Capitolo 4.

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I giorni passarono veloci e il piccoletto non gli diede mai tregua.

Non c'era momento in cui Cesare non lo avesse intorno e, nonostante continuasse ad essere sostenuto e burbero, tutti avevano capito che la sua presenza non lo dispiaceva affatto.

In quei due giorni era riuscito a non alzare gli occhi al cielo altre volte, rimanendo quindi in debito di un solo caffè, cosa che Nicolas continuava a ripetergli.

Ormai Nelson e Tonno avevano iniziato a prenderlo in giro e a stuzzicarlo; lo conoscevano meglio di lui stesso e avevano capito che quel ragazzo aveva suscitato in lui qualcosa.

Cesare però negava ad oltranza e Dario e Beatrice si limitavano ad osservarlo con un cipiglio alzato mentre lo faceva: nessuno gli credeva.

Eppure avrebbe negato fino alla fine perché neanche lui si capacitava.
Quel piccoletto, in qualche modo, lo rendeva più leggero, gli faceva dimenticare i problemi ma non poteva concedersi il lusso di essere spensierato; lo sapeva.

Quindi teneva le sue barriere alte, nonostante qualche spiraglio lasciato aperto.

Quel giorno, finalmente, riportarono l'auto al noleggio.
Cesare pagò il conto della Giulia Romeo che era stata protagonista di grandi vicende in quella vacanza e poi andò verso l'auto di Nelson per accorgersi che era piena; dentro c'erano appunto il riccio, Beatrice, Dario, Tonno e Federico.

"No" Disse, guardando la panda gialla del duemilasei guidata da Nicolas.

"Oh andiamo Cesare" Disse Nelson, guardandolo.

"Io lì non ci salgo" Ripetè il ragazzo.

Frank, seduto affianco a Nicolas sulla panda, trattenne una risata.

"Sei troppo raffinato per la mia macchina?" Chiese Nic, mettendo la testa fuori dal finestrino.

"Oh come sei generoso: chiamarla macchina è farle un complimento" Disse Cesare, tirando fuori una sigaretta e accendendola.

Tonno e Beatrice intanto ridevano come pazzi alla scena.

"Ci vediamo in centro" Disse Nelson, partendo, senza dare tempo a Cesare di protestare ancora.

Il ragazzo trattenne a stento la rabbia, facendo un lungo soffio, buttando fuori il fumo della sigaretta.

"Hai intenzione di salire o ci raggiungi a piedi?" Chiese Nicolas, accendo l'auto.

Cesare buttò a terra il mozzicone di sigaretta e chiuse gli occhi.
Era diventata la sua alternava ad alzarli al cielo, visto che ancora gli mancava un caffè da offrire.

"Salgo, ma fammi guidare, non mi fido ne di te ne di questa "macchina"" Disse, facendo le virgolette con le dita mentre le sue labbra articolavano l'ultima parola.

Nicolas sorrise, scendendo dall'auto e mettendogli le chiavi in mano.

"Come desidera, sua maestà" Disse, ironico.

Cesare lo guardò e entrò in auto.

Dopo aver messo le chiavi nel quadrante sbuffò; quello era davvero il suo declino, guidare una panda del duemilasei, per di più gialla.

Qualche ora dopo, mentre passeggiavano sereni sul lungomare della città, Cesare si allontanò leggermente dagli altri, rimanendo più indietro, la mente fissa in ricordi del passato difficili da cancellare.

Frank si staccò dal gruppo e gli si affiancò.

"Hai da accendere? Ho lasciato a casa l'accendino" Gli disse, la sigaretta tra le labbra.

Colse l'occasione per accendersene una anche lui, pronto a riassaporare quel fumo che portava sempre ai  ricordi più dolci e amari che avesse.

Inspirò, espirò, il fumo che usciva dalle sue labbra.

Ai confini del mondo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora