Maggie
Sbuffo tronando a casa, non ne ho nessuna voglia.
Mi ha fatto piacere aiutare Addison, forse mi sono fatta un'amica. Mentre invece Noah mi odia, perché l'ho letteralmente abbandonato mentre lui iniziava il turno.
Entro in casa e un odore di bruciato mi pervade le narici, corro in cucina senza togliere la giacca e le scarpe.
Come immaginavo c'è una pentola sul fuoco che crea una nuvola di fumo per tutta la stanza. Spengo il fornello immediatamente e apro la finestra vicino al tavolo, sperando di far circolare il prima possibile l'aria in casa.
"Sei a casa, Mags?" Chiede mia madre dal salotto, come se non si fosse accorta di niente.
Entro nella stanza da dove proviene la sua voce e lei mi fa un cenno con la testa, è seduta sul divano mentre legge una delle riviste che prende da lavoro.
"Dov'è Angie?" Chiedo guardandomi attorno. Dovrei mettere un po' a posto. In cucina il lavandino era pieno di stoviglie sporche, così come il tavolo da pranzo, il divano dov'è seduta mamma è pieno di coperte e l'odore orribile di chiuso e bruciato rende il tutto ancora più invivibile.
"Credo sia a dormire" dice non prestando molta attenzione a ciò che dice.
"Credi?" Chiedo esterrefatta. "Sei andata almeno a prenderla all'asilo?" Entro in camera di mia mamma e lascio un sospiro di sollievo non appena vedo la mia sorellina dormire nel letto matrimoniale.
"Sono io la madre qui, non tu, quindi non fare tanto la saputella" dice, non appena rientro in sala. Un tono minaccioso e credibile quanto le notizie sulla rivista che tiene in mano.
"Stava andando a fuoco una padella" dico, raccogliendo tutta la roba che c'è per terra e incamminandomi verso il bagno per buttarla nel cesto dei vestiti sporchi.
Lei sbuffa "come sei pallosa" dice ridacchiando, sospiro.
I nervi mi pungono la pelle dal nervoso e non riesco a pensare ad altro se non risponderle male e andarmene da casa. Mi devo rilassare.
"Vado a fare una doccia, ciao" dico, correndo poi in camera e poi in bagno, una volta preso l'occorrente.Il giorno dopo esco velocemente di casa, dopo aver fatto la colazione per mia sorella.
Nel tragitto incontro il ragazzo che era insieme a Jaeden, ieri. Non mi va di dargli fastidio, quindi gli sto a debita distanza. Sembra un ragazzo molto tranquillo e gentile.
Lui si gira, probabilmente sentendosi osservato, quindi gli sorrido, gesto che ricambia, per poi rigirarsi subito dopo.
Probabilmente ho fatto la figura della stalker, sono un'idiota.
Il tragitto da casa mia alla scuola è molto tranquillo, parto sempre presto, così da non essere disturbata dal traffico o altre persone.
Quando arrivo a scuola mi si stringe il cuore, sensazione che ormai conosco fin troppo bene. Va sempre a finire così, ogni mattina, fino a quando non finisce la prima ora e mi rendo conto che posso sopravvivere per altre sei.
"Ehi Maggie!" Urla una voce alle mie spalle, non appena entro nel corridoio della scuola. Addison mi guarda con un sorriso ammagliante, cosa che fa raramente, e il fatto che lo faccia con me, mi fa molto piacere, le sorrido e lei mi raggiunge.
"Come stai?" Chiedo, lei annuisce.
"Quel tipo non mi ha più dato fastidio, quindi fantastico" dice, ridendo appena.
"Ti immagini se ti avesse chiamata, o cose simili?" Lei rotea gli occhi quasi esasperata.
"Non mi ci far pensare!" Esclama ridacchiando.
Apro l'armadietto e prendo i libri che mi servono, mettendoli dentro lo zaino.
"Senti...oggi pomeriggio vieni al bar? Faccio il secondo turno" propongo sorridendo.
"Certo, tanto non ho nulla da fare" ricambia il sorriso, per poi salutarmi e andarsene nella classe di letteratura, dove vedo entrare il ragazzo del negozio.
Sorrido appena e vado nell'aula di arte.
"Sì! Hai visto? È stato gentilissimo" sussurra la mia compagna, Erin Howthorne, accanto a me.
"E tu Mag? Ci vai all'Homecoming?" Chiede girandosi verso di me, i suoi fini capelli neri ondeggiano con grazia e sembrano usciti da una pubblicità di uno shampoo.
Scuoto la testa confusa, dato che stavo evitando di ascoltare i loro discorsi, e tantomeno farne parte.
Tutti gli anni la scuola organizza un ballo di inizio anno, che però finisce sempre con una rissa oppure viene posticipato per cause maggiori. Non so perché alle mie coetanee piaccia tanto fantasticare su cose che probabilmente non si avvereranno mai.
"No, perché?" Chiedo. Non mi va di contraddirle, preferisco la pace a un gruppo di ragazzine che ridono e mi dicono che ho torto.
"Puoi...andarci anche da sola, lo sai? Insomma...mi dispiace che nessuno ti abbia invitato, ma andarci potrebbe essere un'occasione per conoscere della gente!" Esclama sorridendo appena, gesto che il mio sesto senso intuisce come falso.
"Non voglio andarci e basta, Erin, non sono tutte vivaci come te, al mondo" dico ridacchiando, cercando di sembrare il meno cattiva possibile.
Rimane in silenzio, mentre prendo la mia tela dall'armadio e la appoggio sullo sgabello, guardando poi il mio disegno non ancora completato.
"Secondo me non ti hanno invitata perché sono troppo impegnati a vederti prendere le ordinazioni, non è vero?" Ridacchia, squadrandomi da capo a piedi con un'aria quasi disgustata.
Ha la stessa espressione da quando siamo alle elementari, ormai ci ho fatto l'abitudine. Sempre meglio una faccia disgustata che uno sputo in faccia,
"Convinta tu" sospiro prendendo dallo zaino il materiale per continuare il mio lavoro.Esco dal retro del bar, allacciandomi il grembiule, di Addison non c'è traccia e sospiro vedendo un solo cliente.
"Tocca a te" mi sussurra Noah guardando l'uomo al bancone. Si chiama Pière, è sempre ubriaco, a quanto pare la moglie l'ha lasciato per un miliardario.
Sospiro avvicinandomi e prendendo già la bottiglia di alcolico, mettendola accanto alla caffettiera. Prende sempre un caffè corretto.
"Il solito?" Chiedo sforzandomi di sorridere nel modo più naturale possibile.
"Uh...sì certo, grazie" borbotta con un tono basso e stanco. Le rughe sulla faccia sembrano appesantirsi ogni giorno di più, come se per lui la gravità fosse ancora più presente.
Sospiro annuendo, mentre preparo il tutto.
"Senti, piccola..." sussurra stanco. Rabbrividisco disgustata dal nomignolo, mi viene anche una leggera nausea, ma non faccio nulla "...non è che mi daresti tutta la bottiglia?"
Scuoto la testa sospirando. "Non posso, te l'ho già detto un milione di volte."
Giro appena la testa per guardare di sfuggita Noah, che sta osservando la scena sull'attenti, consapevole che potrà accadere di tutto.
Mi giro e gli porgo il caffè. Mi tremano leggermente le mani.
"Dammi quella fottuta bottiglia" sbatte una mano sul bancone, in modo brusco, sobbalzo spaventata. Si alza di scatto e prende una boccetta contenente lo zucchero, la tiene sospesa in aria come se fosse un ostaggio.
"Lo spacco" dice arrabbiato "se non mi dai quella bottiglia."
Non parlo, non ci riesco, le mie labbra sono socchiuse ma le mie corde vocali non funzionano. Rimango pietrificata alla scena, butta a terra il recipiente, riducendo il vetro in mille pezzi, che vanno a cospargerei persino dall'altro lato della sala. Afferra la tazzina e prima che io possa rendermene conto sento un dolore lancinante al braccio, una sensazione di caldo, o forse di freddo. Mille aghi che pungono la pelle dell'avambraccio, e si espande fino al polso, a causa delle gocce di caffè che scendono verso il pavimento.
Noah si para davanti a me. La sensazione al braccio non svanisce, peggiora solamente. Il bruciore arriva fino alla spalla, anche se quella non è sporca di caffè bollente.
"Vai fuori, subito, non ti vogliamo più qui" dice con tono autoritario, lui sbuffa e se ne va sbattendo la porta.
Mi giro verso il lavandino e metto velocemente l'avambraccio sotto l'acqua fredda, cercando di alleviare il bruciore, o almeno togliere il caffè che continuava a gocciolare per terra.
Gli occhi sono lucidi, le lacrime minacciano di uscire.
"Cazzo...stai bene?" Chiede Noah preoccupato.
Annuisco girandomi verso di lui e sorridendo appena, sforzandomi il più possibile.
"Puoi lavare il pavimento per me, per piacere? Qui ci vorrà un po' " sospiro rigirandomi e guardando il mio braccio. Dovrò metterci una fasciatura, e tanta crema.
Il cellulare sul bancone vibra e il display si accende, mi sporgo per vedere chi è e trovo un messaggio di Addison.Ci vediamo domani, ho avuto un contrattempo.
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𝙒𝙝𝙖𝙩 𝙊𝙣𝙘𝙚 𝙒𝙖𝙨
Fanfiction"Ci sono volte in cui non hai tempo per aspettare l'arcobaleno. Allora mettiti sotto la pioggia e urla."