Capitolo 14

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Lo guardai esterrefatta, non potevo crederci. Un ragazzo come lui, buttato a vivere da solo, senza nessuno al suo fianco... Come un genitore.

Volevo sapere di più, la sua storia pretendeva di essere raccontata e lui, non poteva far altro che raccontarla all'unica persona che non avrebbe mai fiatato, durante il suo racconto.

-La comunità si trovava nella periferia di Londra, ogni genitori di quel quartiere raccomandava al proprio bambino di non avvicinarsi ai ragazzi che ci vivevano. Ricordo ancora di quanto fossero viziati e maleducati nei nostri confronti. Per il resto, la cosa piú importante era che il mio compagno di stanza aveva 17 anni, fumava sdraiato sul mio letto sporcandolo di cenere. Josh.

Forse era l'unico ad aver capito veramente che cosa sia la morte, non mi spiegarono mai il motivo del suo trasferimento. Ci rimasi male, anche se cu eravamo scambiati solo un saluto in tutta la sua permanenza nella nostra stanza, eravamo diventati amici. Due ragazzi che condividevano il silenzio, contemplandolo con una sigaretta.

Frequentavo una scuola pubblica, non avevamo soldi. Passai tre anni in quell'istituto, andavo bene, ma stavo sempre in disparte. Quel mondo, non era per me. Passavo il mio tempo libero in un piccolo parco, forse era l'unico posto in cui io ero me stesso- chiuse il diario e finalmente ripresi a respirare. Lo guardavo stupita, non me lo sarei mai aspettato.

-questa era la prima pagina- disse con amarezza posandolo sul mio comodino.

-non guardarmi così, io sto bene- continuò con voce titubante.

"No"

"Non stai bene" Urlai nella mia mente, con un piccolo scatto afferrai il suo quaderno e me lo portai al petto.

-Vuoi leggerlo?- Chiese, i suoi occhi si incupirono. Annuii e lui senza dire niente, uscì dalla mia stanza.

Ero di nuovo sola.

E che palle.

Controllai l'ora sul cellulare e non potei far altro che sbuffare, Niall non sarebbe arrivato per le prossime tre ore.

Mi alzai dal letto con tutte le forze che avevo risparmiato stando sempre nel sdraiata e decisi di fare un giro, dopo tutto, vedevo sempre altri pazienti girare nei corridoi. Nascosii il diario di Harry tra l'elastico del mio pigiama e il tessuto pesante della felpa, non li avrei mai lasciato nella mia stanza, sapevo perfettamente che ci controllavano come dei prigionieri.

Uscii dalla stanza dopo avere staccato la flebo dal mio braccio, non mi importava se le medicine non andavano nel mio corpo. Io stavo bene semplicemente non avevo la voce per parlare.

Molti pazienti giravano per il corridoio davanti alla mia stanza con sguardi tristi e persi nel vuoto, poche chiacchiere riempivano lo spazio di passaggio.

Non avevo mai desiderato tanto mia madre in quel momento, era sparita da qualche minuto, non sapevo la causa o il motivo. Di sicuro, non mi dispiaceva non sentire le sue urla e commenti sgradevoli su ogni fottutissima cosa che facessi.

-È uscita- sentii un vicina che parlava piano qualche porta più avanti.

-Secondo te non parla veramente?- un'altra ancora su aggiunse a quella di prima, erano dei bambini. Abbassai gli occhi al pavimento, pure loro frequentavano la C.O.S?

-Ovvio ce l'ha detto il suo ragazzo- Ridacchiò la bambina.

-quello biondo?-

-si, è un principe secondo me- Sorrisi divertita. Mi incamminai verso la stanza in cui erano loro, le gambe erano pesanti e la testa sembrava potesse esplodere da un momento all'altro. Appena arrivai dalla porta mi meraviglia.

The White Wall |n.h.|#wattys2015Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora