Capitolo 12.

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Cesare appoggiò la schiena contro la sua sedia in pelle nera.
Lo schienale mobile si reclinò leggermente e lui sbuffò: era stanco e gli briciavano gli occhi.

Se li stropicciò sotto agli occhiali dalla montatura sottile che metteva esclusivamente per lavorare al computer e poi si spostò senza alzarsi dalla sedia girevole, puntando le gambe in avanti, verso Tonno.

"Allora?" Gli chiese, guardandolo fisso mentre il biondo lo ignorava.

Tonno alzò gli occhi al cielo.

"Cesare, me l'hai chiesto dieci minuti fa, non è cambiato niente. Ci vorranno mesi probabilmente, mettiti il cuore in pace"
Rispose l'amico.

Cesare sbuffò, alzandosi finalmente dalla sedia.
Si avviò all'appendi abiti della sala relax, dove aveva deciso di lavorare insieme a Tonno quel pomeriggio, e prese il pacchetto di sigarette dalla sua giacca elegante color blu acceso.

Il suo ufficio personale era invaso da secchi di vernice e imbianchìni e sarebbe stato inagibile per qualche giorno: aveva voluto dare un nuovo colore alle sue pareti che da anni erano di un classico bianco immacolato.

Azzurro: aveva scelto lo stesso azzurro di quel cielo della Sicilia che aveva lasciato ormai due mesi prima.

In quel momento, ad inizio ottobre, quell'estate e quella spensieratezza gli mancavano davvero.

Sventolò il pacchetto di sigarette davanti al viso di Tonno, per fargli capire che sarebbe uscito a fumare.

L'amico annuì, senza staccare gli occhi dallo schermo.

Così aprí la porta a vetri e si diresse sul balcone: da lì, in lontananza, vedeva casa sua e tutti gli altri palazzi di City life.

Si accese la sigaretta e si appoggiò al parapetto.
Il vento a Milano era freddo e pungente, nonostante ci fosse stranamente un bel sole; l'autunno aveva fatto il suo ingresso a gamba tesa.

Gli alberi della città si erano già tinti di arancione e rosso dimenticando il verde che avevano avuto per tutta l'estate.

Era ancora avvolto nei suoi pensieri quando gli squillò il telefono; una videochiamata da Nic su FaceTime.

Rispose col sorriso sulle labbra, trovandosi davanti Nicolas, i capelli molto più lunghi rispetto all'estate passata, uno zaino in spalla e gli occhiali da vista sul volto.

"Ei piccoletto" Lo salutò, facendo uscire piano il fumo dalla bocca.

Nicolas lo guardò storto, come ogni volta che lo sorprendeva fumare, ma Cesare lo ignorò.

"Tutto ok?" Chiede, notando il suo umore nero.

"No, per niente" iniziò il più piccolo.
"Pensavo di aver finito con la tesi, ero pronto a consegnarla e invece devo cambiare un sacco di cose e se non consegno tutto tra una settimana mi salta la sessione di laurea" Disse arrabbiato.

Cesare fece cadere un po' di cenere nel posacenere in vetro che aveva lasciato sul balcone quella mattina.

"Posso aiutarti in qualche modo?" Chiese, cercando come sempre di alleggerire le pene del più piccolo.

Nic sorrise appena.

"Non preoccuparti, vuol dire solo che mi devo mettere sotto questa settimana; al massimo salterà qualche chiamata serale" Disse infatti.

"Non ti azzardare piccoletto; non si toccando le chiamate serali. E poi, devo lavorare anche io; sono indietro con il progetto per i Giapponesi, così mi do una mossa"
Concluse Cesare spegnendo la sigaretta.

Nicolas sorrise con più convinzione.

"Ci faremo compagnia allora"

"Certo, non ti abbandonerei mai nel momento del bisogno" Rispose sarcastico Cesare squadrando il ragazzo.

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