Non servono parole

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L'aria pungente della sera mandava in rovina tutti i suoi pensieri.
L'ultimo raggio di sole incendiava l'orizzonte, per poi spegnersi dietro i rami degli alberi sotto cui amava tanto riposarsi, che di contro assumevano mille sfumature. Era una perfetta serata primaverile, fresca e profumata.
Il parco e le strade andavano piano svuotandosi, e le risate e le conversazioni concitate, i giochi lasciavano il posto ad un tranquillo silenzio. Una lieve brezza muoveva appena le foglie, un fruscio delicato raggiungevva le sue orecchie. Sorrise tra sé, non c'era molto a cui pensare, tutti i suoi pensieri finivano lì, nei sentimenti di quelle parole. Parole profonde come abissi, dai quali i pensieri venivano portati via dalle onde che si muovevano lente, infrangendosi ostinate sugli scogli, eppure quegli scogli così duri, così aridi ed immobili; da esse erano stati modellati, scavati.
Piano piano ormai il cielo stava cambiando colore e diveniva a poco a poco più viola, mentre le prime stelle già brillavano, quasi volessero mostrare la strada alla luna che tra poco sarebbe sorta. Stancamente, si passò una mano tra i rasta sciolti, vista privilegiata per pochi eletti. Tornò a guardare il il cielo che andava incupendosi. Il vento si era alzato un poco e ora gli alberi, erano come più grandi e maestosi.
Sorrise di se stesso.
Non era un tipo romantico, non lo era mai stato, ma quella sera, aveva qualcosa di particolare, che era impossibile non cogliere, o forse era solo stanco per tutte le notti passate in bianco.
Portò gli occhi sul castano di fronte a lui.
Gli era sempre piaciuto, e ora approfittava volentieri del silenzio che si era creato per ammirarlo.
Era perso nei suoi pensieri, senza pensare a nulla di specifico in verità, quando scorse un minuto spostamento, un tremore nella mano dell'altro che lo distrasse, tanto che si ritrovò di nuovo a vagare con la mente nel giro di un secondo, ad ammirare una snella figura di un ragazzo prima, e un bellissimo volto, dallo sguardo intenso, poi.

Caleb invece era nervoso.

Era la prima volta che si esponeva così tanto, si sentiva nudo, fragile, vulnerabile.
Fece un passo indietro e si fermò, quasi senza accorgersene.

Quello che fino a pochi istanti prima gli era sembrato solo un fantasma, una proiezione della sua mente, ora era davanti a sé, più vivo che mai.

Era davvero bello, slanciato, con gli occhi rubino esposti al mondo, al chiaror della luna riusciva a coglierne il bagliore .
Ma come gli era venuto in mente di raccontargli tutto ciò, non avrebbe saputo dirlo.

Non riusciva a spiccicare una sola parola, e neanche riusciva a muoversi. C'era qualcosa, una corrente magnetica, che lo spingeva a stare lì e a tenere il suo sguardo incatenato a quello del rasta.

Caleb: Jude ti prego, rispondimi

Gli tremava la mano, aveva paura di ciò che avrebbe potuto dirgli.
Ma il ragazzo di fronte a lui non proferì parola.
Stette in un silenzio tombale, senza staccargli gli occhi di dosso neanche per un secondo.
Non gli avrebbe risposto, un po' ci rimase male.
Non sopportava quella sitazione, voleva andare via, correre più lontano che poteva da quella che avrebbe potuto essere la sua risposta, scappare.
E invece stava lì, fermo a rimpiangersi addosso.
Non era da lui un simile comportamento, no.
Doveva ricomporsi e tornare in sé.
Fece un sforzo enorme, ma alla fine si risolse ad allontanarsi e ad abbassare lo sguardo. Ma non appena passò accanto a Jude per sorpassarlo, lui lo fermò, prendendogli il polso.

Cosa gli era preso non avrebbe saputo spiegarlo, era stato più forte di lui, aveva dovuto.
Al suo tocco lui si bloccò e i loro sguardi si sfiorarono, aprendo un muto dialogo tra loro due.
Forse avrebbe dovuto distogliere gli occhi e lasciargli andare la mano. Forse, ma non lo fece. Anzi, l'attirò un poco più vicino a sé.

Tutto il suo buon senso si era dileguato in pochi secondi, lasciandolo del tutto inebriato dalla splendida figura di lui. Sentiva di avere la gola secca e parlare gli costò uno sforzo enorme, ma non poteva lasciarlo andare dopo ciò che gli aveva raccontato, non senza neanche avergli dato una risposta.
Era sciocco, lo sapeva, ma l'averlo visto e ascoltato, in una notte così perfetta, aveva tutta l'aria di un segno del destino.
Rise mentalmente di sé, ma continuò nel suo proposito.
Rispondendo ad un istinto irrefrenabile, avvicinò il volto a baciarlo.

Non servivano parole.
Spesso aveva la sensazione che le parole non fossero importanti.

Era strana la perfezione di quella scena, sembrava scritta, predestinata.
Si diede più volte dello stupido, ma non poté fare a meno di pensare, che se fosse stata pensata e progettata, non sarebbe mai stata così. 
Così perfetta.
Allora assaporò ogni istante di quel bacio, di quel frammento di vita.

Da prima lui fu troppo stupito per muoversi, poi rispose al bacio con trasporto.

Questa come risposta gli andava piuù che bene. Era la migliore che potesse ricevere. Quel momento lo riportò alla festa, ma dalle emozioni che gli provocò cento volte più forti di quella volta, si rese conto che ora entrambi avevano capito: si amavano. Ricambiavano i propri sentimenti reciprocamente, allo stresso modo, con la stessa intensità.

In un lampo, sotto il chiarore della luna, la passione nacque tra loro e divampò come un incendio. Caleb gli cinse i fianchi con le mani attirandolo a sé, Jude  gli poggiò le braccia al collo. E il bacio divenne più profondo, più intenso ed esigente. Le mani del punk risalirono, lungo la schiena perfetta del rasta. Gli accarezzarono il collo e giocarono con i ricciolini ribelli sfuggiti ai rasta.

Le carezze di entrambi erano sempre più frenetiche, così come i loro baci, sempre più avidi di esplorare quel magnifico corpo. Quando si staccarono per riprendere fiato, Caleb si prese un secondo per guardarlo. Era bellissimo al chiaro di luna, con un rivolo di saliva a contornargli le labbra arrossate.
Riprese a baciarlo, baci ardenti, ricambiati con passione. Il chiarore della luna li illuminava sotto un cielo pieno di stelle.
L'aria era fresca e profumata di fiori e risuonava del rumore ritmico del fruscio delle foglie, al quale si fondevano i loro respiri, brevi e affannati, mentre tutto intorno a loro andava scontornandosi e spariva sbiadendo.
Tutto, eccetto l'idea del loro amore.
I baci sempre più affamati, i loro corpi vicini, le mani che si cercavano in continuazione. Tutto era silenzio e il silenzio era il loro. Quell'attimo perfetto e irripetibile che pure si ripeteva ad ogni bacio, ad ogni carezza ed era sempre nuova la scoperta di ritrovarsi persi tra i sospiri, smarriti in una scintillante serata senza fine. Non esisteva il tempo, loro erano il tempo, persi e ritrovati uno tra le braccia dell'altro, mentre con un sorriso nasceva la promessa del domani, del loro amore.
E felici si ritrovavano occhi negli occhi, e i loro sguardi riprendevano il loro muto dialogo.

<< ti amo >>

<< anche io Jude, non sai quanto >>

Cremisi e smeraldo || FudouKidou Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora