Capitolo 4

105 27 30
                                    

Ventinove minuti prima della fine.

Forse non avrei dovuto farlo.

Stupida stupida stupida

La mia vita sociale è pari a quella di un eremita in ritiro spirituale sulle Dolomiti e appena ho l'opportunità di farmi degli amici va sempre storto qualcosa. Ma dopo tutto se lo è meritato, no? Non sono sicura di voler conoscere la risposta.

«Ehi! Dove diamine stai andando?»

Mi lascio alle spalle la voce adirata del ragazzo sconosciuto alla quale ho appena versato il mio di drink di proposito sulla camicia. La mia bocca si piega istintivamente in una smorfia anche se lui non può vedermi.

«Via.» borbotto a denti stretti. Sento la mia mascella implorare pietà per quanta forza io ci stia mettendo a tenere la bocca chiusa mentre le mie gambe percorrono a grandi passi l'appartamento.

E' più piccolo di quanto sembri in realtà e se non fosse per le spinte maldestre delle persone che si accingono a ballare, sarei già fuori da qui da un pezzo. Tasto le sacche del mio giubbetto di jeans, cercando invano la familiare forma delle chiavi dell'auto.

Mi maledico per il fatto di averle date alla mia amica in modo che le conservasse nella sua borsetta. Borsetta che Austin ha premurosamente requisito per conservarla al sicuro e riposta chissà dove. Ispeziono con lo sguardo il soggiorno in cerca di un attaccapanni o un armadio.

Niente.

«Dio!» urlo quasi senza accorgemene in preda alla frustrazione. Alcune ragazze a fianco mi guardano come se fossi completamente pazza e fanno spazio per farmi passare. Afferro la prima bottiglia di liquido ambrato che trovo sul bracciolo di una sedia e ne bevo una lunga sorsata. Sento che potrei esplodere da un momento all'altro.

Quel liquore dalle dubbie origini è la cosa più terribile che io abbia mai assaggiato. Mi manda la gola letteralmente a fuoco, ma forse potrebbe davvero rendere tutto più sopportabile.

Vorrei soltanto un posto dove lasciar riposare la mia mente.

Osservo da lontano la forma di un'unica porta bianca in fondo alla stanza e l'unica cosa che desidero è rifugiarmi all'interno ed uscire dalla calca di tutta quella gente. Quasi non mi accorgo di aver preso il pomello in mano ed essere piombata in una camera da letto.

Richiudo la porta alle mie spalle e mi guardo attorno. La musica arriva con uno spesso strato ovattato dando tregua alle mie orecchie.

Quella che ho di fronte sembra la camera da letto buia di un soldato che non vuole personalizzare troppo il suo alloggio in caserma. C'è un letto sfatto dalle lenzuola chiare addossato alla parete sinistra, una piccola finestrella rettangolare in alto. E' piccola ma abbastanza luminosa da far filtrare i raggi della luna e illuminare la camera parzialmente.

Su una sedia vi è appollaiato quello che sembra un vecchio giradischi e una cassettiera in legno si trova proprio accanto al mio fianco. Con un sospiro di sollievo abbandono la testa appoggiandola alla porta dietro le mie spalle

Un rumore improvviso mi fa spalancare gli occhi.

Solo in quel momento mi accorgo di un ulteriore porta, probabilmente quella di un bagno, dove si staglia una figura fin troppo alta in controluce e a petto fin troppo nudo.

«Che fai qui tu? La guardona?» Chiede squadrandomi dall'alto in basso. Ha la camicia bagnata di prima in mano e uno sguardo da pirata negli occhi.

Oh, diamine non lui. Non ora.

«Oddio, scusami.» Dico troppo tardi, girandomi verso la parete. Ho impiegato più tempo del previsto a staccargli gli occhi da dosso.

Tutte le brave ragazze finisco all'infernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora