2 - Alberello

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La mattina è sempre stata qualcosa di difficile da affrontare per me. Ci sono quei giorni in cui vorresti dormire altre 24 ore, altri in cui sei determinato ad alzarti alle 7 per essere produttivo. Io non sono mai riuscita a trovare un equilibrio, ma perlomeno ci ho provato. Tutt'ora mi è difficile spegnere quella dannata sveglia quando suona ed alzarmi, anche se la sera prima avevo deciso di alzarmi presto. Anche questo sonno qui mi sembra che abbia interrotto qualcosa... L'ultima cosa che mi ricordo è un paio di occhiali e un certo tepore di un corpo che mi abbraccia. Forse è meglio riaprire gli occhi.

:- ...astanza riservata, forse non si trovava a suo agio qui dentro.

Sembra la voce di mia madre...

:- Signora, ci dispiace davvero tanto per l'inconveniente. Almeno il dottore ha detto che con questa flebo si risveglierà di qui a poco.

Anche questa voce mi è familiare, ma non capisco bene di chi sia. A questo punto decido di mettermi a sedere, ma appena appoggio il braccio per darmi la spinta, sento una fitta all'interno del gomito.

:- Ahia...

Mia mamma si avvicina e mi aiuta a mettermi a sedere sul lettino. Mi viene accanto anche la figura familiare, che riconosco essere Giuseppe, il "Mate blu". Solo adesso noto la flebo attaccata al braccio, motivo per il quale ho sentito dolore in precedenza. Poi sento il rumore di una sedia che si trascina a terra e un altro ragazzo è improvvisamente davanti a me. Stefano, preoccupato, mi afferra la mano.

:- Heilà, stai bene? Mi hai fatto prendere un colpo, bischera.

:- Ah, si... sto bene grazie. Che posto è questo? Che è successo?

Mi guardo attorno e vedo un lavandino, un tavolino con sopra degli scaffali pieni di scatoline, qualche sedia e infine il lettino dove sono sopra. Questa è senza dubbio un'infermeria. In questo esatto attimo mi torna tutto alla mente: la fiera, il meet and greet, Marta, la febbre che mi sale e l'ansia del momento. Mi porto le mani alla testa e chino lo guardo verso il basso.

:- Scusate, ho rovinato tutto, non volevo davvero.

Interviene Sascha, che stava seduto lì accanto.

:- Ma va, è tutto ok! L'importante è che tu ti sia risvegliata, l'incontro era in ogni caso quasi concluso.

Accenno un lieve sorriso, poi torno a coprirmi lo sguardo con le mani. La testa non scotta più e non ho più le vertigini, anche se vedo ancora un po' sfocato. Però quello in realtà è probabilmente dato dal fatto che mi sono appena svegliata. Mi strofino gli occhi velocemente e appoggio la schiena al muro. Giuseppe si mette a sedere accanto a me e inizia a farmi delle domande.

:- Ti ricordi cosa è successo?

:- Ho iniziato a sentire il disagio, la pressione di stare in mezzo ad altra gente, il fatto che ero l'unica diversa senza una t-shirt. Lo so, sembra un motivo stupido e avete ragione a pensarlo.

:- Tranquilla, continua.

:- Ho iniziato a respirare male e la testa mi si è riscaldata, forse è stato a causa di quella bevanda che ho bevuto prima.

:- Abbiamo controllato, il dottore ha fatto delle breve analisi e non ha riscontrato niente di pericoloso in quella bibita. Penso che tu ti sia soltanto sentita male per la situazione insolita, ecco!

Non rispondo, mi sento davvero un rifiuto. Li ho fatti preoccupare per una cosa stupida e infima. Come me. A questo punto interviene Stefano.

:- Non ti buttare giù, poteva succedere a chiunque. Tieni, prendi questa.

Mi porge una felpa dei mates, nera e con il logo bianco.

:- Mettila al ritorno, che adesso fa più freddo.

Mi scappa un sorriso un po' più ampio di quello di prima, e lui ricambia con uno a trentadue denti. Si alza anche Salvatore, che mi tocca una spalla e dice agli altri che è ora di chiudere. Allora guardo l'orologio da polso e mi rendo conto che dovevo essere a casa da oltre due ore. Sono già le 10 di sera. Giuseppe mi toglie la flebo e mi applica un cerottino dove c'è il buco. Mi alzo e li abbraccio tutti, salutandoli e ringraziandoli a modo. Poi, di fianco a Marta e con dietro madre e sorella, ci avviamo verso la Jeep in parcheggio. Tengo stretta la mia nuova felpa, vicino al cuore, perché so che un momento del genere non potrò dimenticarlo. Sia in lato positivo che negativo. Marta mi apre lo sportello, e una volta dentro ringrazia tutta la famiglia per averla portata fino in città per questa esperienza. Durante il viaggio di ritorno si addormentano sia mia sorella che Marta, stanche per questa estenuante giornata. Io non riesco a dormire, sia perché ho dormito fino a poco fa, sia perché ho avuto talmente tante emozioni tutte insieme che non ce la facevo proprio. Stringo di nuovo la felpa, poi la guardo per bene. Che sia un po' troppo grande? Vedo che dice l'etichetta. In questo momento scopro che lì c'è scritto un messaggio con un pennarello rosso: "scrivimi "alberello" su insta". Intuisco senza problemi che si tratta di Stefano (poiché il pennarello è rosso e la felpa me l'ha data lui), e che la parola "alberello" forse era solo un modo per lui di riconoscermi.
Prendo il cellulare per scrivergli subito, ma la batteria è scarica. Poco importa, appena arrivo a casa lo attacco alla presa e riprendo da dove ho lasciato.

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