8° PARTE

37 5 2
                                    

Il principe fu guardingo, non sostò molto in quella stanza, un fugace sguardo all'ambiente e alla ragazza sinceramente stupida gli bastò per togliere il disturbo, con un educato saluto si congedò, lasciando alla donna la sua libertà.

"Non starete di nuovo praticando quelle assurdità che tanto vi piacciono, vero?"
Le chiese, burbero.
Il capo della donna si voltò di scatto, distogliendo subito l'attenzione da quelle erbe che lei definiva benefiche.
"Non sono assurdità, come voi le definite, non per me almeno. Vi hanno aiutato in passato ogni qualvolta la vostra emicrania tornava a farvi visita, o mi sbaglio, mio caro?"
Con una svolazzante mano e un verso gutturale gettò quell'ovvietà nella sua infinita lista di coincidenze.
"Vi consiglierei di prendervi più cura di voi stessa, mia cara, mettendo da parte tutte queste sciocchezze."
Una ciocca rossa e ribelle sfuggiva dall'acconciatura oramai rovinata della donna.
Una bellezza indubbia ma piuttosto trascurata si sentiva ferita dinanzi alle parole forti del suo consorte.
"I vostri periodi di forte stress si fanno sempre più frequenti, riposate di più, ve ne prego."
Il principe, appena ventenne, si specchiò narciso nel riflesso del vetro di una finestra.
"Odio che mi si venga detto cosa debba o non debba fare, quindi vi sarei grato se vi limitaste ad adempiere ai vostri doveri."

Un volto scavato dal dolore fu l'ultima cosa che ricordò, prima che tutto scivolasse nuovamente nel dimenticatoio.
I vecchi ricordi lo addoloravano ancora, se avesse potuto, in passato, guardare in una sfera quello che doveva essere il suo disgraziato futuro, avrebbe potuto evitare quella maledizione.

***

Il suo carceriere aveva deciso di rendere quella sua prigionia più confortante donandole quella camera che sembrava estranea all'aspetto del resto del castello.
Mobilio raffinato e tendaggi di un colore diverso dal grigio oscuro la rendevano intima.
Si aggirò curiosa per quelle mura, studiando minuziosamente ogni angolo della stanza: una toilette sostava in un angolo, accessori per la cura del corpo sembravano trovarsi lì da un sacco di tempo, impolverati e magari inutilizzati.

Con fare delicato sollevò una spazzola per capelli dal manico in avorio, successivamente la sua attenzione venne attirata da uno specchietto intagliato nel legno con raffinature eleganti.
Quella camera era sicuramente appartenuta ad un'altra donna prima di lei e tutto era rimasto immobile, fermo nel tempo, proprio come questa figura femminile lo aveva lasciato.
Continuò la sua perlustrazione, ferma nel suo intento di poter scoprire qualche altra cosa, una prova ai suoi dubbi.
Continuò a curiosare in giro ma disgraziatamente non trovò altro.
Ma Linsey era ostinata e arrendersi non era mai stata una sua prerogativa, perciò prendendo a due mani un coraggio che vacillava, roteò il pomello e accertandosi che quell'uomo non fosse nei paraggi, silenziosa come un gatto, si addentrò nelle viscere di quel castello.
Lunghi e bui corridoi le indicavano una via ancora sconosciuta, afferrò al volo una lanterna per farsi luce, il ticchettio delle scarpette era l'unico suono in quei tetri cunicoli, ombre inquietanti si proiettavano sulla parete in pietra.
Camminò, non seppe per quanto, quando si ritrovò a fronteggiare un pesante e logoro portone. Una piccola pressione bastò per rivelare alla ragazza il contenuto al suo interno.

Il principe maledetto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora