Pezzi del puzzle

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L'aria le accarezzava frizzante il viso, e lei, che sapeva di caffè e sigarette, e con i capelli ricci che volavano trasportati dal vento, si godeva il freddo educato dei primi giorni d'autunno.

Sdraiata in mezzo ad un prato dipinto dai colori caldi delle foglie cadute, guardava le nuvole che velocemente si scomponevano in forme diverse, creando immagini sognanti per poi andare in frantumi dopo pochi attimi.

La ragazza non era rapita dall'infinità del cielo, bensì dalla sua capacità di rompersi in mille pezzi, di frangersi e di farsi in brandelli, per poi ritornare intero sotto una nuova forma e con una velocità quasi fastidiosa.

Pensava a sé stessa, a tutte le volte che, tradita da qualcuno o da scelte sbagliate, si era dovuta ricomporre, restaurare: ad ogni amore vi era stato un lancio cieco verso l'alto e poi, sempre e in modo inaspettato, la conseguente caduta.

Alla fine di ogni relazione vi era stato per lei un rinnovamento, una rinascita più o meno drastica, in base all'intensità della storia vissuta.

Si trovava ad invidiare le nuvole perché, pur essendo ogni relazione differente rispetto alle altre, lei si era sempre dovuta rialzare a fatica, e c'era sempre voluto molto tempo prima che si potesse sentire pronta a lanciarsi di nuovo, a ricostruirsi da capo.

Sentiva di essere unica, e forse aveva ragione: alzando lo sguardo al suo amato cielo, a volte si trovava a pensare:

- "Potrei sembrare semplicemente un granello di sabbia o una goccia di pioggia, ma non è così. Mi sento come una stella: ad un occhio superficiale, potrei essere una fra tante. Potrei sembrare addirittura quasi spenta, quasi debole.

Io, invece, voglio trovare qualcuno che sappia vedermi per quello che sono, che non si voglia fermare solo alle apparenze, e che abbia la pazienza di scoprirmi: immensa e luminosa. Voglio che questo qualcuno, pur vedendomi lontana, allunghi un dito sognando di toccarmi, di farmi sua, e che, nell'oscurità, lui possa sapere esattamente dove guardare per potersi orientare, per potersi salvare".

Sapeva anche che trovare quella persona avrebbe però significato mettersi in gioco e quindi, anche in pericolo, perché mostrarsi, farsi scoprire, vuol dire rendersi vulnerabile esattamente come un fiocco di neve che, dopo essersi rivelato unico, si scioglie dolce fino a dissolversi, rimanendo fissato per sempre in quell'istante speciale.

Questi pensieri correvano lungo la sua mente, mentre i suoi occhi riflettevano un orizzonte che piano piano si stava arrossando.

Dentro sé la ragazza sentiva che, a volte, bisogna lasciarsi davvero cullare dal vento, proprio come le foglie che sopra di lei, lentamente, danzavano dopo essersi staccate dai rami.

A volte, vivere significa lanciarsi a capofitto nella corrente, senza riflettere sugli eventuali rischi.

A volte, bisogna avere fiducia che tutto possa sistemarsi, che due nuvole possano incontrarsi per formare immagini romantiche, che due storie possano toccarsi in un momento perfetto, combaciando come fossero composte da pezzi complementari, poiché nonostante tutto, con le nostre similarità, ma stupendamente unici, siamo tutti parti di un puzzle.

La ragazza sentiva proprio il bisogno di trovare la sua parte combaciante, l'altra metà raccontata nel mito dell'Androgino, che la rendesse completa.

Improvvisamente, il profumo dell'erba la stava inebriando a tal punto da farle girare la testa, così piano piano, decise di alzarsi, e di allontanarsi da tutto quel mondo.

Il cielo, sopra di lei, stava giocando ancora, e pareva divertirsi nel creare combinazioni pazzesche di forme e colori che, lentamente, stavano iniziando a farsi più scuri.

E così, tutto d'un tratto venne la sera, poi il buio ed infine, come aveva immaginato, arrivarono le stelle, infinite ancelle amiche, che attirarono il suo sguardo sempre un po' perso e rivolto verso l'alto:

- "Voglio essere leggera, e volare fin sopra le nuvole. Non voglio sentirmi legata, voglio poter toccare con mano la materia dei sogni, e non cadere di nuovo, non sentirmi di nuovo a pezzi. Voglio chiudere gli occhi, sentirmi amata, e credere davvero di aver trovato la parte mancante. Voglio fidarmi, lanciarmi ad occhi chiusi, senza paura di sbagliare per l'ennesima volta.

Ma è possibile farlo? È possibile davvero piombare nel vuoto con la consapevolezza che per una volta, una dannata volta, qualcuno sarebbe li pronto a prendermi al volo?".

Tante domande, forse troppo importanti per la sua età.

Ma in fondo, la felicità, e con lei l'amore, sono come le stelle: illuminano la notte, cancellando l'oscurità.

Forse, tutto quello che resta da fare allora, è alzarsi in punta di piedi, aprire gli occhi, e tendere la mano verso di loro, nel tentativo forse utopico, ma pieno di speranza, di farle nostre anche solo per un piccolo e intenso secondo, anche solo per il tempo di sentirsi, per una volta, davvero volare


(Foto a cura di Noemi Venturi)

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