Capitolo 3.
VINCENZO IL MURATORE.
Leyla, si accoccolò sulle ginocchia strinse forte il collo del suo maglione viola che faceva da contrasto sul viso e sulla sua chioma fluente, mettendo in risalto i suoi bei capelli rossi e l’incarnato come l’avorio. Le ragazze erano tutte attente e si strinsero ancora più vicine, forse perché in quei momenti si sentivano vicine anche e soprattutto coi loro cuori.
“Questa storia mi è stata raccontata dalla guardia giurata che presta servizio dove lavoro, sapete la Filiale in Centro della mia banca! Il protagonista è un suo lontano parente”.
Esordì Leyla, mettendosi seduta a gambe incrociate e piedi nudi, sul piccolo divano di stoffa variopinta, appoggiato allaparete di fronte il caminetto.
Vincenzo era un uomo piccolo di statura e molto scaltro ed in pochissimo tempo dopo la guerra fece fortuna cominciando da muratore e poi costruendo palazzi e case alla grande.Abitava con la sua famiglia in un piccolissimo borgo medievale del centro Italia, dal quale se ne partì giovane per non farvi più ritorno se non quando, ormai sulla maturità, aveva perso a carte e a donne tutto il suo patrimonio, o così dicevano di lui amici e nemici.
Vincenzo aveva amato una ragazza al paese, Letizia.
Letizia era gentile e bella e i suoi modi erano allora la quintessenza della grazia e del candore; dal corpo esile e dal passo leggero, i sui capelli castani erano tanti e lunghissimi, raccolti quasi sempre in un treccione, che lei soleva portare di lato.
Con Letizia trascorreva le sue giornate andando al fiume, a fare il bagno o nella campagna a raccogliere more dei rovi, che crescevano, ai bordi dei campi. Parlavano per ore intere oppure se ne stavano all’ombra del fico brogiotto, o del pesco tabacchiera, sdraiati uno accanto all’altra, silenti e felici.
Passavano tutto il loro tempo a raccontarsi progetti e sogni, a baciarsi timidamente sulle prime e poi sempre più profondamente e appassionatamente, ma sempre con pudore e rispetto l’uno per l’altra. “
Le ragazze ascoltavano sognanti le parole di Leyla e cercarono di andare col pensiero a quelle colline coi calanchi a strapiombo sulle vallate, di quella regione d’Italia tanto operosa e serena, negli usi tradizionali e nei modi amichevoli.
Le campagne erano coltivate a frutteti, vigneti e girasoli.
“Un giorno” continuò Leyla “si trovavano a passeggiare in un campo di girasoli; era talmente immenso e fitto che si persero, ossia persero l’orientamento. E sapete cosa fecero? Non si scoraggiarono, ma aspettarono insieme la notte per farsi guidare dalle stelle, proprio come i marinai.
I due ragazzi si amavano di quell’amore vero e puro che forse capita una sola volta nella vita, semplicemente e completamente. Si dimenticavano del mondo stretti stretti e abbracciati l’una nell’altro.
Letizia spesso cantava e lui amava quella voce argentina e cara alle sue orecchie più di quella di qualsiasi altro essere.
La notte nel suo letto immaginava di scappare con lei e partire per posti lontani, magari per l’America.
Ma poi la guerra li divise, inesorabilmente.
Era Vincenzo un ragazzo allegro e bizzarro, ma da adulto divenne un uomo focoso e collerico. Montava rabbia in men che non si dica e dettava regole e doveri per tutta la famiglia e per i suoi lavoranti che trattava con estrema durezza, ma con uguale giustizia.
A casa era il padre padrone, nulla che lui dicesse poteva essere contradetto, nessuna decisione presa in contrasto con la sua volontà o che gli facesse dispiacere.