Capitolo 24.

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Si sedettero su una panchina mentre il cielo iniziava a tingersi di rosa: l'alba era imminente.

Il tragitto era stato silenzioso e Nicolas non aveva lasciato per un attimo la mano di Cesare: vi ci si era aggrappato una volta fuori dall'attico che dava su Central Park.

Avevano camminato, Cesare col volto risoluto e meno stanco rispetto a qualche ora prima quando Nicolas aveva bussato alla sua porta.
Quest'ultimo era tranquillo: d'un tratto quasi non gli importava più di avere delle risposte.

Aveva ritrovato il suo Cesare ed era quello che aveva sempre sognato.

Quasi però, dopotutto era curioso di sapere.

Lì al Battery Park, alle prime luci di un nuovo giorno, Nicolas poteva scorgere la statua della libertà in tutto il suo splendore.

Inspirò a pieni polmoni e poi si strinse nel suo cappotto: faceva freddo, davvero freddo.
Cesare notò il gesto del più piccolo e lo strinse più vicino a se, cercando di scaldarlo col suo corpo.

Nicolas si crogiolò in quel gesto, finalmente felice di essere al posto giusto.

Restarono in silenzio ancora un po', intenti a godersi il mondo intorno a loro che si svegliava piano, in una New York stranamente priva di rumori.

"Cesare Cantelli" Iniziò a parlare Cesare guardando la statua della libertà.

E Nicolas pensò che finalmente fosse arrivato il momento della verità: finalmente sarebbero stati liberi.

"L'uomo, la leggenda" Continuò Cesare, immerso nel flusso di pensieri.

"Per tutti sono il figlio di uno tra i più famosi architetti al mondo, erede di un grande impero. Sono un figlio d'arte nel settore ma nessuno mi considera una persona con poco talento e messa in carica solo per via di mio padre: tutti conoscono le mie capacità e potenzialità, tutti si aspettano grandi cose. Dopotutto, l'ultimo progetto con i giapponesi ne è stata una dimostrazione più che efficace"

Si passò una mano tra i capelli, nervoso.

"Laureato con il massimo dei voti, a soli ventisette anni ho già alle spalle diversi progetti andati a buon fine, una sfilza di clienti e una bellissima reputazione: tutti aspettano solo che decolli ma è una questione di quando è non di se"

Sorrise tristemente.

"Tutti si aspettano grandi così e questo è un mondo di squali in cui non posso affogare: l'ho capito fin dall'adolescenza alle prime cene di lavoro che feci con mio padre. Lo capì vivendo con mio padre molti anni fa. Sono perfetto per questo mondo e per esserlo devo essere freddo, cinico e calcolatore, devo riservare tutto me stesso e il mio vero io solo nei progetti: lì posso permettermi di essere emotivo, ma solo lì"

Un gabbiano passò poco lontano da loro, facendo un gran rumore che distolse per poco l'attenzione di Nicolas.

"Questo è Cesare Cantelli per tutti, o meglio, per la maggior parte della gente.
In realtà questa è solo una parte della storia, quella finale e più superficiale se così possiamo dire: ma tutte le storie hanno un inizio.
La mia inizia in un modo totalmente diverso da quello che ci si può aspettare vedendomi ora"

Chiuse gli occhi e con la mano andò a cercare il pacchetto di sigarette nascosto nella tasca del giubbotto.

Nicolas agì di istinto e gli bloccò la mano, stringendola tra le sue.

Cesare sorrise, senza guardarlo.

"Hai sempre intenzione di farmi smettere" Disse a bassa voce.

Lui annuì senza parlare: non voleva interromperlo.

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