bicchiere di plastica, pieno per metà d'acqua. Eppure, ormai è una movenza così familiare per lei che quasi non avrebbe nemmeno bisogno di bere.

Pillola.

Deglutire.

Ricominciare.

Pillola.

Deglutire.

Ricominciare.

È facile ma è un processo lento.

Quando quelle pasticche blu sono ormai finite, getta il contenitore arancione nell'immondizia e va a mettersi sotto le coperte. Chiude gli occhi.

Non sa quanto tempo ci voglia perché tutto cali nel buio e il suo fiato si fa sempre più affannoso per la paura che qualcuno apra la porta.

Spalanca le palpebre e subito le viene voglia di alzarsi e di assicurarsi di poter rendere l'ingresso della stanza inaccessibile; ma poi cambia idea. Solo pochi minuti, dieci al massimo. Può farcela, può resistere.

Richiude gli occhi. Immagini dei momenti appena trascorsi, quelli attorno a un tavolo con amici e parenti a festeggiare il Natale, le appaiono nella mente. Li scaccia via subito, ma qualcosa inizia a smuoversi dentro di lei. Smettere di pensare risulta impossibile.

Il suo corpo si fa via via sempre più leggero, abbandonato a se stesso. Il capo fa fatica a restare in posizione sul collo e si riversa in basso, sulla sinistra. Avverte una scossa, poi essa s'interrompe di scatto, facendola piombare in un attacco di panico.

L'agitazione, che parte dallo stomaco, sale fino al cervello; le annebbia la vista e ogni facoltà mentale sembra essere improvvisamente fuori dal suo controllo. Non riesce a muovere i muscoli, a portarsi due dita in gola per rigurgitare tutto perché ha paura, perché il suo muscolo cardiaco sta battendo troppo forte, perché il respiro le manca, perché vorrebbe urlare, chiamare sua madre, dirle che ha bisogno di lei, che la sua bambina ha paura, che ha sempre avuto paura.

Non voleva, non voleva questo.

Mamma, mamma.

Una lacrima, calda e solitaria, è l'unica reazione volontaria che riesce ad avere; le corre giù dalla guancia fino ad arrivarle alla bocca. Assapora quel suo gusto salato e stringe insieme le labbra per lasciare che esso resti ancora impresso, incastrato tra le pellicine, a farle compagnia. Una goccia. È questo che le è rimasto, pensa mentre la tristezza le lacera la pelle, mentre ancora per una volta sa che è inutile chiamare aiuto.

Se lo avesse fatto prima... No, non le sarebbe servito ugualmente. Sì, è così. Deve convincersene, ha bisogno di farlo.

Il dolore è acuto e persistente nel petto e, anche se quel medicinale è di solito usato per non sentirne, lei lo avverte forte e chiaro; proprio lì, al centro, sotto la cassa toracica.

Attraverso i tuoi occhi - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora