Impatto

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I capitoli a seguire saranno dal punto di vista di Derek, se ci sono cambiamenti su chi parla come nel capitolo precedente ve lo faro sapere.

Buona lettura.

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Mi fermo davanti alla porta pronto a suonare quando noto il cognome "Stilinski".

Ecco la vera prima tabella, il cognome. Eppure tutti ti dicono che troverai la tua strada con il tempo, ma quando c'è questo cognome che ti perseguita è quasi impossibile.

I sussurri sulle aspettative e il tuo comportamento, dipendono dalle azioni di tuo padre, di tua madre, e se ci son fratelli maggiori, anche da loro.

Sbuffo e mi appresto a suonare il campanello, non voglio pensare più, non voglio sentire il peso della delusione, che poi non sono gli altri a provare questo sentimento come te steso, la delusione di sé stessi e cominciare a crescere il sentimento di essere messo da parte, solo, abbandonato.

Nessuno viene ad aprire la porta c'è silenzio, riprovo ma ancora nulla.

Forse è succeso qualcosa o pure non si sveglia presto.

Facio il giro della casa e vedo che c'è una finestra aperta.

Beh infrazione di casa, soprattutto dello sceriffo, ma se lo trovo morto almeno avrò fatto qualcosa di buono.

Salgo sopra e mi trovo in una stanza semibuia, sento un movimento e mi scostò apena intempo, prima di essere colpito....

Ma è una mazza di beasbool?

È...

Stiles?

È irriconoscibile, occhi vuoti, malinconici e tristi.

Mi a vicino ma lui mete la distanza con quella mazza.

"Non ti avvicinare. Vattene" voce roca, come se non avesse parlato ma le parole sono immerse in un veleno, forse la solitudine.

Non mi muovo e lui sembra fare come un ringhio sbufante.

Sono ancora fermo e lo guardo negli occhi, lo vedo vacillare, come se stesse per cadere mi muovo subito per aiutarlo a sorreggersi, ma non so come ma riesce a spingermi e quasi perdo l'equilibrio. Vedo nei suoi occhi odio.

"Cosa credi di fare Hale? Credi che solamente perché ti aiuterò con lo studio puoi entrare qui e fare come se fossi il padrone? Tu sei solo bravo a fingere una vita che non è tua, e pure hai una famiglia che ha sempre lottato, quindi dimmi perché tu sei così. Anzi non voglio saperlo. Voglio solo che tu te ne vada, non è giornata." non mi muovo e allora lui mi urla contro, pronto a capirmi.

Butto giù la mazza, la sua presa non era così forte, e me lo stringo, lo abbraccio.

E lui stranamente non si muove, si aggrappa e comincia a piangere come se avesse perso qualcosa di importante.

L'unica cosa che io facio è stringerlo e notare, per la prima volta, come in realtà sia fragile.

Ottuso ma carino sterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora