1- Bonnie Allyson Argent

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Avevo bisogno di equilibrio e stabilità, ho fatto tante cazzate nella vita e la scelta era: tornare su una strada principale o continuare su quelle brutte strade sterrate che a volte risultavano molto scivolose.

Ma tenevo veramente alla mia famiglia e mi son sentita in dovere di tornare sulla strada giusta.

Ma è questa quella giusta?

Intendo giusta per me?

Probabilmente no, però è una strada mediocre, un buon lavoro, per cui ovviamente non vado matta, una casa troppo grande per me, uno stile di vita più ragionevole e meno confusionario rispetto a qualche anno fa. La vita mi ha giocato brutti scherzi, anzi direi parecchio cattivi, ma sono qui, ancora viva e vegeta seduta ad una scrivania come assistente del capo.

«Bonnie mi serve il fatturato del mese, riesci a fartelo avere entro oggi?», domanda il boss tramite l'interfono che ha fatto installare per non alzarsi dalla sua comoda poltrona in pelle.

«Si dovrei riuscirci, è tutta la mattina che ci lavoro su, te lo faccio avere al più presto papà», rispondo.

Mi presento sono Bonnie Allyson Argent, abito a New York da sempre, ho 25 anni e lavoro per mio padre, lui è il direttore di G.E.James, un'agenzia che si occupa di organizzare sfilate e feste di alto livello, il suo grande nome è Harry Argent e io odio questo lavoro da assistente del capo, per due motivi: quando si fa un viaggio si fa solo per lavoro, poi, lavorare gomito a gomito con il proprio padre non era quello che aspiravo nella vita. Però c'è anche un lato positivo, cioè vedere i modelli che posano, ogni volta che c'è un servizio fotografico o qualche sfilata.

Sono cresciuta con due uomini in casa, mio padre e mio fratello Liam. Lui ha quasi 30 anni e ha fatto sì che la sua passione per la fotografia gli desse, letteralmente, pane per i suoi denti, al momento dovrebbe essere in Malesia a collaborare con qualche rivista sull'ambiente, è tanto che non lo vedo ma nel corso la sua carriera è stato ingaggiato più volte da nostro padre come fotografo, che con la scusa del lavoro restava a casa qualche settimana.

Per quanto riguarda me, non ho mai avuto una passione così grande da poterla trasformare in un lavoro, la musica, fa parte di me, qualsiasi genere sia... quando mia madre era ancora in vita mi ha trasmesso questa passione per la musica e tutto ciò a cui è associata cioè ballare, cantare e suonare.

Ogni volta che ascolto una canzone penso a mia madre, quando la domenica mattina mio padre e mio fratello dormivano entrava nella mia camera e metteva i tormentoni del momento e mi faceva ballare per ore e ore fino allo sfinimento, ero molto legata a lei e mi manca, mi manca da impazzire.

Ho perso mia madre quando avevo 8 anni, un tossico di merda l'ha ammazzata di botte per rubargli i gioielli che indossava. La polizia la trovò per terra in un vicolo piena di lividi e di sangue. E durante il viaggio in ambulanza mia madre ci lasciò.

È stata dura per me, Liam e mio padre, ma siamo riusciti lentamente a rialzarci.

Sono cresciuta qui, in mezzo a queste scrivanie con solo figure maschili che mi circondavano, non è che mi sia mai dispiaciuto, solo che non potevo parlare con nessuno delle mie prime cotte, non potevo piangere abbracciata a qualcuno quando il moccioso di 3C mi tirava i capelli perché non volevo dargli il mio nuovo gioco e poi c'è stato il momento più traumatico di tutta la mia vita, avevo da poco compiuto 11 anni, il primo ciclo.

Quando quella sera vidi le mie mutandine insanguinate, pensavo di morire, ho urlato chiamando aiuto e mio padre accorse in bagno, quando gliele mostrai urlando: «Papà stò morendo dissanguata, chiama un'ambulanza», ricordo ancora la sua faccia, era più rossa delle mie mutandine, ha cercato di tranquillizzarmi e di farmi capire che era una cosa naturale e che ero appena diventata una donnina e non appena mi tranquillizzai chiamò l'unica mezza figura femminile che avevo: Joshua, un dipendente di papà e caro amico di famiglia rigorosamente gay. Quella sera è venuto a casa con 3 tipi di assorbenti e mi ha spiegato come comportarmi.

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