CAPITOLO UNO

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Maddy
Mi chiamo Maddy ho 22 anni, la mia vita è stata stravolta nel giro di pochi secondi da una chiamata: i miei genitori e la mia gemella sono stati coinvolti in un incidente stradale.
Vesto velocemente il mio fratellino Jason di appena due anni; chiamo urlando mia nonna, con voce tremolante, ma nulla: solo silenzio. Mi precipito fuori casa correndo verso il garage con Jason tra le braccia, prendo la mia macchina e mi dirigo verso l'ospedale.
Sono spaventata: ho il fiato corto, i battiti accelerati, mi gira la testa, ho la gola secca e mi sudano copiosamente le mani; sto per avere un attacco di panico:
«Merda».
" Maddy, stai calma e respira profondamente" penso tra me e me.
Jason inizia improvvisamente a piangere e a dimenarsi nel seggiolone: così, sono costretta a fermarmi con la macchina sul ciglio della strada; spaventata che mio fratello possa essersi fatto male mentre ero concentrata sulla strada. Nulla di grave, quel furbetto cercava solo di attirare l'attenzione.
Parcheggio la macchina senza badare a dove e come, prendo Jason e corro verso l'entrata dell'ospedale. Mi guardo intorno, sperando di scorgere mia sorella Lena: nulla, lei non c'è; una strana sensazione mi assale all'improvviso, sento di aver perso una parte di me. Corro verso un dottore: da come mi guarda gli sarò sembrata una pazza: " non mi importa". Inizio a balbettare qualcosa, «Mi.. Mi scusi, i miei genitori e mia sorella sono stati coinvolti in un incidente stradale... Come... Come stanno? »,
Il dottore mi guarda, si passa una mano nei capelli, sospira pesantemente e mi dice:
«Signorina, prego mi segua! »
Il mio cuore salta un battito, le mie gambe tremano, di colpo Jason sembra troppo pesante per me, deglutisco a fatica, la gola si fa sempre più rovente e i miei occhi si appannano per le lacrime. Il dottore si accorge del mio malessere e molto pazientemente mi cinge le spalle e mi accompagna in uno stanzino; mi siedo singhiozzando come una bambina impaurita e smarrita; lui dolcemente si siede al mio fianco e mentre mi accarezza la schiena mi dice:
«Signorina, sua madre e sua sorella sono vive per miracolo... Ma sono in coma... Mentre suo padre...» tentenna, fa un respiro profondo e continua, « Suo padre è morto sul colpo ». Rimango senza fiato, sembra che mi abbiano colpita all'improvviso dritta al petto, Jason spaventato dalla mia reazione comincia a piangere: non ho la forza per calmarlo; il dottore gentilmente prende mio fratello e inizia a cullarlo.
Ho la testa che mi gira, sento di star per svenire: non sono pronta per tutto questo. Una donna bionda e in carne fa irruzione nella stanza, mi guarda con compassione: si inginocchia e dolcemente passa le sue dita tra i miei lunghi capelli castani, pianto i miei grandi occhi grigio verde nei suoi; mi faccio coraggio e con la gola dolorante chiedo:
« Lei, è il medico legale? »,
Mi guarda, il silenzio e la tensione si fa sempre più palpabile :
« Signorina, so che per lei è difficile, ma ho bisogno che venga con me per fare il riconoscimento della salma».
Le sue parole mi colpiscono come un treno a tutta velocità, nonostante tutto, mi alzo barcollando: la consapevolezza di essere rimasta sola si fa sempre più nitida. La donna mi prende per la vita con fare protettivo, "le sono estremamente grata"; mi giro verso mio fratello sforzandomi di sorridergli, guardo il dottore che mi fa cenno di andare: mi tranquillizza con lo sguardo, so che lui si prenderà cura di Jason fino al mio ritorno.
Varchiamo una grande porta: "fa un freddo glaciale"; la donna mi fa avvicinare e alza un telo bianco: vedo mio padre John steso su una lastra di metallo, "no!... Perché papà": mi lascio cadere a terra, mi porto le mani sul viso e inizio a piangere: "forse sto gridando"; lei si china su di me e inizia a cullarmi tra le sue braccia. Improvvisamente iniziano a passarmi tra la mente svariati ricordi: papà che mi rimbocca le coperte, papà che mi insegna ad andare in bicicletta, papà che porta me e mia sorella sulle sue spalle forti e robuste, papà che tiene in braccio Jason, papà che mi porta in spiaggia e papà che sorride come un adolescente quando guarda mia madre.
"Perché. Perché siamo venuti in questo maledettissimo posto!"
Ci siamo trasferiti a Los Angeles qualche anno fa per badare alla nonna: ormai anziana; e per il nuovo lavoro di mio padre. In Italia ho lasciato tutto: scuola e amici. Mi sono dovuta adattare in un posto completamente sconosciuto: l'unica cosa buona è stata trovare Michael, il mio attuale ragazzo. Lui è così dolce con me: tutti mi dicevano di stargli alla larga; non gode di una buona reputazione, ma con me non si è mai comportato male: okay, forse solo un po' all'inizio.
Sono furiosa con tutti, mi maledico: sarei dovuta essere anche io su quella macchina, ma non mi andava di uscire fuori a cena e ho preferito restare con Jason e la nonna. La vita è ingiusta: la odio. Torniamo indietro, sono distrutta: ma quando alzo la testa e vedo gli occhioni verdi di Jason sorrido debolmente. Jason si butta tra le mie braccia:
« Signorina, torni a casa per il momento... non può fare più nulla », mi suggerisce il dottore;
« Mi chiami pure Maddy, signore »,
« Allora, signorina Maddy, mi chiami pure Christopher ».
Il Dottor Christopher mi ha lasciato il suo numero di telefono, mi ha detto di contattarlo in caso di bisogno: "com'è gentile". Salgo sulla macchina, ormai priva di forze e mi dirigo piano verso casa; sto pensando a come dare la notizia alla nonna: "forse dovrei chiamare Michael" mi chiedo.
Impreco debolmente con le lacrime che mi rigano il volto: Michael non risponde come al solito, mi giro verso Jason e mi accorgo che sta dormendo beatamente; da una parte sono sollevata che sia così piccolo, almeno potrò risparmiarmi per il momento di spiegargli cosa stia succedendo.
Quando arrivo a casa, c'è un silenzio quasi inquietante: senza pensarci mi dirigo nella stanza di mia sorella; stringo forte Jason e ci addormentiamo così: stretti l'uno tra le braccia dell'altro.
Il suono del mio cellulare mi sveglia: è Michael.
« Ciao amore, scusa ero a lavoro. Come mai quella chiamata nel cuore della notte? »,
La realtà mi colpisce ancora una volta in pieno petto: inizio a piangere. Tra le lacrime e i singhiozzi cerco di spiegare cos'è successo; Michael mi blocca subito e dice:
« dieci minuti e sono da te!».
Appena vedo Michael mi fiondo tra le sue braccia: lui mi coccola e mi sussurra parole dolci e di supporto: lui è con me quando comunico la terribile notizia alla nonna; ed è con me mentre preparo la cerimonia funebre per il mio papà. A qualche giorno di distanza dal funerale di mio padre John mi rendo conto di essere finita in fondo ad un burrone: mio fratello Jason e mia nonna Magda dipendono da me; mia sorella e mia madre non danno nessun segno di miglioramento: mi rendo conto con amarezza che non ho tempo di essere una ragazza normale come tutte le altre e che i sogni per me resteranno tali per sempre. "Devo cercare un lavoro e smettere di studiare", "mi servono i soldi per tutte le cure che necessitano mia madre Dorothy e mia sorella Lena" penso disperata: sul punto di una crisi isterica. Per il momento Michael si è trasferito da me e vado avanti grazie a lui e ai suoi soldi: non so che lavoro faccia ma non è mai a casa e alcune volte lavora anche di notte.
Lui, però, è il mio angelo custode.

Sono passati ben due anni da quel maledetto giorno: nulla è cambiato, mia madre e mia sorella non si sono ancora svegliate. Nonna è morta il mese scorso, probabilmente di dolore: non sono stata una brava nipote e nemmeno una brava sorella. Ben presto ho scoperto che Michael faceva uso di droghe invece di buttarlo fuori di casa e dalla mia vita, anche io ho cominciato a farne uso, cascando in questo circolo vizioso. La casa di mia nonna e dei miei genitori è diventata un vero e proprio covo per tutti i ragazzi che fanno uso di sostanze stupefacenti: io e Michael ci siamo arricchiti facendo leva sulle debolezze delle persone, "sono una merda": mentre rifletto sulla mia inutile vita mi accorgo di dover correre a prendere Jason all'asilo e urlo qualcosa di incomprensibile a Michael perché sono sotto l'effetto di droghe e non riesco a pensare lucidamente.
Per poco non finisco contro un albero:
« Questa dannatissima storia deve finire. Ora! »;
Borbotto, passandomi una mano sulla mia fronte umida.
Prendo Jason frettolosamente, per non farmi vedere ridotta in questo stato pietoso dalle sue maestre e mi dirigo verso casa. Dovrei fare la spesa ma non ho l'autocontrollo necessario per affrontare il mondo in questo momento.
Mentre preparo un pranzo veloce per Jason sento Michael urlare come un pazzo al telefono:
« Ti do due giorni di tempo per racimolare i soldi che mi devi. Sono stato chiaro! »;
« Si può sapere cosa sta succedendo? », grido a Michael;
Lui entra in cucina: i suoi occhi marroni sono iniettati di sangue, i suoi capelli neri sono in disordine, le narici sono dilatate e le vene del collo sono tese come corde di violino. Mi afferra improvvisamente per il collo e mi solleva da terra:
« Non rivolgerti mai più a me con quel tono brutta puttana. È grazie a me se tu e questo moccioso non siete ancora stati sbattuti fuori di casa. Esigo rispetto, chiaro! »; mi lascia cadere a terra come un sacco di patate, Jason comincia a piangere senza controllo, spaventato da quello che è appena successo.
In realtà non è la prima volta che Michael alza le mani: sono il suo giochino preferito, mi usa e si sfoga contro di me quando i suoi affari vanno male: "Non sopporto più questa situazione, devo andare via da qui. Devo portare Jason via da lui" è questo che mi ripeto ogni volta che Michael mi picchia o abusa di me: ma non ho il coraggio di chiedere aiuto, sono troppo spaventata; se provassi a scappare lui mi troverebbe e a quel punto mi ucciderebbe: chi penserà al mio Jason? Non certo lui, troverà il modo di sbarazzarsi di mio fratello.

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