Capitolo2

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Odiavo quello stronzo di Roberto con tutto il mio cuore, mi aveva cambiata. Ero diventata fragile, vulnerabile,io non ero così, volevo reagire, ma non ci riuscivo. Era più forte di me! Quel bastardo mi aveva ucciso. Ucciso dentro. Io e Marco entrammo a scuola aspettando Giovanna, che come al solito era sempre in ritardo. Marco mi aiutò per quanto possibile a togliere il fango dalle scarpe, era sempre così gentile e premuroso nei miei riguardi, e questo mi piaceva, mi faceva sentire apprezzata. Dopo circa una decina di minuti Giovi era lì, lei era una persona esuberante, di carattere, e non si faceva mai mettere i piedi in testa da nessuno, quasi la invidiavo. Aveva dei lunghi capelli castani che le incorniciavano perfettamente il volto un po’ spigoloso. Marco invece era il classico bonaccione,moro,ricciolino, pronto sempre ad aiutare gli altri quando cadevano. Aveva provato anche con me, ma non ci era riuscito, infondo ero un caso perso!

-Quali sono le novità di oggi?- chiese mentre posava i libri nell’armadietto.

-Di nuovo- dissi io. Bastò questo, lei subito intuì.

-Cosa ha fatto stavolta quello stronzo?- disse agitandosi.

-Questa volta non l’ha picchiata, ma le ha rovinato le Vans- disse Marco.

-Quelle nuove?- domandò Giovi arrabbiata.

-Si, odio quel bastardo!- le risposi andando verso la classe di Musica. Inizialmente ero sempre contenta quando avevo quella materia ma da quando mi hanno messo in classe con quel’idiota di Roberto non ne ero più tanto entusiasta. Appena entrai mi sedetti all’ultimo banco come ero solita fare, non volevo dare nell’occhio, mentre sistemavo i fogli mi si avvicinò una delle oche di Rob. Egli era noto anche per le sue abilità di Play-boy, si era fatto quasi tutte le ragazze della scuola e si dice che abbia fatto una lista delle migliori.

-Idiota ho bisogno di un favore- disse Tiziana con superbia.

-c-cosa ti serve?- risposi con voce tremolante

-Fammi copiare geometria secchiona, altrimenti..- non completò la frase

-Altrimenti..- azzardando la incitai a continuare. Era la prima volta che le rispondevo, ma la cosa era stata spontanea.

Non parlò,ma passò ai fatti, mi prese il braccio e lo girò con violenza.

-Questo… quindi dammi il tuo quaderno stronzetta- mi lasciò il braccio.

Con la mano “buona” glielo passai e lei sorrise compiaciuta.

Mi massaggiai il braccio dolorante mentre tutti entravano in classe incluso il professore, che voleva fare un annuncio.

-Ragazzi tutti seduti, ho un avviso per voi- ci disse mentre sorrideva contento.

-Ci sarà un concorso canoro, tutti i partecipanti dovranno esibirsi in un duetto. Le coppie le ho già decise, quindi siate maturi e niente storie-

Il prof fece i nomi di tutte le coppie e quando pronunciò “Hope Rinaldi” ci abbinò il nome di “Roberto Senna”. MERDA, MERDA, MERDA. Con tutti, ma non con lui, avrei preferito anche Tiziana pur di non stare con lui. Avrei voluto morire!

-Voglio il testo della canzone pronto per la settimana prossima, anche se il concorso si terrà a fine anno tengo particolarmente al fatto che voi siate preparati. Se ve lo state chiedendo anche la classe del professor Colucci parteciperà al concorso. Ed ora passiamo alla storia della musica Jazz- disse il professore.

Il lato positivo della cosa è che almeno avrebbero partecipato al concorso anche Marco e Giovi. Mi girai verso destra e notai che Roberto mi stava guardando e un brivido mi corse lungo la schiena, avevo paura di lui. I suoi occhi castani mi mettevano paura e la sua faccia mi faceva ribrezzo. Non perché fosse brutto, ma perché… perché… mi veniva naturale. A fine lezione Tiziana mi lanciò il quaderno e Roberto mi si avvicinò. Mi toccò la spalla ed io gli tolsi immediatamente la mano.

-Hope, ci hanno messi insieme-sorrise beffardo, poi continuò.

-Facciamo a casa tua, niente storie- disse serio. Io non lo guardavo negli occhi, avevo lo sguardo basso e lui se ne accorse.

-Perché non mi guardi troietta?- mi alzò con violenza il volto. Io non dissi niente.

-Cosa c’è il gatto ti ha mangiato la lingua Hope?- mi diede un violento schiaffone e mi spinse contro il muro. Sentii le lacrime scorrermi sul viso.

-Sei soltanto una buona a nulla- si allontanò da me e mentre se ne andava disse: -Domani a casa tua, alle tre in punto, so dove abiti-.

Appena andò via mi accasciai al muro piangente.

Meritavo davvero tutto questo?

Meritavo davvero di essere malmenata, derisa, usata.

Mi presi il volto fra le mani, pensando a come sarei potuta uscire da questa situazione che mi stava lentamente uccidendo.

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MY SPACE

So che non è proprio il massimo, ma spero vi piaccia.

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Baci Terry <3

Hope's blog|| Jemi e NelenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora