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I giorni seguenti per Jimin furono un vero e proprio inferno, col cuore sempre in pena e gli occhi fuggiaschi.

Il biondo era andato a dormire subito dopo aver sigillato la promessa con Taehyung, con un bacio tenero e lascivo.Sarebbero scappati insieme, via verso la città, mano nella mano, lasciandosi alle spalle tutto quello che gli era capitato e cominciando una nuova vita.Mentre Jimin aspettava con fervore il momento in cui Taehyung sarebbe venuto a prenderlo, di notte, per sgattaiolare via, tutto intorno a sè bolliva per l'imminente investitura dei candidati che si sarebbe tenuta il venerdì sera. I suoi compagni non vedevano l'ora di ricevere l'incarico del sacerdozio, dopo aver aspettato anni ed essere ormai arrivati alla fine del percorso. Se quell'artista squinternato non fosse mai arrivato nella sua vita, se quell'uragano non avesse mai incrociato il suo cammino con quello del biondo, probabilmente anche lui non starebbe più nella pelle. 

Sin da bambino era stato cresciuto unicamente per quello scopo, il piccolo Park: la sua famiglia lo aveva sempre indirizzato verso la carriera ecclesiastica, e a lui non era mai passato nient'altro di diverso per la mente. Come se la sua vita fosse ridotta ad una unica e sola opzione. 

Col tempo, era cresciuto, si era allontanato da Jungkook perchè i suoi genitori gli avevano detto di farlo e perchè non era più riuscito a guardarlo come un amico, come prima; poi era arrivato Taehyung, con la sua indole libertina e i suoi ideali da artista: coi suoi occhi innocenti e l'orecchino di perla scintillante, che ingannavano gli stolti perchè in realtà Taehyung era esperto come un demone, e Jimin poteva solo immaginarlo. Jimin aveva visto pian piano delle nuove strade aprirsi dinanzi a sè, prima nascoste dalla luce accecante della fede.
Guardando indietro, si chiese come sarebbe stata la sua vita se si fosse ribellato al tempo debito alle decisioni che i suoi avevano preso per lui... si chiese come sarebbe stato baciare il suo migliore amico, come sarebbe stato sgattaiolare via con lui nella pineta accanto alle loro case per non essere scoperti, come sarebbe stato vivere da adolescenti e non da clericale. 

Si scrollò la tristezza di dosso, pur essendo nel mezzo della preghiera del pomeriggio, in mezzo a tutti gli altri, si sentiva terribilmente solo e irrequieto. Un leggero mormorio di sottofondo ormai era la costante per il biondo, così abituato alle funzioni religiose che non ne era disturbato affatto. Alcuni - come Jungkook, che si rifiutava di andare a catechismo proprio per quel motivo - avrebbero definito quel rumorio decisamente fastidioso, ma Jimin ci aveva fatto l'abitudine. 
Stavolta, però, non mormorava le sue solite preghiere e invocazioni come suo solito, limitandosi a tenere le mani giunte e a guardare in basso, vergognandosi assolutamente di guardare il crocifisso.

Se avesse anche solo alzato gli occhi, avrebbe visto Cristo sulla croce portatore di tutte le sofferenze umane, e anche delle sue, per una volta. Jimin si era sempre detto soddisfatto o comunque felice con il suo stile di vita. Ma adesso desiderava di più, il peccato dell'ingordigia gli stava corrodendo l'anima poco a poco: voleva di più di Taehyung, voleva più libertà, voleva bearsi della sua stessa nudità e toccarsi, come mai aveva fatto, perchè la masturbazione era assolutamente proibita, voleva chiedere scusa al suo migliore amico, voleva bestemmiare addosso ai suoi genitori e maledirli per averlo ridotto così. 
La sua mente era un vortice di impurità, nonostante fosse circondato da parole sacrali e simboli religiosi. Che paradosso ridicolo.

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Dall'altra parte della cittadina, nella mansarda appena illuminata dal sole, Taehyung dava delle pennellate leggere e precise, sulla tela quasi ormai completamente coperta di acrilico.
Non aveva lasciato perdere il dipinto per Jimin, ci aveva lavorato quasi ininterrottamente, quella scena era troppo vivida nella sua mente per lasciarsela sfuggire.

La luce che colpiva a tre quarti il volto di Jimin, i capelli biondo cenere che catturavano i raggi del sole e contrastavano con la pelle diafana. Le labbra carnose e appena schiuse in una smorfia di tristezza, le ciglia lunghe in cui era intrappolata una lacrima.
Taehyung non scherzava quando diceva che Jimin era un capolavoro. 
Si tirò indietro per guardare meglio la sua creazione, col fiato sospeso e il cuore pulsante: esaminò l'espressione, poi le proporzioni, poi lo sfondo appena illuminato; guardò le spalle nude del ragazzo, i muscoli del collo che si flettevano ma che sulla immagine erano immobili. Lo guardò per minuti interminabili, cercando di capire cosa non andasse; era Jimin, non c'era dubbio. Anche la tecnica era impeccabile, probabilmente uno dei suoi lavori migliori. 

Pray for my soul | VminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora