9. Datemi un figlio e muoio
Quando alcuni uomini rissano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un'ammenda, secondo quanto imporrà il marito della donna, e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato. Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita.
(Esodo 21, 22-23)
Hogwarts, 12 febbraio 1001 d.C.
«Tosca non scenderà a cena?» Corinna sorride, dolcemente, inclinando leggermente il capo. «Dovrebbe già essere qui».
Salazar scuote il capo, con aria stanca. Ha un sorriso che gli s'è congelato sul volto, distrutto, e che gli impedisce di parlare. Un pensiero ricorrente gli si forma in mente, sfregiandolo: Tosca non scenderà a cena nemmeno oggi.
Tosca è piegata in due sul pavimento freddo, tenendosi il ventre con le mani, mentre rimette anche quello che non ha mangiato. Ed è solamente, indiscutibilmente (colpa sua) l'ennesimo abominio con cui potrà mai sporcarle l'anima nuda, cruda, intonsa.
«Non è colpa vostra, Salazar» commenta Lady Corvonero, giocherellando con la propria forchetta. «Ognuno sopporta da sé quel che da sé si causa».
Salazar china il capo, non c'è spazio per il senso di colpa, in lui, eppure qualcosa gli si agita in petto. Qualcosa che deforma le ossa, sfilacciandogli la cassa toracica e non dandogli tregua. Una parte di sé, chissà quanto importante, semplicemente lo sa.
Che Tosca non è fatta per partorire i suoi figli, e quella fatica potrebbe portarla facilmente all'ultimo respiro – e in quella solitudine che lei ha deciso di imporgli, chissà da quanto tempo, Salazar dovrà convivere con la certezza annichilente che la colpa sarà sempre sua.
«Pensavo fosse troppo in là con la gravidanza, per avere ancora le nausee» commenta Corinna, con tono di cortese disinteresse. «Forse, dovremmo farla visitare dal Medimago del castello».
Ma Salazar le lancia un'occhiata talmente atona e priva di significato che Corinna, che pur lo conosce meglio di quanto non riesca a conoscere sé stessa, si trova a spalancare gli occhi scuri, sorpresa. Perché ha visto Salazar irato, calmo, ambizioso, divorato da qualcosa – ma mai e poi mai rassegnato con quella rassegnazione cieca e insensata che gl'illumina gli occhi verdi, e la turba al pari dello schiaffo datole da Godric mesi prima.
«L'avete capito anche voi» risponde, lui, piano. «Solamente a lei pare non essere chiaro: non è in grado di darmi un figlio, anche se lo vorrebbe».
Corinna gli sfiora il braccio con una mano, con aria sinistramente consapevole, e scuote il capo con aria piena di una comprensione che non prova. «Abbiate fede» sussurra, piano. «E vedrete che ce la farà. Tosca è più forte di quanto voi non siate disposto a concederle».
Salazar annuisce ma, dentro di sé, lontana è la convinzione che le parole della Corvonero avrebbero dovuto suscitargli. Perché, semplicemente, lui Tosca Tassorosso l'ha vista.
Seduta sul pavimento, con la schiena poggiata contro il muro a carezzarsi il ventre prominente, sussurrando scuse in una cantilena quasi indistinguibile. Datemi un figlio, altrimenti muoio – e lui, che è sciocco, sciocchi i pensieri e sciocco nel momento in cui le ha detto di sì, la osserva sfiorire contro quella parete e contro quel pavimento, inerme. Datemi un figlio e muoio.
«Voi potete fare qualcosa» sussurra Salazar, affilando lo sguardo. «Basterebbe una pozione. Convincerla a desistere, voi... me lo dovete, Corinna».
Lei sorride, dolcemente, e scuote il capo. «Non acconsentirà mai» prevede, atona. «Sapete anche voi quanto tenga a quel bambino, non lo lascerà andare solamente perché è il vostro desiderio».
Salazar china il capo, ma è una frazione di secondo in cui un semplice pensiero gli si forma in mente, annacquandogli i pensieri. «Ingannatela» commenta, piano. «Voi... ci siete riuscita con Lord Grifondoro, sono sicuro che riuscireste anche questa volta».
Corinna lo guarda, e le pare così solo e disperato che, per una frazione di secondo, vorrebbe avere abbastanza coraggio per dirgli che, sì, acconsente. Ma poi si ricorda di Helena, del primo calcio che le ha smosso il cuore, e allora non riesce a dirgli nemmeno quella semplice parola. Sì.
Perché lei, che ha ferito e distrutto tutto quello che le si è sempre parato davanti, non riesce a ragione a privare una madre del figlio e, allora, Corinna semplicemente china il capo e ha gli occhi umidi di lacrime di comprensione.
«Pensavo vi foste disabituata a qualcosa di così superfluo come l'avere un cuore» osserva Salazar, con una smorfia schifata. «Siete capace di avvelenare, perché questo dovrebbe essere diverso?».
Lei sospira. «Non mi aspetto che capiate» risponde. «Ma io so bene cosa vuol dire aggrapparsi a un figlio che ancora non c'è, pur di non sprofondare».
Salazar non comprende – e niente odia di più che la mancanza di comprensione, che l'attanaglia come un fastidioso nodo allo stomaco – e allora le lancia un'occhiata stanca, priva di aspettative, che a Corinna frammenta l'anima come vetro veneziano.
«Non ditemi che si è risvegliata la vostra parte umana, Corinna» commenta Salazar, atono. «Voi non siete così».
«E ditemi» risponde lei, piccata. «Voi sapete come sono?».
Ma è una domanda sciocca, certo che Salazar lo sa: la conosce, lui, meglio di quanto Corinna non sia in grado di fare da sé. Sono tempi lontani, i loro, ma li riesce ancora a ricordare.
Giorni sbiaditi e stracciati in cui si sono vissuti, scoperti, e forse persino innamorati – giorni che né Tosca, ancora bambina, né Godric conoscono o, in verità, potrebbero ricordare.
Ma loro sì. Salazar ricorda, senza malinconia, i tempi in cui era lei l'unica in grado di comprendere quei piani che, invece, Tosca ha sempre osteggiato.
«Se non lo so io» ride, Salazar, amaramente. «Chi pensate possa saperlo? Godric?».
Lei china il capo, sconfitta. «Non posso farlo» ammette, scrollando le spalle. «Tosca ha milioni di cose per cui non può perdonarmi, non le darò un altro motivo per non farlo».
Lui sospira: lo sapeva, fin dentro le ossa, che Corinna Corvonero mai si sarebbe abbassata a dirgli di sì.
«E non vi permetterò nemmeno di farlo da voi» commenta lei, piano. «Non rovinate tutto, ve ne prego».
Salazar sospira, pianissimo, e non ci sono prospettive che gli vengono in mente per quel suo scopo così incomprensibile (salvarla). Così china il capo, in un muto e incomprensibile cenno di resa, prima di tornare a scrutare quegli occhi scurissimi – Corinna non cede e ne restituisce lo sguardo, salda, fiera come lo è sempre stata.
«Era proprio quello che temevo» commenta Salazar, esausto.
STAI LEGGENDO
Il racconto della regina
Fanfiction[Tosca/Salazar, Godric/Corinna, accenni futuri di Helena/Barone | Long-fic] Il ghiaccio è crepato, all'orizzonte, crepato e imperfetto su un orizzonte nascente, e riflette la luce del sole. Da lontano, sembra di essere nuovamente sulle scogliere nor...