Addison
Qualche volta mi capita di guardarmi intorno e sentire come se tutti mi fissassero. Commenti su commenti, sguardi su sguardi. La soluzione è ignorarli, oppure guardarli male.
Lo spavento: è questo che mi piace; come mi piace stare da sola. In compagnia di me, solamente me e basta.
Guardo la persone davanti a me, che stanno ancora facendo il test, mentre io ho già finito tutto nel giro di dieci minuti.
I miei pensieri vengono interrotti, però, dal deficiente che da mezz'ora sta giocando con la penna, continuando a fare un rumore fastidioso. Mi fa salire l'istinto omicida.
Inizio a muovere nervosamente la gamba mentre cerco il coraggio di alzarmi e andare a consegnare il compito. Il ticchettio dell'orologio si fa più forte, va a ritmo con il battito del mio cuore e pian piano batte sempre di più. Le pareti sembrano restringersi e l'aria si fa pesante, mentre quell'idiota continua a fare rumore.
Mi alzo di colpo, prendo il mio zaino e consegno il compito, poi senza dire nulla corro fuori dalla classe ed esco dalla scuola.
Mia mamma mi ucciderà e andrò in punizione, sicuro, ma che punizione potrà mai darmi? "Addy non puoi uscire"? Bene, non esco, meglio, vado solo a fare la spesa e mi obbligate pure. Quindi buon per me, evito uccidere il coglione che sta sempre alla cassa e che fa casino con la penna.
Dio, perché ce l'ho tanto con lui?
Entro velocemente in casa, che per fortuna è a solamente un isolato dalla scuola."Addy? Perchè sei a casa?" Chiede la voce di mia madre dalla cucina, sbuffo togliendomi la giacca e buttando lo zaino a terra. Ovviamente ho trovato l'unico momento della settimana dove la mamma è a casa.
"Papà è in casa?" Chiedo, domanda scontata, perché so già la risposta.
"Torna domenica" risponde indaffarata, sta cucinando del cibo precotto, cosa che mi fa intuire che tra meno di mezz'ora andrà via.
Papà ovviamente non c'è, non mi sorprende, lui non c'è mai, lavoro, viaggi, tanto lavoro.
Io gli voglio un mondo di bene, come ne voglio alla donna che sta urlando da dieci minuti contro la pentola piena di purè di patate, ma non ci sono mai, sono sempre assenti.
"Ti ho fatto una domanda, signorina" dice lei leggermente irritata.
"E io ne ho fatta un'altra, cosa pensi che voglia dire? Non voglio risponderti."
"Ehi" si gira verso di me e mi punta il mestolo guardandomi, mentre alza le sopracciglia "abbassa i toni ragazzina, rispondimi e poi vedi, che fine fai."
Sbuffo sedendomi sulla sedia "ho fatto il test e la prof mi ha detto di uscire" giocherello con il mio braccialetto, guardandola quasi impassibile.
"Ti ha detto di uscire..." inizia con una evidente confusione in viso "...e ti ha fatto uscire dalla scuola."
Annuisco serrando le labbra "esattamente" rispondo.
"Non mi dire stupidaggini, non sopporto quando mi parli così e mi dici bugie" dice esasperata, quasi un modo teatrale.
"Davvero mamma? Ti da fastidio?" Dico assottigliando gli occhi.
"Tra mezz'ora hai un volo per il Portogallo, e ti stai lamentando perché non sono come vuoi tu" sospiro "probabilmente sono io la stronza, non credi?" Chiedo retoricamente.
"Sei tu la stronza? Assolutamente sì, non uscirai da questo tetto fino a quando non imparerai le buone maniere" ecco, come previsto, ma dato che oggi sono in vena di fare la simpatica, ho voglia di divertirmi.
Mi alzo dalla sedia, metto il giubbotto di pelle e prendo le chiavi di casa.
"Oh mia maestà" dico sarcastica "propongo un cambio di programma, ci vediamo domenica" faccio un inchino, ridacchio e poi esco, senza nemmeno guardare la sua espressione.Cammino per la strada principale della città, è appena pomeriggio e tutti gli studenti sono già usciti da scuola, a quest'ora.
Giro per una mezz'ora buona, fino a quando non vedo un bar in lontananza.
Bene, so dove andare, non è nemmeno tanto pieno di gente, quindi è perfetto.
Entro nel salone e mi siedo al primo tavolo libero, mi guardo attorno e aspetto.
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𝙒𝙝𝙖𝙩 𝙊𝙣𝙘𝙚 𝙒𝙖𝙨
Fanfiction"Ci sono volte in cui non hai tempo per aspettare l'arcobaleno. Allora mettiti sotto la pioggia e urla."