Fremiti - Diego

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"Non credi d'andare un po' troppo di fretta?". Gli chiedo prendendo l'ennesimo cioccolatino dal vassoio. "Potresti avere chiunque quindi perché rischiare con me?".

Lo guardo portare il bicchiere davanti al viso e attraverso il vetro vedo i suoi occhi allungati farsi più grandi. Non ha più la mano sul mio volto, ma il calore che ha lasciato al suo posto ancora brucia la mia pelle. E questa girandola di emozioni che imperterrita continua a girare non mi lascia nemmeno il tempo per pensare se quello che sto condividendo con questo ragazzo sia la scelta migliore per me, che non so nemmeno chi sono.

"Perché preferisco rischiare piuttosto che avere al mio fianco qualcuno che mi desidera solo perché sono famoso". Scuote il liquido ambrato facendo salire in superficie le bollicine prima di berne un sorso. "Nessuno mi avrebbe tirato un pugno, nessuno si sarebbe tirato indietro al tuo posto e questo", dice toccandosi il livido vicino alla bocca, "è una cosa che non sarei in grado di comprare con i miei soldi".

"Non avrei dovuto in ogni caso, non lo meritavi". Dico abbassando lo sguardo e iniziando a giocare con il cuscino sul quale siamo seduti. "Ho sbagliato".

La sua mano si appoggia sul mio mento, alzandolo. "Non hai sbagliato tu, ma io. Sono io che non avrei dovuto spingermi così oltre".

"Ma io ti ho istigato".

"E allora siamo pari. E va bene così!". Mi rassicura.

Lo guardo e non accenno a distogliere lo sguardo. Mi perdo in quei tratti così diversi dai miei e che mai avrei pensato di trovare attraenti eppure più lo osservo e più mi do dello stupido per quel pensiero tanto superficiale. I nostri occhi giocano al tiro alla fune, con lui che prova in tutte le maniere di attirarmi tra le sue braccia e io che invece continuo a frenare puntando i piedi su quel terreno che però, anche se di poco, sta cedendo. E quando un brivido di freddo mi riscuote, interrompo quella nostra lotta.

"Andiamo dentro". Mi dice alzandosi e porgendomi la mano.

Chiudo gli occhi un solo secondo e quando riapro le palpebre, lasciando sulla terrazza ogni mio timore, metto la mia mano nella sua, affidandogli più di quello che racchiude questo semplice gesto. 

Mi accompagna all'interno e poi torna a prendere il vassoio appoggiato sul tavolino chiudendo la porta finestra al suo rientro. Le lampade accese alle pareti sono lievi e sembrano celare ogni insicurezza, lasciando alla notte lo scettro. 

Si sfila la giacca del completo e, dopo aver sistemato i cuscini sulla testata, si siede con la schiena appoggiata sulla piuma morbida, battendo con la mano il posto vuoto accanto al suo. "Potrei mordere però". Mi avvisa. 

Lo guardo e tutta l'incertezza che solo ieri sera mi aveva investito, ora sembra essere scomparsa. Ho ancora paura, ma non mi voglio nemmeno negare e soprattutto non vorrei ritrovarmi a percorrere i cento metri in cinque secondi dopo averlo fatto scappare. 

"Farai piano?". Gli chiedo avvicinandomi. 

"Farò molto piano". E Cristo in lui vedo già il Dio Hedylogos fare la sua apparizione promettendomi parole dolci e adulazione assoluta. 

Prendo un respiro e con la mente resa leggera dal vino mi siedo al suo fianco nella stessa posizione e, sebbene tra i nostri corpi ci siano vari centimetri di distanza, posso sentire ugualmente quella brama di desiderio dello sfiorarsi farsi sempre più accentuata. 

Sospiro e cerco di concentrarmi. 

"Tieni". Mi dice dopo aver preso il biglietto che mi porge dal comodino. 

Lo prendo e leggo quello che c'è scritto. "Sono tutti i tuoi contatti?". 

"Quelli personali". 

Dentro Al Mio Vuoto Ho Messo I Tuoi BaciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora