Wanted Ketty

Ti Scopro

Nei parchi si va per correre, leggere, fissare il prato verde, gli alberi, per startene per i fatti tuoi seduto, disteso, sola, in compagnia. Insomma, nei parchi si va. Ognuno ha le sue ragioni.
Le panchine sono sole nei parchi. Sembrano delle sentinelle. O forse non sono sole e la notte si muovono. E forse si accoppiano. Si perché, a volte, sembra che c'è ne siano di più. Anche di meno. Forse anche le panchine muoiono. Sono mortali. Delle zattere nelle solitudini dei corpi.

"Amore cos'è quello sopra quella panchina?"
"Un libro no!"
"No!"
"Non lo toccare! Potrebbe appartenere ad un positivo!".
Ma la curiosità era forte. Il ragazzo prese in mano quello che sembrava un diario. Iniziava così:

-Mi chiamano Ketty, ma non sono americana, neanche inglese o australiana no. Sono quello che sono. E tu chi sei? Lo sai? Questo nome non mi piace. Mi fa proprio schifo. I miei genitori volevano essere moderni. I miei genitori che poi non sono i mei genitori no. Sono fasulli. Mi hanno cresciuta, mantenuta, come una regina. Ma fasulli rimangono. "Perché?". Ma che razza di domanda fai. Perché lo sai. No? Non lo sai? Va bene te lo dico. Te lo dico e lo scrivo pure perché sei proprio un cretino. Dove te lo scrivo? In un messaggio? No. Poi vedrai dove lo scrivo. Lo leggerai si, e te lo ficcherai dove dico io. Dove dico? Poi vedrai. Ah, anzi ti devo dire un'altra cosa. Cosa? Aspetta scusa, spostati, devo fare una foto. A chi? A me mentre sorrido e splendo. Perché? Perché sono la più bella! Ah si certo te lo dico: ti lascio! No, non fare così, sei proprio un'idiota! Non piangere. Perché ti lascio? Perché non mi vai più! Sei una cosa per me? Soltanto una cosa? Sicuramente. Va bene ciao toglierti dai piedi adesso. Ho un'altro? Si può darsi. Forse un'altra.

Ah scusa.

Anche a te che stai leggendo.

Questo è un diario.

Segreto?

Tu che dici?

Arrivaci da solo insieme a quella cretina della tua ragazza.

Mi chiamano Ketty si.

Ma io mi chiamo stronza!