parte 2

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il ragazzo con molta tranquillità si sedette sulla parte non occupata della panchina, ma lei forse un po' restia si dovette spostare un po' per lasciare che uno spazio più grande si stabilisse tra di loro.

quando ormai la sua sigaretta era consumata a metà chiese "allora, come ti chiami?"
lei troppo imbarazzata per qualsiasi cosa rispose solo "anna", il silenzio tra i due celó di nuovo finché lei prese coraggio e siccome sua madre e suo padre alle avevano insegnato l'educazione, o forse solo per semplice curiosità, chiese, "e tu come ti chiami?"
inizialmente stette zitto e poi rispose "perché dovrei dirti il mio nome? tu non mi hai dato l'accendino e io non ti dirò come mi chiamo"
"beh mi pare che ora però tu stia fumando la tua sigaretta che è accesa grazie al mio accendino" sentenziò lei.
"louis, mi chiamo louis"

il giorno seguente Anna era stanca, non aveva chiuso occhio e si presentò a lavoro con due occhiaie enormi sotto agli occhi.
"anna ma che hai fatto sembri morta" le chiese Alice, quella sua collega che lei aveva definito oca, dio l'odiava, una segretaria di quelle che fanno sesso con il capo nel suo ufficio e mantengono il loro lavoro grazie a questo, era il suo opposto perché lei si era guadagnata tutto con il sudore e la fatica e non poteva sopportare che qualcuno avesse tutto dovuto.

si diresse nel suo ufficio e con davvero poca grazia si sedette sulla poltrona, prese le scartoffie da compilare e provò a lavorare ma senza ottenere un ottimo risultato perché la sua testa era occupata da un paio di occhi azzurri che avevano stabilito la sua mente anche per tutta la notte, tanto da non riuscire nemmeno a guardarsi allo specchio la mattina perché i suoi occhi gli ricordavano quelli di quel Louis. pensó di essere ridicola perche aveva visto quel ragazzo 1 volta e lui le aveva chiesto il numero dopo essere stati a parlare per ore e ore seduti su una panchina e consumare sigarette.

quel ragazzo si era rivelato piacevole, intelligente e sensibile, ma lei si era scottata troppo e non poteva permettersi di farsi di nuovo male così gli diede un numero falso. non lo ammise ma per un attimo si pentì di aver mentito e di non aver dato il numero giusto.

fuori dalla finestra si fece presto buio, il lavoro fortunatamente l'aveva tenuta molto occupata, e ormai erano le sette passate, prese la sua borsa e il suo cappotto e si diresse in strada, si fermò anche in un panificio che aveva aperto da poco e di cui tutti parlavano bene per prendere una focaccia che si sarebbe mangiata per cena una volta giunta a casa.

varcata la soglia del panifico un profumo gradevole e caldo penetró le sue narici, chiuse gli occhi per godersene ancora di più, li riaprì e si avvicinò al bancone, aspettó qualche secondo e mentre stava guardando le focacce in esposizione un ragazzo si presentò davanti a lei per servirla,

 "anna!" alzó lo sguardo ed era lui, il ragazzo dagli occhi azzurri a cui aveva pensato per tutto il giorno,

  "louis.. che-che ci fai qui" si maledì talmente tanto per quella domanda che quasi si mise a ridere davanti a lui, che cosa avrebbe dovuto fare lì? è ovvio che ci lavora, idiota, pensó.

lui non rispose alla domanda perché negli occhi di lei aveva capito che ci era arrivata da sola al motivo del perché lui fosse dietro al balcone con una divisa orrenda..
"si quindi dimmi tutto cosa posso fare per te?" ordinò la sua focaccia e cercó di scappare il prima possibile ma Louis la fermó 

"anna! ferma io fra poco stacco che ne dici ci fumiamo una sigaretta?"

e così fu. dopo che il ragazzo ebbe staccato dal lavoro si incamminarono verso Jemes park, si sedettero sulla panchina e tra una sigaretta e un morso di focaccia, parlarono, non lo sapevano ma senza volerlo si scavavano a fondo, non con le parole forse, perché entrambi erano ben attenti a essere freddi, rimanere staccati, ma i loro occhi; per loro era come guardarsi allo specchio, non semplicemente per l'uguaglianza del colore, ma perché dietro a quelle iridi entrambi riuscivano a leggere la stessa storia, riuscivano a carpire informazioni che l'azzurro chiaro del mare, nascondeva ciò che c'era nel blu scuro degli abissi. parlavano, del meteo, della loro vita senza scendere nei particolari ma semplicemente guardandosi si capivano.

"comunque pensavo, beh, che dovremmo smetterla di incontrarci per caso.. che ne dici di vederci magari, non so, un giorno di questi?" Louis disse queste parole con un leggero tremolio che fece sentire un brivido ad anna lungo la schiena.
"s-si potremmo" disse lei.
"bene, passo a prenderti io domani alle 7? e non so andiamo a mangiare da qualche parte?"
"certo va bene, ti scrivo l'indirizzo di casa"
lui le porse il cellulare, che lì in modo imbarazzato prese e nelle note digitò il suo numero di casa accompagnato dal numero di telefono, si giusto per ogni emergenza..
anna si alzò dalla panchina e lui la seguì subito dopo, ci fu tensione tra i due, ma lei prese coraggio e le diede in modo un po' impacciato un bacio sulla guancia, non si spiegò il suo comportamento ma le sembrò strano il fatto che lo avesse fatto con una tale spontaneità, un qualcosa che sicuramente la contraddiva. presero due strade diverse dopo essersi scambiati un ciao, uno di quelli che sai che non finirà lì, uno di quelli, che nonostante tutto, hai la sicurezza che sarà per rivedersi, e non un addio.

Gli amanti- magritteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora